00 25/09/2005 16:15
"Quando tra me, Martelli e Amato, Bettino scelse come presidente del Consiglio
Amato, io gli dissi: 'Se avessi scelto me, avrei fatto finire Mani Pulite
in due mesi'?. Invece lui disse: 'Ho scelto Giuliano Amato perché farà esattamente
quello che dico io'. E infatti si è visto. Una volta scelto, Amato ha fatto
come gli pareva".
La Seconda Repubblica è meglio della Prima?
"La Seconda Repubblica è l?aspetto deteriore della prima. Di nuovo c?è molto
poco: Bossi, la Lega, Berlusconi".
Come fa un partito di socialisti, come il tuo, a stare a destra?
«È difficile pensare a un partito di socialisti senza prima sconfiggere chi
li ha annientati. A questo punto è inevitabile allearsi con Berlusconi».
Questo governo ti piace?
"Non mantiene gli impegni e fa molti errori. E noi lo diciamo. Ma non passiamo
dall?altra parte anche se ne avremmo motivo"
(GIANNI DE MICHELIS, intervistato da Claudio Sabelli Fioretti, Sette, 2 ottobre
2003)


Ma voi dicevate "a sinistra mai!"
"Non l?ho mai detto. Anzi, i socialisti soltanto a sinistra possono stare".
(GIANNI DE MICHELIS, intervistato da Mario Ajello, Il Messaggero, 22 Settembre
2005)


"Lì [a sinistra, ndr.] è la nostra collocazione naturale. Nel centrodestra
era una posizione anomala. L?avevamo scelta nella speranza di conseguire
obiettivi che si sono rivelati impossibili" [INDOVINA QUALI! ndr.]
(GIANNI DE MICHELIS, Corriere della Sera, 25 settembre 2005)


"Questa è casa mia», proclama Gianni De Michelis mentre posa per i fotografi
accanto a Enrico Boselli. Che assicura: «Con l?unità non ci saranno socialisti
di serie A che sarebbero quelli da sempre schierati a sinistra, e socialisti
di serie B, che sarebbero quelli che provengono dal centrodestra".
(Corriere della Sera, 25 settembre 2005)
[trad.: I SEGGI IN PARLAMENTO CHE L'UNIONE CI DEVE ASSICURARE VERRANNO DIVISI
EQUAMENTE TRA NOI E VOI, ANCHE SE SIETE ARRIVATI DOPO, ndt.]


*****


vedi:

IL MESSAGGERO
22 Settembre 2005
L?INTERVISTA
«La Cdl è finita, i socialisti stanno a sinistra»
De Michelis: «Non voteremo la devolution, aspettavamo il proporzionale che
non arriva»

