00 29/11/2005 20:07


Prof. M. Cherif BASSIOUNI

Presidente dell'International Institute of Higher Studies in Criminal Sciences
(ISISC), Siracusa
www.isisc.org/
www.isisc.org/about.htm

Professor of Law and President, International Human Rights Law Institute,
De Paul University;
www.law.depaul.edu/institutes_centers/ihrli/index.asp
www.law.depaul.edu/faculty_staff/faculty_information.asp?id=7

Presidente Osservatorio Permanente sulla Criminalità Organizzata, OPCO;
www.regione.sicilia.it/presidenza/ussicurezza/opco.html

Honorary President of the International Association of Penal Law (President
1989-2004), based in Paris, France.


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www.osservatoriosullalegalita.org
10 novembre 2005

In un'intervista pubblicata ieri da "Il Manifesto", Cherif Bassiouni, relatore
Onu in Afghanistan, spiega come il network CIA della tortura si sia formato
a partire dal 2001 e aggiunge che, sebbene il responsabile numero uno sia
il governo Bush, anche Polonia, Ungheria e Romania dovranno risponderne.

Ma chi e' Cherif Bassiouni? E' egiziano, e' professore di legge in un'Universita'
degli Stati Uniti ed e' un avvocato che si occupa di "diritti umani". Quest'anno,
in aprile, ha pubblicato un rapporto, dopo una lunga indagine in Afghanistan
compiuta su incarico dell'Onu come "esperto indipendente di diritti umani
in Afghanistan".

Il rapporto era molto critico nei confronti delle forze militari Usa, e riferiva
di arresti arbitrari, di torture, nonche' di abusi anche ad opera di agenzie
di sicurezza private non controllate. Inoltre l'ingresso ai luoghi di detenzione
gestiti dagli Stati Uniti non era stato concesso ne' a Bassiouni ne' all'Afghan
Independent Human Rights Commission. Pochi giorni dopo la consegna del rapporto,
a Bassiouni e' stato comunicato che l'Onu aveva intenzione di eliminare l'incarico
che gli era stato affidato. La manovra a qualche critico e' apparsa come
il risultato delle pressioni esercitate da parte degli Stati Uniti per liberarsi
di un testimone scomodo.

Tuttavia, dell'avvocato Bassiouni si e' parlato negli stessi gioni di aprile
anche in Italia, ma per motivi assai diversi. Se negli Usa i giornali del
25 aprile riferivano della manovra dell'Onu, in Italia il Corriere della
Sera pubblicava il 26 aprile una notizia con questo titolo: "Il paladino
Onu dei diritti umani ora difende Berlusconi dal pool. Bassiouni ingaggiato
dal premier come avvocato negli Stati Uniti: «Quelle rogatorie sono un caso
politico più che un'azione giudiziaria»".

Gli autori del servizio, Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella, scrivevano:
"Si rivolge al difensore Onu dei diritti umani, uno dei più importanti avvocati
penalisti americani, il presidente del Consiglio italiano contro le rogatorie
della Procura di Milano negli Usa. Per chi, come Silvio Berlusconi, ripete
di sentirsi «un perseguitato», l'avvocato Cherif Bassiouni è giusto quel
che ci vuole: candidato nel 1999 addirittura al Premio Nobel per la Pace,
dal '92 al '94 presidente della Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite
sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia, poi tra i 9 saggi che hanno elaborato
(con il professor Giovanni Conso per l'Italia) le basi del Tribunale internazionale
per i crimini di guerra e contro i diritti dell'uomo, oggi rappresentante
Onu per i diritti umani in Afghanistan. Cherif Bassiouni, 67 anni, americano
di origine egiziana, moglie italiana, è stato infatti ingaggiato dal premier
italiano come suo difensore negli Stati Uniti nella procedura rogatoriale
avviata dalla Procura di Milano nell'inchiesta Mediaset".

