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LA STAMPA
21 dicembre 2005
Ds tra etica e poteri
di Lucia Annunziata


Dichiaro subito il mio personale conflitto di interesse: sono amica da molti anni di Massimo D’Alema e Piero Fassino, e considero i Ds, per ragioni che partono dall’infanzia, un po’ la mia famiglia. Lo dico in affermazione di un principio di trasparenza. Per cui leggete con questa avvertenza quello che segue.

Nella vicenda Unipol, almeno nel modo come finora si è configurata, cioè al di qua di responsabilità legali, io credo agiscano due questioni. La prima è quella dell’etica, nel rapporto fra politica e affari; la seconda è quella della lotta di potere in corso in Italia. Sono due temi separati e con valenze diverse. Il dibattito in corso nel centrosinistra invece le intreccia: ai Ds viene chiesto un patentino di credibilità – come se fossero i soli nel centrosinistra ad avere alleanze economiche nel sistema; da parte loro i Ds evadono queste richieste attribuendole allo scontro di poteri in atto.

Importante sarebbe invece tenere separati i due aspetti. Per quel che riguarda infatti le questioni di etica e trasparenza non ci sono molte strade: ce n’è anzi una sola, quella di non coprire da subito nessuna operazione dubbia di alleati come Consorte cui viene comunque contestato un arricchimento personale, e di chiarire subito e con credibilità anche operazioni che suscitano dubbi. Sbagliano dunque i Ds a non sgombrare immediatamente il campo da queste questioni, perché si espongono al dubbio che vogliano coprire non un alleato ma un socio in affari.

Hanno tuttavia ragione da vendere i Ds sulla natura della lotta di potere in Italia. La loro tesi principale è che la conventio ad excludendum non è mai venuta meno; che i Ds sono stati anche nell’ultimo decennio nel mirino dei poteri forti che non gli hanno mai permesso di affermare la loro volontà di cambiamento; che non li hanno mai legittimati come protagonisti, laddove le altre forze di centrosinistra di radice post-democristiana hanno sempre, comunque, goduto di una eredità del passato maturata nelle istituzioni e nell’economia del Paese.

E’ davvero peregrina questa opinione? Cosa ci dice in merito l’esperienza banale, quotidiana, di questi ultimi dieci anni? Non è forse un dato di fatto che i poteri in questo Paese sono, oggi forse più di prima, organizzati in una fitta rete di interessi incrociati? Quelli di Berlusconi hanno fatto storia. Ma di casi ce ne sono anche altri. Quando il principale giornale italiano, il «Corriere della Sera», diviene proprietà dei maggiori protagonisti del mondo economico, incluse banche, è credibile pensare che lì dentro non maturi una serie di conflitti nell’intreccio fra agenda pubblica e privata? Per quanto riguarda le altre forze del Centrosinistra: facciamo l’ipotesi che, dopo la débâcle Fazio, la Bnl resti nelle attuali mani, con l’appoggio estero, non sarà forse questa banca vicina a una parte dello schieramento politico, quale la Margherita, o per il fatto stesso di non cadere nelle mani di Unipol sarà considerata indipendente? E ancora, quando il secondo giornale del Paese, cioè «Repubblica», ha tale peso politico che, se il suo editore decide di parlare bene di due leader del Centrosinistra, la sua mossa fa saltare il banco degli accordi in corso nell’Ulivo, è forse un’offesa pensare che detiene una sua agenda politica? O dobbiamo dire che al di fuori degli interessi di Berlusconi tutto il resto è autentica autonomia?

I Ds dunque, a mio parere, hanno ragione nell’indicare l’attacco a loro come l’effetto dominante di questa vicenda, ma hanno torto a rispondere alle domande sull’etica portando in campo questo argomento.

Sull’etica hanno una sola scelta. Rendano conto delle loro scelte, se ci sono stati errori li ammettano. Questo basterebbe a renderli più forti nella battaglia con altri poteri. Il principale errore che forse finora hanno fatto è stato quello di non credere in fondo alla loro diversità, di non voler davvero sfidare un sistema arroccato non adottandone gli stessi strumenti, ma puntando sulla propria alterità. Che alla fine, appoggiata dai loro vari milioni di voti - uno zoccolo duro la cui scomparsa fa gola a molti, perché sarebbe risolutiva per nuove geometrie politiche - è l’unica cosa che può davvero fare paura, e che può accelerare il ricambio del sistema.
INES TABUSSO