di MARIO AJELLO
ROMA Onorevole De Michelis, il Nuovo Psi non vota la devolution, esce dal
governo e passa nel centro-sinistra?
«Non è tutto così meccanico, in politica».
Ma la devolution la votate?
«Non la votiamo». E il vostro ministro, Stefano Caldoro, lascia la poltrona?
«Non è attaccato alla poltrona».
Dunque?
«Ha detto lui stesso che è pronto a uscire dal governo. Noi, su molte questioni,
non siamo d?accordo con la politica della Casa delle libertà».
E allora, fate il salto dall?altra parte?
«Non la metterei affatto così». E come la mette?
«Ha detto bene Chiara Moroni: l?Unione non ci piace, abbiamo dei dubbi su
Prodi ma, siccome noi dobbiamo rimettere insieme tutto il popolo dei socialisti
sparpagliati fra Sdi e Nuovo Psi, se il centro-sinistra ci dà questa possibilità
noi andiamo con il centro-sinistra».
Già da subito: dalla convention dei socialisti e dei radicali a Fiuggi in
questo week-end?
«Mi sembra ancora più importante il seminario, che si svolgerà giovedì prossimo
al Capranica di Roma e a cui parteciperemo sia noi sia il partito di Boselli».
Comunque, traslocate?
«Io ho sempre usato questo gioco di parole: ?Ci troviamo in una provvisoria
alleanza. In una alleanza provvisoria?».
Traduzione?
«Provvisoria è stata la nostra scelta di stare nel centro-destra. E provvisoria
ci è sempre apparsa la Casa delle libertà». Ora è finita?
«E? in una crisi irreversibile». Però, sul proporzionale, siete in linea
con il Polo?
«Ci sforziamo di dare il contributo massimo, per cambiare la legge elettorale.
A Berlusconi, abbiamo detto pubblicamente e privatamente che per noi il ritorno
al proporzionale era l?ultima risorsa per poter continuare a stare nel centro-destra».
E siccome il proporzionale non ci sarà, andate via?
«Questa è una spinta in più».
Sperate che il centro-sinistra vi darà tante poltrone?
«Sappiamo che ne avremo pochissime. Ma non è questo che ci interessa».
Lei si sente un «vile» e un «traditore», come dice Stefania Craxi?
«Non sono affatto così. E non mi pento delle scelte che ho fatto fare al
Nuovo Psi in questi anni e di quelle che faremo da qui in avanti».
Ma voi dicevate «a sinistra mai!».
«Non l?ho mai detto. Anzi, i socialisti soltanto a sinistra possono stare».
Ma la sinistra non era, ai vostri occhi, un?accolita di mozzaorecchi?
«E? cambiata molto. Si sta liberando dal giustizialismo. E la maniera in
cui i post-comunisti parlavano di Craxi negli anni ?90 non è certo quella
in cui parlano oggi».
Stefania dice che lei è scappato allora e sta scappando adesso. Davvero?
«Sono stato al fianco di Bettino fino alla fine».
E oggi Bettino approverebbe la vostra svolta?
«Non si possono fare questo tipo di discorsi, troppo aleatori».
Bobo Craxi è andato avanti verso il centro-sinistra e lei lo ha seguito obtorto
collo?
«Macchè! Controlli le agenzie e vedrà che io, a maggio scorso, ho detto:
se Boselli è pronto a fare l?unità dei socialisti, noi siamo pronti a metterci
nella stessa direzione anche dentro il centro-sinistra».
Folgorati da Prodi?
«Su certe cose, siamo d?accordo con lui. Su altre, no. E? molto cresciuto
in questi dieci anni. E? un politico di valore e privo del vizio, italianissimo,
del provincialismo. Noi spingeremo Prodi a somigliare il più possibile a
Schroeder e a Blair. E a rifiutare l?idea, bertinottiana, di una gauche plurielle
».



De Michelis: Se Prodi pensa di poter scegliere per noi non se ne fa niente.
NUOVO PSI
23/09/2005
Se Romano Prodi pensa di poter scegliere le candidature per coloro che stanno
per ricomporsi sotto la bandiera dell'unità socialista, o crede di poter
dettare le condizioni dell'accordo tra socialisti e radicali, allora, per
lo meno per quanto riguarda il Nuovo Psi, il discorso con l'Unione finisce
ancor prima di iniziare. Se pensano di poterci fare l'analisi del sangue,
'si at-tac-ca-no'". Il segretario del Nuovo Psi Gianni De Michelis risponde
così in un'intervista al Riformista al messaggio lanciato da Romano Prodi
giovedì ("Chi ha ricoperto cariche nella legislatura del centrodestra non
potrà ricoprire candidature nella nostra", ha detto il Professore).
"Non ci pentiamo né ci vergogniamo delle scelte fatte nel 2001 - ha detto
De Michelis - sono molto contento delle risposte che Boselli ha dato ai leader
dell'Unione a proposito del veto sui Radicali. Spero che Enrico faccia lo
stesso tipo di intervento anche per noi. Fermo restando l'appuntamento congressuale
che ci attende ad ottobre, il processo andrà in porto se verrà garantita
l'autonomia di pensiero dei socialisti indipendenti. Dobbiamo essere liberi
di fare le nostre proposte, anche quelle in dissenso da Prodi, al pari degli
altri partiti dell'Unione. Non vedo perché non dovremmo avere gli stessi
diritti di Bertinotti e Mastella".



Rutelli, porte aperte ai radicali
ITALIA TV
24/09/2005
"Un problema l'ingresso dei radicali e dei socialisti nell'Unione? No, a
condizione che lo Sdi, i radicali e i socialisti di De Michelis e Bobo Craxi
diano vita a un'aggregazione politica stabile e accettino di rispettare il
programma dell'Unione" dice il presidente della Margherita Francesco Rutelli,
intervistato dal QUOTIDIANO NAZIONALE. Cos'e' cambiato in lei rispetto a
quando guidava i radicali e tuonava contro il clericalismo? ''E' cambiato
moltissimo - rispsonde rutelli - Tanto per cominciare non ho piu' vent'anni,
ho i capelli bianchi e col tempo ho imparato ad ascoltare anche le ragioni
di chi allora consideravo diverso da me'', conclude Rutelli.




