00 28/03/2007 11:49


«Silvio ed io siamo persone normali con una vita che da quindici anni scorre normale nei nostri binari... noi siamo e restiamo persone curiose e non presuntuose, forti ma non arroganti»


LA REPUBBLICA
28 marzo 2007
Lettera a Repubblica di Livia Aymonino, la consorte del portavoce coinvolto in Vallettopoli: «Non ho nulla da perdonargli»
Sircana, la moglie: «In lui ho fiducia»
E sulle polemiche: «Bisogna stare dritti di fronte alle ondate di fango»

ROMA - Una favola di Esopo all'incontrario, dove la morale è capovolta e dove vince sempre il cattivo: «Ecco cosa è stato mio marito e cosa siamo stati tutti noi in questi lunghi giorni: degli inermi in una favola rovesciata, dove la parte lesa si trasforma in colpevole senza appello». Livia Aymonino, moglie del portavoce del governo Silvio Sircana, coinvolto dalla vicenda Vallettopoli, scrive in una lettera a Repubblica il suo pensiero e i suoi sentimenti: «Non ho nulla da perdonare a mio marito», e «quando ondate di fango ti travolgono a tua insaputa, bisogna stare dritti perché se ti pieghi hanno vinto loro, le calunnie». La moglie di Sircana spiega di aver paura solo delle cose «serie e vere, delle incognite cattive della vita, delle malattie, del male che possono ricevere i figli» e non «del niente, del vuoto, del più bieco pettegolezzo, perché‚ non ho paura di quello che non esiste».

LETTERA - «Silvio ed io - riflette - siamo persone normali con una vita che da quindici anni scorre normale nei nostri binari». Nella lettera la donna osserva che «dalle situazioni peggiori si impara sempre qualcosa e noi siamo e restiamo persone curiose e non presuntuose, forti ma non arroganti, sempre pronte ad imparare e a mettersi in discussione», e poi sottolinea «un termine che non è mai stato usato, neanche una volta, in questi giorni: fiducia. Io ho una vera, grande, leale, fiducia in Silvio che spero sia ricambiata con altrettanta forza. Ho fiducia in quello che siamo, in quello che abbiamo costruito, nell'onestà specchiata e intellettuale con cui ha affrontato il compito che gli è stato chiesto di svolgere dal Presidente del Consiglio, dal Parlamento, dagli elettori». «Di questa vita, di questo percorso, di questa fiducia, in questi giorni è stata fatta carta straccia. In nome di un'ipotetica verità, in nome di un'ipotetica giustizia, in nome di un'ipotetica responsabilità, in nome di un ipotetico Paese. Che non è il mio e nemmeno quello di tanti altri». Ma, ribadisce Livia Aymonino, «anche dalle situazioni peggiori si può sempre imparare qualcosa e io in queste settimane ho imparato che c'è ancora tanto lavoro da fare. E stasera vado a letto tranquilla - conclude - sapendo che non è stato fatto nulla di male, se non a noi, e che per diventare persone migliori bisogna imparare a perdonare anche chi questo male ha procurato. Per non avere paura, mai, nemmeno del dolore».


INES TABUSSO