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LA REPUBBLICA
16 gennaio 2006
Telecom, il valzer di plusvalenze dietro il "tesoro" di Consorte
L. Fazzo - G. Pons

Il 31 luglio 2001 Telecom Italia passa di mano. Il controllo del gruppo telefonico, allora racchiuso nella società lussemburghese Bell che controllava un pacchetto strategico di azioni Olivetti (23%), passò dai "capitani coraggiosi" Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti alla Pirelli guidata da Marco Tronchetti Provera.
Quel passaggio di quattro anni e mezzo fa, ormai famoso, è da qualche settimana sotto i riflettori dei magistrati di Milano; cioè da quando Gianpiero Fiorani ha ammesso durante un interrogatorio che tra la fine del 2001 e il corso del 2002 a più riprese la sua banca ha agito da intermediario per trasferire circa 50 milioni di euro dalle casse della bresciana Hopa a quelle personali di Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti. Un giro di soldi "strano" che Silvio Berlusconi sta utilizzando a fini di campagna elettorale e sul quale proprio ieri è tornato a chiedere chiarezza.
In realtà, grazie a un rapporto della Guardia di Finanza del settembre 2003, nato in seguito a una verifica fiscale e ora riesumato dai pm che indagano sul caso Antonveneta, è possibile oggi ricostruire precisamente i punti salienti di quel passaggio di proprietà tanto discusso. L´anomalia che emerge con evidenza è presto detta: alcuni pacchetti di azioni Olivetti non furono venduti direttamente dalla Bell alla Pirelli, come avrebbe voluto la logica, ma transitarono attraverso altre società di comodo come la lussemburghese Gpp International, con lo scopo di distribuire una parte della succosa plusvalenza in arrivo dalle casse dell´acquirente Pirelli su tre soggetti ben precisi: Colaninno, Emilio Gnutti e la Unipol. «Le reali ragioni dell´operazione - scrivono gli uomini della Guardia di Finanza nella loro relazione - sembrano trovare verosimilmente fondamento nell´aver voluto attribuire un profitto a Colaninno, Gnutti e a società a quest´ultimo riconducibili, che altrimenti non sarebbe loro spettato».
Ma un´analisi più approfondita effettuata da Repubblica porta a dire che le tre posizioni sono spiegabili in maniera assai diversa tra di loro. Esaminiamole una ad una.
1) Colaninno fino al 31 luglio 2001 è presidente e amministratore delegato di Telecom Italia, l´uomo della scalata del 1999, ma a suo dire anche il più restio a cedere il timone del gruppo a Tronchetti Provera. Poiché gli altri soci della Bell e della Hopa sono invece intenzionati a vendere, anche Colaninno deve arrendersi, ma per farsi convincere negozia e ottiene dagli altri soci una succosa buonuscita. Oltre a rivendere le proprie azioni di Hopa e Fingruppo, Colaninno riesce a ottenere il diritto di comprare personalmente dalla Bell 42 milioni di azioni Olivetti a valori di mercato (2,25 euro) che poi rivende a stretto giro alla Gpp a 4,17 euro, il prezzo poi pagato dalla Pirelli. In più Colaninno ha già in tasca altri 16 milioni di azioni Olivetti (come è scritto, probabilmente per un errore, nel prospetto dell´aumento di capitale dell´ottobre 2001) derivanti dalla sottoscrizione di piani di stock option della società di Ivrea e da trading sul titolo effettuato dal 1997 in poi.
Dunque, per offrire le dimissioni e dare il via libera alla vendita, il ragioniere di Mantova, attraverso operazioni effettuate il 2 agosto, incassa una plusvalenza di 89 milioni di euro concordata con i suoi compagni di avventura. In più vende le azioni Olivetti già in suo possesso alla Gpp incassando altri 66 milioni, a cui bisogna aggiungere la liquidazione delle azioni Hopa (108 milioni circa), Fingruppo (32 milioni) e 15,5 milioni di buonuscita ufficiale dalla Olivetti. Il "tesoretto" con cui Colaninno esce dalla Telecom ammonta quindi a circa 310 milioni ma tutti i passaggi sembrano a prima vista giustificabili.
2) Dal complesso giro di operazioni preliminari alla vendita a Pirelli, Gnutti ottiene per sé e per società a lui riconducibili più di 25 milioni di euro. Anche in questo caso, come per Colaninno, si presuppone che vi fosse l´accordo degli altri soci Bell che vedono la loro plusvalenza assottigliarsi. Gnutti potrebbe aver richiesto, ma è solo un´ipotesi, un premio consistente per aver trovato l´acquirente (i primi contatti con Tronchetti Provera, come riferisce quest´ultimo alla Guardia di Finanza, sono del maggio 2001 con Federico Imbert della Jp Morgan, consulente di Gnutti) e condotto in prima persona e con successo la trattativa. Certo 25 milioni di premio non sono pochi.
3) Si arriva così alla Unipol che con due differenti operazioni vende alla Bell e alla Hopa 48,5 milioni di azioni Olivetti a 3,01 euro incassando da queste due società 145,9 milioni di euro. La provenienza di queste azioni non è chiara ma probabilmente erano titoli non ancora confluiti nella Bell quando quest´ultima nel maggio precedente aveva lanciato un aumento di capitale proprio al prezzo di 3,01 euro. Come riferiscono le cronache dell´epoca l´intento era quello di raggruppare nella scatola lussemburghese tutte le azioni Olivetti sparse proprio in vista di un´imminente vendita. Ciò che non torna è il prezzo: Unipol vende le sue azioni a 3,01 euro quando la Pirelli sta comprando a 4,17. Il sospetto degli inquirenti è che la differenza, circa 50 milioni di euro, sia successivamente transitata dalla Hopa ai conti di Consorte e Sacchetti attraverso le anomale operazioni di Borsa di cui ha parlato Fiorani. Di fronte ai pm Consorte ha giustificato questo flusso di denaro come consulenza personale per l´affare Telecom e ha promesso al riguardo una memoria difensiva. Che dovrà essere molto convincente.


