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L'UNITA'
8 ottobre 2005

Sinistra che scherza col fuoco
di Antonio Padellaro

Passeri che cinguettano sui fili telegrafici mentre il filo trasmette telegrammi con l’ordine di uccidere tutti i passeri (Arthur Koestler, «Schiuma della Terra»). Quanti passeri di sinistra che cinguettano (e già si accapigliano) sul prossimo governo dell’Unione stando sul filo che trasmette i piani di Berlusconi per battere tutti i passeri di sinistra e restarci lui al governo. La metafora che il grande autore ebreo e antifascista scrisse nella Francia impreparata e presuntuosa, a pochi giorni dall’occupazione nazista, è naturalmente incomparabile con i nostri giorni. Eppure ci ricorda come, storicamente, la sinistra (italiana, francese, europea) si sia troppo spesso beata di una vittoria non ancora ottenuta dimenticandosi del nemico che aveva di fronte. Quando poi all’insensato ottimismo si unisce la competizione rissaiola ingaggiata con il vicino di banco, pessimo segnale davvero.

Eravamo una settimana fa al convegno di Micromega sulla libertà di stampa e anche noi siamo rimasti di sasso quando abbiamo poi letto sul Corriere della sera agghiaccianti testimonianze che parlavano di «tribunale dell’inquisizione», di «forche caudine», di «cappelli dell’asino», stile rivoluzione culturale cinese in quella che c’era sembrata una pacifica (e allegra) sala, zeppa di studenti e professori nell’ateneo di Roma Tre. C’era, è vero, Sabina Guzzanti che presentava il divertente e caustico “Viva Zapatero”. Ma che una molto applaudita autrice di satira, sottoposta in maniera brutale dal servizio pubblico radiotelevisivo a una censura che non ha precedenti nelle democrazie libere (RaiOt cancellata dopo la prima puntata) non possa neppure girare un film per raccontare le sue peripezie, senza per questo essere accusata di «intransigentismo» ed «estremismo», rasenta veramente l’incredibile. C’erano, tra i tanti, Marco Travaglio, Oliviero Beha, Elio Veltri, opinionisti cui non difetta certo la vis polemica nel maneggiare le figurine dell’attuale regime.

Esercizio, peraltro, praticato esclusivamente (o quasi) nel recinto di queste colonne a dimostrazione di quanto sia aperto e pluralistico oggi il sistema dell’informazione in Italia.

Ci sarebbe molto da dire sulle zelanti «maestrine dalla penna rossa e blu» (come le ha chiamate Norma Rangeri sul Manifesto) incaricate di individuare ed esporre al pubblico ludibrio le tracce della abominevole sinistra estremista ovunque annidatisi. Ma qui ci fermiamo per non cadere nello stesso errore che andiamo paventando. E cioè, questa zuffa continua tra cosiddetta sinistra riformista e cosiddetta sinistra radicale, con gli uni e gli altri appassionatamente impegnati a rinfacciarsi colpe innominabili, affarismo e tradimento, giustizialismo e intolleranza a seconda dei punti di vista e delle personali ruggini.

Non si tratta di chiedere un impossibile pensiero unico della sinistra né dì teorizzare un’equidistanza ipocrita che questo giornale (e chi scrive) non ha mai praticato. Ma una sospensione della belligeranza questo sì. Perché, mentre riformisti e radicali si facevano vicendevolmente l’esame di purezza (c’è sempre un puro più puro che ti epura, diceva, se non sbagliamo, il vecchio Nenni), Berlusconi e compari, con la legge-truffa proporzionale, mettevano a segno un colpo basso quanto si vuole, ma efficace, che rischia di azzoppare seriamente l’Unione. Bene che vada il centrosinistra potrà vincere lo stesso le prossime elezioni politiche ma con questo ritorno al sistema della frammentazione parlamentare sarà difficile evitare il ricatto dei partitini sul futuro governo Prodi; e quindi una sostanziale ingovernabilità; e dunque o il ritorno alle antiche pratiche consociative o in alternativa il ricorso a elezioni anticipate.

Che senso ha linciarci tra noi per sapere se D’Alema è stato più indulgente di Prodi sul duopolio televisivo o se “Ballarò” è come “Porta a Porta” (come ha bene scritto Federico Orlando su Europa) se poi il premier-proprietario si prepara a farsi approvare dalle Camere il seguente filotto: nuova legge elettorale su misura, stravolgimento della Costituzione come Lega vuole, SalvaPreviti con annessa prescrizione del novanta per cento dei processi per corruzione; e il tutto dopo avere normalizzato l’Udc e messo all’angolo l’ultimo ribelle Marco Follini. Mentre l’avversario rimonta e si prepara a un rush finale, stiamone certi, ricco di trappole e scoppiettante di sorprese si leggono affermazioni sbalorditive. Giampaolo Pansa che dice al Riformista: «Io sono sempre andato a votare, però adesso devo riflettere. La fine del berlusconismo può anche essere la fine dell’Italia se al governo andrà una sinistra paralizzata dalla divisioni interne». La sinistra che teme la sinistra. Il possibile diluvio dopo Berlusconi. Speriamo che domani, a piazza del Popolo, Prodi ci tiri su di morale.



INES TABUSSO