00 06/03/2006 22:00
CORRIERE DELLA SERA
6 marzo 2006
Mario Altieri (An) correrà per il terzo mandato.
«Le accuse? Compagni di merende che mi odiano»
Si ricandida il sindaco arrestato per brogli
Scanzano, torna in municipio dopo 4 mesi di detenzione.
Di nuovo in carica anche il vice
DAL NOSTRO INVIATO

SCANZANO JONICO (Matera) - Di brogli elettorali, la storia della Repubblica
è ricca fin dalla sua nascita, tanto che è ancora aperta la questione se
quel 2 giugno 1946 la Monarchia non sia stata giubilata anche grazie a qualche
magheggio. Ma una cosa è raccontare i brogli, veri o presunti, altra è vederli
«in diretta», come è accaduto a giugno 2005, alle ultime elezioni amministrative,
nei seggi di Scanzano Jonico, il paese che nel 2003 respinse la decisione
del governo che voleva qui il sito unico nazionale per le scorie radioattive.
In Italia, che si sappia, non esistono precedenti di brogli elettorali «filmati».
Quelli ripresi dalle telecamere nascoste nei seggi di Scanzano dai carabinieri
della compagnia di Policoro sono quindi un documento unico, in cui si vedono
le urne capovolte e le schede tirate fuori e poi, rivedute e corrette, infilate
di nuovo nell?urna. Furono arrestati in quindici, tra cui il sindaco Mario
Altieri (An), il vicesindaco Carmine Casulli e l?assessore Franco Maggiore.
Pesanti le accuse, ma ancora di più l?aggravante contestata a sindaco e vice:
avrebbero agito con metodi mafiosi sia per realizzare i brogli, sia per mettere
a tacere due giornalisti scomodi, Filippo D?Agostino, direttore di Basilicata
Radio Due, e Filippo Mele, corrispondente della Gazzetta del Mezzogiorno
.
Dopo quattro mesi di carcerazione preventiva, durante i quali ha prodotto
ricorsi al Tribunale del Riesame e in Cassazione, respinti, Altieri è tornato
a fare il sindaco. E Casulli il vicesindaco. Contro Altieri restano in piedi
le accuse che lo hanno portato in carcere, ma, dice la Cassazione, non l?aggravante
del metodo mafioso per realizzare i brogli (non è caduta invece la «mafiosità»
delle minacce ai giornalisti). Sembra una minuzia, ma è il «dettaglio» che
sta facendo la differenza. Prima di tutto, perché è tra le ragioni a cui
si è rifatto il prefetto di Matera, Francesca Garufi, quando ha deciso che
non c?erano le condizioni per sciogliere il consiglio comunale. E poi perché
ha dato la possibilità ad Altieri, in queste settimane doppiamente pre-elettorali
per Scanzano, che voterà il 9 aprile e rivoterà a maggio per il nuovo sindaco,
di avviare la propria difesa pubblica contrattaccando: «I fotogrammi non
provano niente. Riproducono l?istante, non la scena completa. La realtà è
un?altra, il presidente capovolge l?urna per tirar fuori una scheda di troppo,
imbucata per errore. In cabina era entrata una signora con la figlia handicappata,
la scheda doveva essere una, invece si è creduto che i voti validi espressi
fossero due». E sulle intercettazioni: «Frasi isolate, dette per scherzare,
fra le risate generali». Anche quando prometteva il posto di comandante dei
vigili urbani al presidente di seggio Vincenzo Milano? «Era l?unico in paese
con i requisiti necessari, cercavo solo di spingerlo a partecipare al concorso».
Dice il prefetto Garufi che per sciogliere un consiglio comunale la legge
esige che «l?infiltrazione mafiosa sia pervasiva dell?ente, ma a Scanzano
non c?è questa pervasività». Tutte le altre accuse però restano, e allora
lo stesso prefetto ha inviato a Scanzano una commissione ispettiva, che negli
ultimi tre mesi ha setacciato gli atti municipali, contestando al sindaco
una sfilza di deliberazioni «disinvolte», specie per alcuni megavillaggi
turistici sulla costa, e invitandolo, con il vice Casulli, a «garantire il
pieno rispetto dei princìpi di legalità e trasparenza nell?attività dell?ente».