Abbraccio tra De Michelis e Boselli sancisce l'inizio dell'Unità.
NUOVO PSI
25/09/2005
Un abbraccio tra Gianni de Michelis ed Enrico Boselli ha sancito la nascita,
anche se formalmente
bisognera' aspettare il prossimo congresso del Nuovo Psi tra un mese, del
nuovo 'soggetto' socialista e radicale con l'unita tra Sdi, Nuovo Psi e Radicali.
A sinistra, ha spiegato De Michelis, "la strada sara' lunga e ancora faticosa"
per far rivivere l'unità dei socialisti, poichè tenteranno di far deragliare
il treno che oggi avviamo, ma dobbiamo andare avanti". De Michelis ha ricordato
"che serviranno alcune correzioni, ad esempio non si può citare Loris Fortuna
e non il suo segretario di allora, Bettino Craxi", mentre sull'autonomia
all'interno dell'Unione "dobbiamo conquistarci la stessa autonomia che ha
Bertinotti". Ha infine sottolineato che ora il nuovo 'soggetto' deve parlare
a quella platea di elettori socialisti e di area "che se non gli spieghiamo
chiaramente la nostra proposta continueranno a scegliere con sentimenti e
risentimenti" frutto degli anni passati.




CORRIERE DELLA SERA
25 settembre 2005
Il leader del Nuovo Psi contestato a un convegno del partito, che invece
applaude Bobo Craxi: la campanella per noi al governo è suonata da tempo
Socialisti uniti, il sì di De Michelis a Boselli
«Addio Cdl, questa è casa mia». Pannella: realizzo l?impegno che mi affidò
Bettino
DAL NOSTRO INVIATO

FIUGGI - È un abbraccio fra socialisti che si ritrovano. «Questa è casa mia»,
proclama Gianni De Michelis mentre posa per i fotografi accanto a Enrico
Boselli. Che assicura: «Con l?unità non ci saranno socialisti di serie A
che sarebbero quelli da sempre schierati a sinistra, e socialisti di serie
B, che sarebbero quelli che provengono dal centrodestra». Sullo sfondo Marco
Pannella gongola, felice di aver realizzato quell?impegno «che mi affidò
Craxi»: rimettere insieme gli spezzoni del socialismo.
Da tempo De Michelis manifestava segni di insofferenza verso la Casa delle
Libertà. Ora ha passato il Rubicone. Veleggia deciso verso l?Unione accettando
di avere per compagni i radicali e i vecchi amici dello Sdi. La svolta decisiva
è maturata l?altro giorno. «Ho partecipato alla riunione della Cdl e mi sono
reso conto che non c?è rimedio. Hanno imboccato una strada che non porta
da nessuna parte».
Allora, se con Berlusconi non c?è più dialogo, meglio traslocare a sinistra.
«Lì è la nostra collocazione naturale. Nel centrodestra era una posizione
anomala. L?avevamo scelta nella speranza di conseguire obiettivi che si sono
rivelati impossibili». De Michelis parte dalla convinzione che «il sistema
bipolare è un fallimento, sta andando in pezzi». L?unità dei socialisti insieme
coi radicali gli sembra che possa giocare un ruolo propulsivo in un momento
di crisi.
A patto che siano garantite «identità e autonomia». E cioè, andiamo a sinistra,
ma non vogliamo rinunciare alla nostra storia e alla libertà di dissociarci,
se necessario, da scelte che non ci convincono. Manca per ufficializzare
il passaggio di campo l?avallo del congresso che il Nuovo Psi terrà fra un
mese: «Dovremo convincere il mezzo milione di nostri elettori a seguirci».
Ma intanto i parlamentari sembrano compatti nel voler abbandonare il centrodestra.
Con De Michelis è venuta a Fiuggi, dove si celebra la grande riunificazione,
anche Chiara Moroni. E oggi è atteso Bobo Craxi.
Già ieri Craxi, a un convegno da lui organizzato a Roma con Rino Formica,
ha chiarito come la pensa. All?inizio Berlusconi gli era sembrato una grande
promessa. Ne è rimasto deluso, così è assurdo «restare al governo solo per
dovere istituzionale». Secondo l?erede di Bettino, «la campanella per i socialisti
è suonata da tempo». Sia Bobo che Formica hanno suscitato consensi e applausi,
mentre De Michelis, al convegno di Roma è stato accolto da una vivace contestazione.
Come artefice della nuova forza politica che si va formando, Marco Pannella
ambisce a creare una «Livorno alla rovescia». Lì ci fu spaccatura, a Fiuggi
unificazione. «Vogliamo diventare esperti di unità», progetta Ugo Intini
(Sdi). L?unità viene subito suggellata in un documento in cui sono contemplate
le prossime tappe. Gli animatori dell?unificazione si danno tempo fino al
15 novembre per stabilire «la costituzione del nuovo soggetto politico socialista,
liberale, laico, radicale». Dovranno trovare un simbolo e un nome. E immaginare
un programma comune.
Il problema adesso è come collocare il nuovo gruppo politico in seno all?Unione
senza provocare crisi di rigetto. I Ds offrono la loro benedizione ufficiale.
Viene oggi ad abbracciare i nuovi alleati il leader del partito Piero Fassino.
Già ieri si è fatto precedere da Vannino Chiti, coordinatore della segreteria
nazionale dei Ds. Sia pure con toni misurati e parole prudenti, Chiti ha
detto che non ci sono veti, un?alleanza pluralista è accettabile, purché
gli ultimi arrivati non vogliano «smantellare» l?assetto del centrosinistra.
Sarà più arduo far digerire a Prodi l?irruzione a sinistra di un gruppo decisamente
laico e avverso alla gerarchia ecclesiastica. Non la prenderà bene nemmeno
Bertinotti. Il quale già dice che a farsi portavoce di certi valori basta
lui.
Marco Nese





