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"E' la mediazione che deve essere capace di assumere le ragioni del conflitto
per costruire una pace sociale più avanzata. E' la mediazione che deve reagire
allo stallo della pace sociale nel momento in cui la pace sociale da benessere
condiviso diventa situazione di privilegio. Fu la mediazione la grande virtù
politica della Democrazia Cristiana; lungo i crinali della storia italiana
seppero i Cattolici-democratici nelle varie fasi, proprio in nome della mediazione,
mitigare ogni asprezza sociale; seppero addolcire gli spigoli, smussare gli angoli,
elevando, di volta in volta, prima il mondo contadino e poi la classe operaia.
Fu la splendida stagione dell'avanzamento di un intero popolo e la formula
dell'interclassismo garantì questa avanzata".
(DALLA RELAZIONE DEL SEGRETARIO POLITICO ON.CLEMENTE MASTELLA AL II CONGRESSO
NAZIONALE DEI POPOLARI UDEUR, 12 marzo 2005)



"Io lavoro per la pace tra gli Ulivi".
(on. Clemente Mastella, Udeur, "Affari Italiani", 26 maggio 2005)



"Intanto smetterò di partecipare a tutte le riunioni. Che senso ha partecipare
se Prodi e Rutelli nemmeno si parlano? Sono stanco! Io mica posso andare
nel baratro con loro.
Io - ammesso che se ne esca - dopo tutto quello che è successo farò accordi
solo davanti a dieci notai. Non voglio trovarmi sballottato, non voglio rischiare
di essere accusato da uno di aver tifato per l'altro. E poi, se si vince, magari
penseranno di darmi il ministero della Distensione o quello dei rapporti tra Rutelli
e Prodi. Guardi, mi viene in mente un vecchio detto: patti chiari e amicizia lunga.
Quelli mica sono angioletti".
(Clemente Mastella, Udeur, "Avvenire", 29 maggio 2005)



"Ecco, nel governo non può esserci chi è partecipe dell'esultanza e chi,
invece, deve andare a fronteggiare le armate degli avvocati e degli altri
professionisti che vengono a contestare i provvedimenti. Vedrete, saliranno
su per gli scaloni di via Arenula.
Così facendo rimango in prima linea su un fronte incandescente mentre gli
altri festeggiano nelle retrovie. Questo è molto spiacevole... a questo punto,
trovatevi un altro.
Sull'Ici per i beni ecclesiastici, il mio partito deve fare un sacrificio.
Sulla bioetica devo trovare un compromesso e ora pure gli ordini professionali.
Tutti temi sui quali il nostro elettorato muove rimostranze. Io non posso fare
solo sacrifici, nessuno mi impone di stare nel governo. Noi non siamo mica
la foglia di fico dell'esecutivo"
(on. Clemente Mastella, Udeur, ministro della Giustizia, Corriere della Sera,
4 luglio 2006)




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IL CAMPANILE NUOVO
QUOTIDIANO DEI POPOLARI UDEUR
Segretario nazionale CLEMENTE MASTELLA
04/07/2006

IL DOCUMENTO DELL’UFFICIO POLITICO
I primi quarantacinque giorni di Governo registrano alcuni importanti provvedimenti, come il recente decreto sulle liberalizzazioni, ma anche troppe chiacchiere inutili e dannose per il Paese e l’immagine stessa della coalizione. Nel riconfermare il nostro leale e convinto sostegno alle scelte compiute dal Governo, non possiamo non denunciare un eccessivo distinguo in libertà di alcuni alleati, soprattutto in politica estera, bioetica e riforma delle professioni. Non è concepibile che all’interno della coalizione i centristi debbano assumersi ogni responsabilità mentre alla sinistra radicale è concesso, in nome di un malinteso pacifismo, di imporre alla maggioranza scelte diverse da quelle previste nel programma elettorale dell’Unione. E’ quanto sta accadendo sul rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan dove si rischia di far venire meno la maggioranza dal punto di vista numerico avviandone la decomposizione. Vogliamo ricordare ai nostri alleati che sul tema della pace noi, da credenti impegnati in politica, non accettiamo lezioni convinti che la pace non è un concetto astratto ma un obiettivo che si raggiunge con scelte politiche responsabili, nel rispetto degli accordi internazionali sottoscritti dal nostro Paese.
Pertanto, se nella conversione del decreto sulle nostre missioni di pace qualche alleato tentasse di introdurre elementi diversi, come l’exit strategy, rispetto a quanto concordato nella riunione dei capigruppo della scorsa settimana, noi non ci staremo. Appare infatti chiaro che, se al momento del voto sul rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan emergesse una maggioranza diversa da quella presentatasi unita alle politiche, dovremmo prendere atto che l’Unione è in minoranza e che la coalizione non c’è più. La nostra decisione di entrare al governo era condizionata infatti al rispetto del programma dell’Unione ed anche al rispetto dei ruoli assegnati ad ogni singolo ministro.
E’ perciò intollerabile che in materia di giustizia o riforma delle professioni si continuino a registrare invasioni di campo inopportuni. Per queste ragioni noi chiediamo che cessino sconfinamenti di sorta e che si riconfermino le responsabilità attribuite ai singoli ministri da confrontarsi in sede collegiale nel consiglio di ministri. L’ufficio politico dei Popolari-Ueur chiede pertanto al presidente Prodi di farsi carico di questo nostro disagio perché non possiamo essere gli unici che danno quotidianamente prova di lealtà verso il governo mentre altri pensano al proprio orticello. I Popolari-Udeur da oggi aprono una riflessione che si concluderà nell’annuale manifestazione di Telese di fine agosto riservandosi di decidere in quella sede se restare al governo o limitarsi all’appoggio esterno.