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LA PADANIA
15 gennaio 2006
Nel 2001 Colaninno e Gnutti hanno conseguito utili da capogiro nella vendita a Pirelli
Telecom, compravendite miliardarie
Gianmarco Gallizzi

Il profluvio di denaro dell’affare Telecom che è andato a finire direttamente nelle mani di Colaninno e Gnutti è spaventoso.
Attraverso virtuosismi gestionali che neanche il mago Silvan in giornata di grazia, i due dirigenti sono riusciti a drenare verso i propri conti una cospicua fetta della mastodontica operazione, ben 114 milioni di euro, così suddivisi: Gnutti 21,7 milioni di euro (più 4 milioni che sono giunti alle sue società), Colaninno 89 milioni di euro.
Piccolo passo indietro: la storia recente di Telecom inizia nel 1997, quando il governo decide di privatizzare l’azienda cedendo il 42% del capitale per una cifra vicino ai 23.000 miliardi di lire. Questa operazione sarà ricordata come la madre di tutte le opa, in Europa non si era mai assistito a nulla del genere. Gli acquirenti si dividono in piccoli risparmiatori e fondi internazionali, il grado di frazionamento delle quote è quindi molto elevato; il controllo è infatti in mano ad una sfilza di società (tra cui Ifil, Generali, Imi, Ina, Comit e Credit) che tutte assieme detengono solo il 6%. Due anni dopo, nel ’99, entra in campo l’Olivetti di Colaninno e Gnutti che con un’altra opa riesce a conquistare il 52% grazie ad un esborso di oltre 60.000 miliardi. Parte del denaro con cui far fronte all’imponente operazione (circa la metà) deriva dalla cessione di Omnitel (oggi Vodafone) e dal ricorso all’indebitamento bancario.
I “furbetti del quartierino” sono ancora nella loro fase embrionale, all’epoca dei fatti i nomi utilizzati sono di ben altro tenore linguistico, si parla di “capitani coraggiosi”.
Passano altri due anni e si giunge al momento “cruciale” dell’affare Telecom. È il 27 luglio del 2001 quando viene stipulato l’accordo che permetterà il passaggio del controllo del colosso delle tlc da Colaninno-Gnutti alla Pirelli di Tronchetti Provera che poco dopo le trasferirà alla società Olimpia con una plusvalenza di 2,6 milioni.
L’attenzione della guardia di finanza è incentrata proprio sui diversi movimenti che nei primissimi giorni successivi all’accordo portano ad un’incontrollata lievitazione dei valori delle azioni che genera le plusvalenze dei due manager già citati e del loro compagno d’avventura Giovanni Consorte.
In quelle ore di nevrotici scambi, tra il 2 e il 3 agosto 2001, infatti, le azioni Telecom della Bell, la holding facente capo a Hopa che controlla Olivetti e quindi Telecom, si metteranno letteralmente a ballare, con oscillazioni che andranno dai 2,5 euro con cui vengono cedute da Bell a Colaninno e Gnutti ai 4,17 con cui vengono vendute, il medesimo giorno, a Gpp da parte degli stessi manager, che guadagnano quindi l’85% nel giro di poche ore. Queste variazioni secondo la Guardia di finanza hanno avuto l’effetto di ingigantire l’entità dell’affare, in modo tale che 97 milioni di azioni cedute al gruppo Pirelli permettessero il realizzo di profitti pari a oltre 114 milioni di euro, attraverso appunto l’utilizzo di una società la Gpp, anch’essa sotto controllo Hopa, che si è occupata di acquistare dalla coppia le azioni, garantendo un margine generoso, per poi restituirle a Bell che gliele aveva prestate.
Non è chiaro? L’apparente farraginosità di queste ultime righe, è stato proprio il motivo del successo milionario della coppia. Se infatti Colaninno e Gnutti avessero semplicemente proceduto a vendere direttamente le loro azioni all’Olimpia di Provera via Bell, gli utili dell’operazione sarebbero stati spalmati tra i diversi soci della Bell. Quindi, l’aumento di passaggi per giungere alla conclusione effettiva dell’operazione, non può aver avuto altra spiegazione ragionevole se non quella di moltiplicare i profitti di “qualcuno”.
A questo punto entra in scena anche Consorte, il quale, ovviamente sempre nello stesso periodo,vende alla stessa Bell (31 luglio 2001) e a Hopa (8 agosto 2001) 48 milioni e mezzo di azioni (36 nella prima tranche e 12 nella seconda) per un valore che è superiore del 60% rispetto al prezzo di mercato di quel periodo. Domanda degli investigatori: perchè Colaninno e Gnutti acquistano da Consorte a quella cifra quando avrebbero potuto reperire la stessa quantità sul mercato a prezzi (visto l’esborso che hanno dovuto sostenere) da svendita?
Le azioni cedute da Consorte verranno poi rivendute a Tronchetti Provera ad una cifra ancora superiore (+38%).
Altra domanda allora: perchè Consorte non ha venduto direttamente allo stesso Tronchetti Provera, con cui avrebbe guadagnato 48 milioni in più? 48 milioni, proprio 48. Si è accesa qualche antenna? Il caso ha voluto che la differenza corrispondesse giusto a “quei” 48 milioni, la cifra super reclamizzata che Consorte e il vice Sacchetti hanno ottenuto da Gnutti ed è stata giustificata come semplice, e onerosissima, consulenza.

INES TABUSSO