Gianni De Michelis intervistato da Sabelli Fioretti
Sette
2-10-2003

È stato un potente. Ma veramente potente. Gianni De Michelis ha fatto parte
di quell?arroganza politica e di quella supponenza partitica che è stata
spazzata via dal ciclone Mani Pulite. Al contrario di molti altri non si
è nascosto in una tana. Ma non ha nemmeno sgomitato per restare a galla.
Ha scelto il basso profilo e adesso lo ritroviamo più magro, meno ballerino,
e senza capelli lunghi alla testa di un nuovo velleitario Psi che ha contribuito
a fondare.

Eppure avevi detto: giuro che non farò più politica.
«Non ricordo».
Te lo ricordo io, era il 15 novembre 1993.
«Non sono stato l?unico: Giuliano Amato si è presentato in Parlamento e ha
detto: ?Basta, adesso smetto?».
Perché avevi fatto quel giuramento che non hai mantenuto?
«Erano i momenti peggiori della vicenda Tangentopoli. Non avevo le idee chiare
su quello che era successo. Era un periodo intenso di vera confusione mentale».
Qualche pentimento?
«Aver spinto perché i postcomunisti entrassero nell?Internazionale socialista.
Fui io a convincere Craxi. E fu Craxi a pronunciare il discorso sulla cui
base l?Internazionale decise di ammettere il Pds».
Perché sei pentito?
«Perché questo avvenne nell?ambito di considerazioni fatte in due incontri
riservati con Fassino, Occhetto, Craxi, Minniti ed io in cui si disse che
bisognava mettere fine alla follia della ventata giustizialista. Un mese
dopo Craxi ebbe l?avviso di garanzia. Adesso aprendo i giornali e vedendo
il caso Telekom Serbia mi verrebbe da dire: chi la fa l?aspetti».
E lo dici?
«No. Anche in questo caso dico: non possiamo permettere alla magistratura
di occupare il posto della politica».
Basterebbe smetterla di prendere mazzette.
«In tutti questi anni sono stato molto reticente a parlare di Mani Pulite.
Avrei potuto fare come Cirino Pomicino, riempire libri per raccontare fatti,
carenze, omissioni, strumentalizzazioni che modificano un po? il quadro che
ne fanno Travaglio, Gomez e Barbacetto».
Travaglio, Gomez e Barbacetto spiegano le sentenze dei giudici.
«Non mi colpisce quello che mettono nei loro libri. Mi colpisce le cose che
non mettono. Verrebbe voglia di dire: adesso le aggiungo io».
Aggiungine una.
«Per esempio dimenticano la vicenda giudiziaria che riguardava una semplicissima
persona di nome Mario Giovannini, che fu coinvolto in un guaio per miliardi.
Ma era un dirigente comunista della Cgil e nessuno ne ha mai parlato».
La corruzione c?era o non c?era?
«Era in linea con il resto d?Europa. C?era come c?è in ogni società».
Non resta che la teoria del complotto?
«La spiegazione che andava di moda tra gli sconfitti era che fosse un?operazione
fatta a tavolino. Spiegazione insufficiente. Bisogna invece darne una più
oggettiva».
E tu la dai?
«Certo. Ma bisogna rileggere la storia della democrazia repubblicana dal
?45 in poi. L?Italia, da Yalta, uscì con uno statuto particolare, la divisione
di fatto, anche se non geografica, come quella della Germania».
Un?Italia dell?Ovest e un?Italia dell?Est?
«Due partiti più uguali degli altri, uno destinato al governo, l?altro all?opposizione,
destinati a cogovernare sulla base di regole non scritte, alcune sopra il