Il prefetto ha imposto al sindaco di rimuovere il dirigente dell?ufficio
elettorale. «Ma non si poteva fare di più - dice Garufi -, non c?è ancora
nemmeno una richiesta di rinvio a giudizio (il pm è Licia Genovese, della
procura antimafia di Potenza, ndr )».
C?è però un clima poco sereno, per usare un eufemismo: perché è passato un
anno e l?inchiesta non sembra prossima alla conclusione, perché non si capisce
se le elezioni dell?anno scorso verranno invalidate, e infine perché si voterà
di nuovo in quei seggi in cui, secondo il consulente grafico del pm, le schede
incriminate erano proprio «manoscritte dai medesimi soggetti» arrestati a
giugno, e sempre per favorire lo stesso candidato, Di Lorenzo («portato»
da Altieri), oggi consigliere regionale di An. Come se non bastasse, è poco
chiaro come mai altre persone coinvolte nella storia dei brogli (un funzionario
della Corte d?Appello e un avvocato responsabile provinciale di partito,
che concordavano nomi dei presidenti di seggio e sezioni loro assegnate)
non abbiano ricevuto nemmeno un avviso di garanzia. Mentre resta tutto da
esplorare il ruolo dei megavillaggi turistici che affollano la costa jonica
lucana, sia quelli della Cit holding sia quello della Marinagri spa. I primi
considerati sotto «l?ombrello» di Altieri, i secondi nell?orbita dei suoi
nemici. «Politici e magistrati - dice lui - che hanno deciso di togliermi
di mezzo».
Intanto, Mario Altieri, già sindaco nel ?91 con la vecchia legge, e poi due
volte con la nuova, sempre con percentuali plebiscitarie superiori al 70%,
ha deciso che per le prossime elezioni non farà solo il «notaio». Saltata
la candidatura al Senato per la vicenda dei brogli e per l?arresto di Abele
Casulli, fratello del vicesindaco, per associazione mafiosa, Altieri si ricandiderà
a sindaco di Scanzano per la terza volta consecutiva. Non si può, gli fanno
notare. Ma lui risponde con un sorriso e una recentissima sentenza della
Cassazione, che a Salerano Canavese, provincia di Torino, ha confermato sindaco
per la terza volta Elio Ottino. «Se si può a Torino, perché non si deve potere
a Matera?».
Carlo Vulpio


********************************************************************************



IL GIORNALE
6 marzo 2006
Portava le tangenti, poi diventò sindaco
Stefano Filippi
nostro inviato a Padova

La memoria difensiva porta la data dell'11 luglio 1993. La firma è di Flavio
Zanonato, figura storica del Pci-Pds di Padova ora sindaco della città di
Sant'Antonio. Zanonato deve spiegare il suo ruolo in una vicenda di tangenti
che coinvolge lui, il suo partito e le cooperative rosse. Rivela di aver
lavorato come dipendente della coop Cles dal febbraio 1991 al giugno 1992;
di aver «accolto» questo lavoro, estraneo alle sue precedenti occupazioni
e alla sua formazione culturale, semplicemente per potersi avvicinare a Padova
e in attesa di avere un incarico politico a lui più consono (quello di sindaco);
di aver svolto alla Cles varie mansioni senza una collocazione precisa; di
essersi occupato di varie iniziative rimaste tutte, visto il poco tempo passato
alla Cles, allo stato embrionale; di avere nel frattempo terminato gli esami
presso la facoltà di filosofia. E di avere anche fatto il corriere delle
tangenti. Ma lui, ovviamente, non lo sapeva.