Anche altri personaggi che hanno ricoperto importanti cariche nei loro Paesi
hanno fatto ricorso ad avvocati che si occupano della difesa dei diritti
umani: per quanto curioso possa sembrare lo fece addirittura il generale
Augusto Pinochet, quando venne raggiunto in Inghilterra da una richiesta
di estradizione da parte del giudice spagnolo Baltazar Garzon. Per sostenere
il proprio diritto all'immunita', Pinochet ricorse all'avvocato Clare Montgomery,
che appunto si occupa di diritti umani.

Ed era proprio Clare Montgomery che compariva nel team di avvocati che nell'ottobre
1996 presentarono il ricorso della Fininvest e di Berlusconi alla HIGH COURT
OF JUSTICE di Londra contro le rogatorie del pool di Milano. Fu un insuccesso
perche' il giudice Simon Brown non rilevo' nessuna violazione di diritti
in quello che si voleva venisse considerato un processo ispirato da motivi
politici.

L'avvocato Bassiouni, nel caso della rogatoria Mediaset, sostiene che ci
siano gli estremi per sollevare una questione davanti alla Corte europea
dei diritti dell'uomo. Infatti ha risposto cosi' alle domande che gli sono
state rivolte dal Corriere della Sera sul modo in cui è diventato negli Usa
avvocato di Berlusconi: "Non l'ho mai incontrato. - ha detto - Uno dei suoi
difensori in Italia, l'avvocato Ghedini, mi ha chiesto di interessarmi di
questa questione negli Usa, perché presentava una situazione abbastanza insolita,
forse anche anomala... Ero in Italia in quel periodo e ho vissuto quel clima,
c'era su tutti i giornali una polemica: il ministro firma o non firma la
rogatoria, la manda o non la manda? La polemica politica che esisteva intorno
a questa rogatoria indicava un elemento politico in Italia, visto che c'era
questo tira e molla tra la Procura e il ministro, e la cosa era andata in
Parlamento, e aveva preso una veste più politica che di azione giudiziaria
naturale".

Si vedra' se negli Usa l'avvocato Bassiouni avra' piu' successo di quanto
ne abbia avuto l'avvocato Montgomery in Inghilterra, alla quale il giudice
Brown, nella sua sentenza, aveva cosi' risposto: "Se ben capisco l'argomentazione
dei richiedenti [i.e.:la Fininvest e altri, ndr], essi sostengono che una
delle due serie di azioni giudiziarie attualmente in corso in Italia - per
donazioni illecite di 10 miliardi al signor Craxi - e' politica [...]. Le
donazioni politiche illegali sono un reato politico? [...] Non sono d'accordo.
A me sembra piuttosto un reato contro la legge ordinaria promulgata per garantire
un corretto ordinamento del processo democratico in Italia - reato in nulla
diverso, diciamo, dal votare due volte alle elezioni. E' certo un reato commesso
in un contesto politico. A mio giudizio, pero', cio' non ne fa un reato politico
[...]".

"Il reato in questione - continuava il giudice britannico - e' stato commesso
per influenzare la politica del governo: non si pagano clandestinamente grosse
somme di denaro a un partito politico senza uno scopo [...]. Non accetto
in nessun modo che il desiderio della magistratura italiana di smascherare
e punire la corruzione nella vita pubblica e politica, e il conflitto che
cio' ha creato tra i giudici e i politici in quel paese, operi in modo tale
da trasformare i reati in questione in reati politici. E' un uso scorretto
del linguaggio definire la campagna dei magistrati come improntata a 'fini
politici', o le loro azioni nei confronti del signor Berlusconi come persecuzione
politica [...]. Nessuno degli argomenti dei richiedenti riesce a persuadermi
in nulla che i reati in questione siano politici. Non riesco proprio a vedere
i pagatori corrotti della politica come 'i Garibaldi di oggi', o cercatori
di 'liberta'', o 'prigionieri politici'".
INES TABUSSO