04/07/2006
«SE NON SI CAMBIA, APPOGGIO ESTERNO»
Mastella convoca l’ufficio politico e avverte: «Se andiamo sotto al Senato la maggioranza non c’è più»
di Manuela D’Argenio
avanza una linea di politica estera che non è la nostra, se avanzano invasioni di campo sul ministero che mi riguarda direttamente, a settembre pensiamo di porre la questione se uscire o meno dalla maggioranza e dare al governo un appoggio esterno». E’ granitico Clemente Mastella a conclusione dell’ufficio politico dei Popolari-Udeur. Un summit convocato d’urgenza dal Campanile per affrontare il controverso nodo del rifinananziamento della missione in Afghanistan e, in generale, gli assetti dell’intera coalizione.
Afghanistan. E’una missione che divide tutti. La proroga della permanenza dei militari italiani, è una patata bollente che continua a passare di mano in mano. Nel centrodestra restano le difficoltà per un percorso comune, a causa dei distinguo dell’Udc che confermano il si al voto in Senato. E nel centrosinistra, intanto, si procede a ritmi serrati per trovare un’intesa con quella parte della sinistra radicale, in primis il Pdci e qualcuno dei Verdi, che non intende assecondare il si promesso dalla Difesa. Il 17 luglio si inizia con il voto alla Camera, il 25 si termina al Senato: e fino ad allora Parisi spera di convincere i cosiddetti “ribelli” a stare tutti dalla stessa parte. A cominciare da oggi stesso, quando il ministro sarà sentito dalle commissioni Difesa di Camera e Senato. Ma intanto, i Popolari-Udeur puntano i piedi. Mauro Fabris accusa i pacifisti di farsi «l’unica guerra che c’è al momento», ed è subito scontro. Fosco Giannini, uno dei senatori del Prc contrari, accusa l’esponente udeurrino di «un cinismo inquietante» e gli consiglia di «ascoltare Gino Strada». E Fabris, di rimando. «la cultura della pace fa parte del mio Dna. Ma spero che il protagonismo di Giannini non arrivi al punto di sfasciare l’esecutivo». Botta e risposta, insomma. Ma intanto, il Guardasigilli, ci va giù duro: «Su questo argomento - ha sottolineato il ministro nell’ufficio politico - la linea è sempre stata concertata. Non ci possono essere reticenze di natura ideologica su una questione che è squisitamente politica. Un conto è costruire la pace, cosa che dobbiamo fare tutti insieme, un conto è che ci sia chi è per la pace e chi invece sarebbe per la guerra». Di qui, l’ultimatum perentorio del segretario udeurrino: «Se continua così, a settembre, alla festa dell’Udeur decideremo l’appoggio esterno al governo Prodi», poiché, questa l’analisi di Mastella, «se il governo va sotto al Senato, a nostro giudizio la maggioranza non c’è più».
Liberalizzazioni. Altro punto nevralgico, per lo più recente rispetto al nodo della politica estera, è il decreto sulle professioni voluto d’urgenza dal ministro dello sviluppo, Bersani, e approvato dal consiglio dei ministri lo scorso venerdì. Questione ripresa da Mastella che pur condividendone i contenuti, precisa « Gli Ordini sono una specificità del Guardasigilli – ricorda - e rimangono tali fino a quando io sto al governo, tranne decisioni di tipo diverso». Della serie: ognuno rispetti le proprie competenze. Poiché, sbotta ancora Mastella, «non ci possono essere continue espropriazioni di titolarità che mi toccano, una volta con un ministro una volta con un altro». Il riferimento anche alle ingerenze dipiertiste sulla giustizia, è tra le righe. «Noi – prosegue - abbiamo dato il nostro apporto al decreto, però non vorrei che ci fosse un atteggiamento di questo genere che, le cose che vanno bene sono merito di alcuni ministri, poi invece ci sono quelli che debbono fronteggiare gli aspetti di maggior recrudescenza sul piano della vertenza che tocca gli Ordini o quant’altro». Insomma, un punto «è toccare economicamente le competenze, come’è capitato in questo caso con le professioni, e un conto è enunciare in maniera non sobria che si sovvertono le linee per quanto riguarda gli Ordini e le professioni che, ripeto, è una mia competenza». Fine dell’avvertimento.