tavolo e altre sotto il tavolo. Dentro il Pci erano Secchia e D?Onofrio a
governare questa funzione speciale».
E dentro la Dc?
«Ho solo percezioni indirette. Ma prenderei in considerazione il ruolo di
una persona come Paolo Emilio Taviani».
Un esempio di regola sotto il tavolo?
«Il finanziamento della politica: per 50 anni è avvenuto fuori dalle leggi.
Dalla Cia arrivavano soldi alla Dc e dall?Urss quelli per il Pci».
Che cosa è cambiato nella tua vita negli ultimi dieci anni?
«Sono passato dal pregiudizio negativo al pregiudizio positivo. Passava uno
in motoretta e gridava: ?Ladro! Ladro!?. Oggi la gente mi ferma per strada
e mi dice: ?Perché non tornate??».
Tu avevi aiutato il pregiudizio. Discoteche, donne, capelli lunghi.
«Non me ne pento. Avevo messo nel conto che questo mi sarebbe costato. Ho
fatto il ministro dodici anni. Ho ricevuto un migliaio di lettere anonime.
L?ottanta per cento erano sui miei capelli».
L?illustre forforato, scriveva Enzo Biagi.
«Drive in mi faceva con i pesci tra i capelli unti. Gli amici mi dicevano:
ma perché non te li tagli? Era una specie di sfida. Poi però c?è stata la
?character assassination?, la distruzione dell?immagine. Quei due anni in
cui i mass-media hanno lavorato di fino per massacrarmi».
I socialisti però avevano esagerato.
«Certi comportamenti la gente li accettava perché voleva evitare che i Cosacchi
arrivassero a San Pietro. Ma quando fu chiaro che i Cosacchi non c?erano
più, noi avremmo dovuto adeguarci. Io pensai che in un paio di anni avremmo
potuto correggere tante cose. Invece non ci fu il tempo perché tutto precipitò
molto più rapidamente. L?ombra di Yalta si proiettò oltre Yalta e i postcomunisti
ne approfittarono. Visto che non erano capaci di mandarci via col dissenso
che i nostri comportamenti avrebbero dovuto o potuto creare, ci fecero fuori
un po? prima e con altri sistemi».
La metafora del «sotto il tavolo» per quanto riguarda il Psi è un po? azzardata.
Voi facevate tutto «sopra il tavolo», la Milano da bere, l?arroganza, il
lusso.
«Facciamo il mio esempio: io mi differenziavo dagli altri. Andavo a ballare.
Giravo con belle donne. Perché no? Ero single. Avevo un comportamento trasparente.
Ritenevo più disdicevole l?ipocrisia. Io vivevo a Roma e conoscevo i comportamenti
di quasi tutti i miei colleghi di qualsiasi partito, maggioranza e opposizione.
Tutti ipocriti».
Tu vivevi in albergo, avevi un appartamento al Plaza, spendevi cifre incredibili
in extra.
«Ma cosa vuol dire? Il Plaza mi costava sei milioni al mese. Un appartamento
mi sarebbe costato altrettanto. A meno che non mi chiamassi D?Alema».
Che c?entra D?Alema?
«Mentre io stavo al Plaza D?Alema aveva un appartamento a equo canone dell?Ente
di Previdenza del ministero del Tesoro».
Quando scoppiò Affittopoli D?Alema mollò l?appartamento.
«Ho una memoria di ferro. Ricordo benissimo alcuni articoli che dicevano
che mollò quell?appartamento e se ne comprò uno da 800 milioni. E io ero
quello che viveva nel lusso?».
Stiamo parlando di spese folli, di ministri che prendevano gli aerei di Stato
per andare a mangiare le ostriche a Parigi.
«C?era qualcuno più arrogante degli altri ma tutto poi è stato molto forzato.
