00 12/06/2007 15:44

"da quando fu fatta fuori la Dc ho sempre pensato che prima tocca agli uni e poi agli altri. Per questo le regole devono valere, sempre uguali, per tutti. E non ci devono essere oasi di privilegio"



LA CITTA' DI ABRAMO E LA CITTA' DI MASTELLA


"Le religioni, per la loro stessa natura, sono forza di giustizia e fraternità, sono capaci di rendere più umani i rapporti fra le persone, di renderli più giusti e, soprattutto, pongono la questione morale come priorità permanente. Anche in politica.
E' chiaro che non posso pretendere che tutti abbiano la stessa ispirazione nei comportamenti pubblici, ma forte delle mie convinzioni, posso, insieme a quanti come me credono e si adoperano all'applicazione di valori e principi, collaborare affinché tutti abbiano lo stesso rispetto per gli altri e per la comunità in cui vivono, consapevole che qualunque democrazia non può che poggiare su solide basi etiche".
(On. Clemente Mastella, Udeur, ministro della Giustizia, intervento al convegno 'La città di Abramo: valori religiosi e società civile in Italia', Roma, 10 maggio 2007)



"Non credo che tutti i conversari privati, quello che si dice tra amici o in una cerchia ristretta debba per forza essere riportato all'opinione pubblica. Sto a un dato: difendo l'autonomia dei giudici garantita dalla Costituzione, ma anche i diritti dei parlamentari stanno in quelle pagine che non si prestano a usi e interpretazioni personali. Non vesto i panni del censore. Sono stato in dissenso con loro (i Ds, ndr.) se non altro perché sono amico di Della Valle e Abete. Ma da quando fu fatta fuori la Dc ho sempre pensato che prima tocca agli uni e poi agli altri. Per questo le regole devono valere, sempre uguali, per tutti. E non ci devono essere oasi di privilegio. Purtroppo non sono io che posso metterlo (il ddl sulle intercettazioni, approvato il 4 agosto 2006 e votato alla Camera anche dalla Cdl, che è ancora fermo al Senato, ndr.) all'ordine del giorno. Capisco che al Senato la situazione è complicata, ma approvare quel provvedimento è un dovere. Ed è corretto utilizzare quest'occasione, anche cercando di dare un di più sul piano parlamentare. Non sto difendendo l'interesse corporativo di 900 tra deputati e senatori, ma 60 milioni di cittadini italiani la cui dignità costituzionale rischia di essere messa in pericolo".
(On. Clemente Mastella, Udeur, ministro della Giustizia, La Repubblica, 12 giugno 2007)





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Nella Sala Atti Parlamentari di Palazzo Minerva a Roma, il ministro della Giustizia Clemente Mastella partecipa al convegno La città di Abramo: valori religiosi e società civile in Italia. Pubblichiamo il testo integrale dell'intervento del guardasigilli.

www.giustizia.it/newsonline/editoriale92.htm

Parlare di valori religiosi e di società civile, oggi, significa affrontare non solo un tema di grande attualità, ma un tema da considerare ormai ineludibile.

Nell'epoca della globalizzazione ma anche del relativismo, avere punti di riferimento chiari, che incidano profondamente nella coscienza e nell'agire umano, diventa infatti sempre più importante, per ognuno di noi e per la società nel suo insieme. Per la crescita della giustizia, della pace, della fratellanza, della tolleranza, del rispetto, dell'equità sociale, in una parola sola: della Democrazia.

Ora, noi viviamo in un'epoca nella quale il genere umano si unisce, giorno dopo giorno, in maniera sempre più stretta; nella quale aumentano sempre più i vincoli e cresce l'interdipendenza fra i popoli. Ciò accade per il movimento e le migrazioni di grandi masse di persone, per la facilità e la velocità con cui nel mondo di oggi si comunica, per gli scambi fra Paesi, per la politica, sempre più internazionale, per citare solo alcune di queste ragioni. Viviamo in un'epoca in cui anche il pluralismo religioso diventa sempre più evidente e cresce la conoscenza, almeno superficiale, di questa compresente diversificazione. E se, da cattolico laicamente impegnato in politica, sono chiamato da questa situazione, a prendere sempre più coscienza dei valori che contiene la mia fede e a praticarli nel quotidiano, dall'altra non posso che avvicinarmi con curiosità e rispetto a chi professa un credo diverso dal mio.

Già il Concilio Vaticano II e poi papa Giovanni Paolo II, ad Assisi nel 1986, ci hanno invitato al dialogo e alla collaborazione con le altre religioni. Ma un dialogo vero è possibile solo se coloro che si parlano si predispongono alla fiducia e al rispetto reciproco, convinti l'uno della buona fede dell'altro. E' possibile solo se si è intimamente convinti che nelle posizioni di chi ci sta davanti si trovino valori su cui confrontarsi, che possano essere fonte di arricchimento. E' possibile solo se coloro che dialogano, pur saldi nelle convinzioni, sono anche in grado di rispettare pienamente l'altro, nella sua identità. Apertura e accoglienza sono atteggiamenti fondamentali, anche se questo non significa tacere o prendere alla leggera differenze o anche contraddizioni.