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CORRIERE DELLA SERA
4 luglio 2006
«La mia parola come il due di briscola
Ma allora che ci sto a fare nel governo?»

ROMA - Dopo il consueto lunedì mattina trascorso a Ceppaloni, il paese del Beneventano del quale è anche sindaco, il ministro Clemente Mastella si è precipitato nella sede dell’Udeur, a Roma, ma lì non ha trovato al suo solito posto il notaio del partito, Claudio Togna: «Il responsabile Udeur per gli Ordini professionali si è dimesso in dissenso con la politica sulle liberalizzazioni del governo», hanno spiegato i collaboratori a un Guardasigilli piuttosto adirato. Che ha risposto ai suoi: «Non saremo certo noi a mettere in liquidazione gli Ordini. Anzi, io li convoco subito al ministero...». Scusi Mastella, ma lei era stato avvertito prima del consiglio dei ministri di venerdì?
«No, questo non lo contesto. Correttamente il giovedì ero stato informato... Non ho problemi da questo punto di vista».
Anche perché in quel decreto sugli ordini professionali c’è poco.
«Non c’era nulla. Io, comunque, ho fatto le mie obiezioni ma ho anche proposto un ragionamento: se questa è una scelta sul piano politico generale, faccio un sacrifico in nome della collegialità».
Invece, gli annunci di Prodi e di Bersani sulle professioni non le sono piaciuti.
«Ecco, nel governo non può esserci chi è partecipe dell’esultanza e chi, invece, deve andare a fronteggiare le armate degli avvocati e degli altri professionisti che vengono a contestare i provvedimenti. Vedrete, saliranno su per gli scaloni di via Arenula. Gli annunci di guerra finiscono per danneggiarmi».
Prodi non ha difeso le competenze del Guardasigilli in materia di ordini professionali?
«Il presidente non c’entra, mi riferisco agli altri ministri. C’è un quadro in cui io sono sfiorato dalle scelte e al tempo stesso mi devo far carico di queste decisioni: ma così facendo rimango in prima linea su un fronte incandescente mentre gli altri festeggiano nelle retrovie. Questo è molto spiacevole».
«Poi passeremo alle professioni...», ha detto Bersani.
«Io voglio bene a Bersani: è persona che stimo. Ma, a questo punto, trovatevi un altro: le incursioni un po’ piratesche arrivano una volta da parte di chi mette bocca sul disegno di legge per congelare l’ordinamento giudiziario (Di Pietro, ndr), poi spunta un altro che parla delle professioni. Allora liberalizziamo anche il ministero della Giustizia. Eliminiamolo».
Sicuro?
«Visto che le professioni finiscono per essere di competenza del ministero delle Attività produttive, visto che sul resto la mia parola conta come il due di briscola , non capisco proprio cosa ci stia a fare in questo governo».
Sicuro che uscirà, ministro?
«Sull’Ici per i beni ecclesiastici, il mio partito deve fare un sacrificio. Sulla bioetica devo trovare un compromesso e ora pure gli ordini professionali. Tutti temi sui quali il nostro elettorato muove rimostranze. Io non posso fare solo sacrifici, nessuno mi impone di stare nel governo. Noi non siamo mica la foglia di fico dell’esecutivo».
Bersani dice che sulle regole non c’è concertazione.
«Mi sta bene, ma che non si concerti tra di noi mi sembra troppo».
Dunque, come procederà sugli Ordini il ministro della Giustizia? Lei, al Senato, ha detto che «non bisogna estremizzare la logica del "costo sempre più basso"»
«Io li convoco, ho dato incarico al sottosegretario Scotti. Noi non mettiamo mica in liquidazione gli Ordini: non siamo all’8 settembre, casomai siamo al 25 aprile. E se loro fanno riferimento al ministro, fanno da sponda e mi supportano, allora noi probabilmente riusciamo a prendere in mano la situazione contro certi tentativi in atto...».

Dino Martirano




INES TABUSSO