La storia è tutta raccontata nelle carte di un'inchiesta chiusa da un decennio
e dimenticata forse un po' troppo presto, quella dell'allora pm veneziano
Carlo Nordio sugli intrecci tra cooperative rosse e Pci-Pds. Vicenda conclusasi
con un'archiviazione, e tuttavia emblematica di come funzionava il triangolo
fra partito, coop e soldi pubblici. Lo scrive lo stesso pm Nordio: «Le argomentazioni
difensive dello Zanonato vanno condivise anche perché corroborano quanto
detto in precedenza, che il flusso delle risorse pubbliche dallo Stato alle
cooperative e da queste al partito, direttamente attraverso la pubblicità
fittizia, o indirettamente attraverso il mantenimento dei suoi funzionari,
è ammessa dagli stessi protagonisti».
Zanonato dunque ammette che il lavoro alla Cles era un parcheggio: lavorava
quasi niente, intanto si laureava in attesa di «un incarico politico più
consono». In più, il futuro primo cittadino di Padova racconta di aver portato
valigette piene di soldi (dieci milioni al colpo) a ditte che dovevano partecipare
a una gara d'appalto truccata, quella per la costruzione dell'ospedale di
Castelmassa (Rovigo).
Era già stato deciso che i lavori dovevano essere assegnati a una coop rossa:
Zanonato doveva consegnare denaro per convincere i concorrenti a partecipare
«pro forma» presentando offerte meno convenienti.
L'inchiesta divampa durante il primo mandato da sindaco di Zanonato, il quale
viene chiamato in causa dai titolari di alcune ditte che avevano ricevuto
decine di milioni di lire per presentare offerte fittizie. Rilanci utili
- scrive Nordio - «ad appoggiare e avallare la regolarità formale della gara,
dichiarando un prezzo maggiore che lo Zanonato doveva appunto controllare,
per evitare un tiro mancino all'ultimo momento». Zanonato, sostiene uno degli
indagati, «è un compagno di partito che non ha alcuna cognizione di appalti.
Fu inserito in una nostra cooperativa in attesa di un incarico politico a
lui più consono».
Nordio annota che «per quanto possa sembrare singolare, Zanonato avalla questa
incredibile dichiarazione». È tutto contenuto nella memoria che il sindaco
spedisce in quattro e quattr'otto e che gli evita un'informazione di garanzia
«non dovendosi informare - spiega il pm - chi già si dimostra informato».
Ed ecco la stupefacente ammissione: «Zanonato ammette di essersi recato dal
Guerrato (titolare di una delle ditte perdenti in partenza, ndr), portandogli
dieci milioni per volta, ma senza saperne la ragione. Quanto alla visita
presso i Pianta (altra ditta, ndr), ammette che ci fu, così come ammette
di aver portato dei documenti; ma, anche qui, ritenendo che fosse cosa perfettamente
lecita, trattandosi, per di più, di ?un incarico del tutto episodico e marginale,
di carattere sostanzialmente esecutivo, che avrebbe potuto essere svolto
da qualunque altro dipendente del mio livello?».
Insomma, Zanonato si cuce addosso i panni del fantoccio che non sa quello
che fa e non capisce nulla. «Di fronte a tale disarmante difesa - ironizza
Nordio - l'accusa si arrende. È in effetti impossibile dimostrare la coscienza
e la volontà di concorrere a un reato come la turbativa d'asta, che postula
un'intelligenza astuta e una spregiudicatezza smaliziata». Così, il pm chiede
l'archiviazione per il sindaco privo di «intelligenza astuta» e poco smaliziato.
«Quando si parla di coop e soldi al partito - commenta l'avvocato Domenico
Menorello, consigliere comunale di Forza Italia, assessore con il sindaco
Giustina Destro - succede sempre che qualcuno ?non poteva non sapere? e qualcun
altro ?non poteva capire?. Nel 1993 come nel 2006».
INES TABUSSO