Certo, tutto questo non è facile da praticare, ma è l'unica via perché persone diverse, con esperienze diverse, riescano a parlarsi e comprendersi, a convivere costruendo la pace e a lavorare, insieme, per il bene comune.

Il radicale cambiamento in direzione multipolare del mondo di oggi, ma anche il solo allargamento della Comunità europea, che oggi abbraccia ben 27 paesi, ci spingono a ragionare, insieme, in termini di dialogo e non più di scontro, collaborando perché sul piano sociale, politico economico, si diffonda la cultura della promozione e della difesa dei diritti di libertà e giustizia, diventati oramai anch'essi globali. Le religioni, per la loro stessa natura, non dovrebbero mai esser causa di guerre, ma causa di pace e se storicamente non è sempre stato così è solo per il fraintendimento di valori e principi, per i limiti dell'uomo, insomma. Le religioni, per la loro stessa natura, sono forza di giustizia e fraternità, sono capaci di rendere più umani i rapporti fra le persone, di renderli più giusti e, soprattutto, pongono la questione morale come priorità permanente. Anche in politica.

E' chiaro che non posso pretendere che tutti abbiano la stessa ispirazione nei comportamenti pubblici, ma forte delle mie convinzioni, posso, insieme a quanti come me credono e si adoperano all'applicazione di valori e principi, collaborare affinché tutti abbiano lo stesso rispetto per gli altri e per la comunità in cui vivono, consapevole che qualunque democrazia non può che poggiare su solide basi etiche.

Con questo spirito, come Popolari Udeur abbiamo presentato al Congresso del PPE, che si è tenuto a Roma a marzo dell'anno scorso, una risoluzione sulla politica europea di vicinato, come strumento per promuovere stabilità e prosperità nei Paesi a est del nostro continente e in quelli del Mediterraneo. Obiettivo principale era quello di creare un'area di scambio e cooperazione, per costruire zone di crescita condivisa, per sviluppare sempre di più l'attenzione ai bisogni dell'altro.

Mi piace ricordare due passaggi dei discorsi Papa Giovanni Paolo II ad Assisi, nella giornata mondiale di preghiera per la pace: rivolgendosi ai rappresentanti delle Chiese cristiane e comunità ecclesiali e ai rappresentanti delle religioni mondiali, il Santo Padre disse anche: "per la prima volta nella storia ci siamo riuniti da ogni parte, chiese cristiane e comunità ecclesiali e religioni mondiali (...) per testimoniare davanti al mondo, ciascuno secondo la propria convinzione, la qualità trascendente della pace. La forma e il contenuto delle nostre preghiere sono molto differenti, come abbiamo visto, e non è possibile ricondurle ad un genere di comune denominatore. Sì, ma da questa differenza abbiamo scoperto di nuovo forse che, per quanto riguarda il problema della pace e la sua relazione all'impegno religioso, c'è qualcosa che ci unisce. La sfida per la pace, come si pone oggi a ogni coscienza umana, comporta il problema della ragionevole qualità della vita per tutti, il problema della sopravvivenza per l'umanità, il problema della vita e della morte".

Di fronte a tale problema due cose sembrano avere "suprema" importanza: la convinzione che la pace va ben oltre gli sforzi umani ma anche "l'imperativo interiore della coscienza morale che ci ingiunge di rispettare, proteggere e promuovere la vita umana (…) in favore degli individui e dei popoli, ma specialmente dei deboli, dei poveri, dei derelitti: l'imperativo di superare l'egoismo, la cupidigia, lo spirito di vendetta".

E ancora, fu Papa Giovanni Paolo II, sempre ad Assisi, a dire ai capi religiosi che l'incontro mondiale di preghiera non implicava nessuna intenzione di ricercare un consenso religioso o di negoziare le convinzioni di fede di ciascuno, così come non andava letto come una concessione al relativismo nelle credenze religiose, ma attestava "che nel grande impegno per la pace, l'umanità, nella sua stessa diversità deve attingere dalle sue più profonde e vivificanti risorse, in cui si forma la propria coscienza e su cui si fonda l'azione di ogni popolo.

Io credo che nuove sfide attendano oggi le religioni e quanti le professano: quello di realizzare sempre più l'unità degli uomini nel rispetto e nella valorizzazione di ogni identità che eviti una guerra delle culture che non può in alcun modo costruire, ma anzi distrugge, il futuro della società.

Le religioni, parafrasando Giorgio La Pira, non devono alzare muri, ma costruire ponti e in questo ognuno di noi deve sentirsi impegnato in prima linea.

Clemente Mastella
ministro della Giustizia

10 maggio 2007




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LA REPUBBLICA
12 giugno 2007
Il ministro Mastella: è esagerato parlare di complotti
però si è lesa la libertà degli imputati
"Non farò la guerra ai giudici
ma se serve mando gli ispettori"
di LIANA MILELLA

ROMA - Non lo dice, ma in cuor suo considera la Forleo un magistrato eccentrico. Se la ricorda per via della diatriba tra terrorismo e guerriglia, e soprattutto per quella volta a Milano quando lui, davanti a una platea di avvocati inferociti, sosteneva l'unità della carriera di giudici e pm e lei, applauditissima, si schierò per la separazione. Tuttavia il Guardasigilli Clemente Mastella non è ancora pronto a mandare gli ispettori a Milano. La sua preoccupazione adesso è un'altra, "far approvare subito dal Senato la nuova legge sulle intercettazioni".

I Ds gridano al "mercato nero" e attaccano le toghe perché ci sarebbe voluta più cura nel gestire i testi. I giudici hanno sbagliato?
"In questo momento non posso esprimere un compiuto giudizio di merito perché non ho gli elementi tecnici sufficienti. Finora la collaborazione tra me, la Corte di appello e il tribunale di Milano è stata buona. Chiederò un'ulteriore relazione ai presidenti Grechi e Pomodoro per verificare se la legge è stata violata".

Manderà gli ispettori?
"Se dalle carte dovessero venire fuori addebiti specifici lo farò".

Processualmente quegli ascolti sono coperti dal segreto anche con le leggi attuali: di chi è la colpa se sono usciti? Pure il segretario dell'Anm Rossi parla di "clamoroso paradosso".
"Quei testi sono coperti dal segreto ma vedo che la Forleo non è d'accordo. Pure i presidenti delle Camere la pensano così e pure gli esperti di diritto. La verità è che siamo fuori della norma o ai limiti della norma, ma comunque fuori della consuetudine di comportamento seguita fino a oggi da altri giudici".

Lei invita i giornalisti alla cautela ma sono loro i colpevoli?
"Non ho mai parlato di colpe, ma siccome la stampa è il tramite di un paradosso o di un pasticcio, anche in buona fede può esserne partecipe. Non chiedo la congiura del silenzio ma se anticipi che non sei certo della sicurezza delle fonti allora c'è un problema di metodo. Voglio evitare che si torni alla guerra punica tra magistratura e politica e per questo ricordo che non tutti i giudici la pensano come il gip di Milano. Non monto la garitta per difendere i miei colleghi ma tutelo le prerogative costituzionali dei parlamentari".

Politicamente, in nome della trasparenza e indipendentemente dall'autorizzazione a procedere, non è giusto che gli elettori sappiano cosa si dicevano Fassino D'Alema e Consorte?
"Non credo che tutti i conversari privati, quello che si dice tra amici o in una cerchia ristretta debba per forza essere riportato all'opinione pubblica. Sto a un dato: difendo l'autonomia dei giudici garantita dalla Costituzione, ma anche i diritti dei parlamentari stanno in quelle pagine che non si prestano a usi e interpretazioni personali".

Crede a un progetto per colpire i Ds, mettere in crisi il Pd, e far cadere pure Prodi?
"Non vesto i panni del censore. Sono stato in dissenso con loro se non altro perché sono amico di Della Valle e Abete. Ma da quando fu fatta fuori la Dc ho sempre pensato che prima tocca agli uni e poi agli altri. Per questo le regole devono valere, sempre uguali, per tutti. E non ci devono essere oasi di privilegio".

Non vede complotti?
"Mi pare una parola molto forte. Che ci sia qualcosa che non va è un fatto. Che le intercettazioni non dovessero uscire è evidente, ma non sono in grado di valutare cosa c'è dietro. Registro la sequenza dei fatti. Dai quali risulta che non è garantita la libertà di un deputato. Questo oggi vale per alcuni e domani varrà per altri. Purtroppo anche tra di noi c'è chi è colto da frenesia mediatica, ma guai a lasciarsi andare a colpire il nemico politico".

La destra però non pare aver voglia di speculare anche perché ci sono pure i forzisti dentro...
"È un buon segno non essere partecipe di uno spettacolo che degrada la politica e sminuisce la Costituzione. Non faccio il tifo per la debolezza dei partiti anche se quelli del Pd vogliono fare una legge elettorale che inghiotte il mio. Non per questo lavoro per eliminarli".

Perché il ddl sulle intercettazioni, approvato il 4 agosto 2006 e votato alla Camera anche dalla Cdl, è ancora fermo al Senato?
"Anche io me ne chiedo la ragione. Qualche risposta ce l'ho ma preferisco non darla. Purtroppo non sono io che posso metterlo all'ordine del giorno. Capisco che al Senato la situazione è complicata, ma approvare quel provvedimento è un dovere. Ed è corretto utilizzare quest'occasione, anche cercando di dare un di più sul piano parlamentare. Non sto difendendo l'interesse corporativo di 900 tra deputati e senatori, ma 60 milioni di cittadini italiani la cui dignità costituzionale rischia di essere messa in pericolo".




INES TABUSSO