Si potrebbero fare degli studi sociologici sul modo in cui sono state montate
e usate certe cose, non solo sui socialisti».
Tipo?
«Tipo il povero De Lorenzo. Ne hanno fatto un mostro. Lui ci aveva messo
del suo, qualche intervista improvvida, qualche battuta. E poi, a Napoli,
aveva un po? più finanziamenti illeciti. Essendo il ministro della Sanità,
si prestava a una storia che colpisse la gente».
Speculare sulla salute non rende simpatici.
«È dimostrato che tutti i partiti di maggioranza e di opposizione stavano
in quel meccanismo. Però solo il povero De Lorenzo c?è andato di mezzo».
I giudici di Venezia hanno scritto che tu usavi le mazzette per alimentare
il tuo «principesco stile di vita».
«Onestamente non me la ricordo questa frase qui».
Credimi.
«Se l?hanno scritto hanno sbagliato. Non avevo affatto un principesco tenore
di vita. Ero ministro degli Esteri, facevo più di mille chilometri al giorno,
non avevo tempo per un principesco tenore di vita».
Allora tutto normale, tutto giusto.
«Errori ne ho fatti, ma sono quelli che poi paghi politicamente. Ho perso
voti e ne ho anche guadagnati. È l?elettore che conta».
Non è vero. Col sistema elettorale che c?è adesso i parlamentari non vengono
eletti dai cittadini, vengono nominati dai dirigenti dei partiti.
«Io mi sono sempre battuto contro il maggioritario. Oggi i postcomunisti
possono eleggere non solo Di Pietro nel Mugello, ma anche Giorgianni a Fano.
E Berlusconi può fare eleggere tranquillamente nel Nord Est uno del Sud e
in Sicilia uno nel Nord. Lino Jannuzzi preso e portato in Lombardia, Gabriella
Carlucci presa e portata a Trani».
Parliamo di voltagabbana.
«L?Italia moderna nasce nel 1494 con l?arrivo di Carlo VIII. ?Francia o Spagna
purché se magna?. Voltare gabbana è sempre stata considerata una caratteristica
italiana».
Dini? Mastella? Scognamiglio? Pivetti?
«E Giorgio La Malfa, e Sergio D?Antoni. Anomalia del sistema, non pochezza
dei singoli. Fallimento del bipolarismo».
Anche due socialisti di primo piano, Giuliano Amato e Claudio Martelli.
«Noi siamo stati vittime di un naufragio. Quando caschi in acqua cerchi solo
di salvare la vita, non guardi dove vai».
Tu che non eri craxiano non hai tradito Craxi. Martelli e Amato erano craxiani.
«Craxi pensava che avrebbe dominato meglio i suoi uomini se avessero avuto
certe caratteristiche psicologiche. Mi spiego?».
No.
«Come no? Quando tra me, Martelli e Amato, Bettino scelse come presidente
del Consiglio Amato, io gli dissi: ?Se avessi scelto me, avrei fatto finire
Mani Pulite in due mesi?. Invece lui disse: ?Ho scelto Giuliano Amato perché
farà esattamente quello che dico io?. E infatti si è visto. Una volta scelto,
Amato ha fatto come gli pareva».
E Martelli?
«Che cosa debbo pensare di uno che ha detto che avrebbe ridato l?onore ai
socialisti?».
Che cosa ne pensi?
«Ne penso molto male. Ma non è un voltagabbana. In politica mors tua vita
mea. Qualcuno lo aveva preso per il sedere raccontandogli che sarebbe diventato
il Clinton italiano. E poi gli è arrivato l?avviso di garanzia ed è saltato.
E Giuliano Amato? Ha dimenticato che era il vero braccio destro di Craxi
e se ne è andato con i postcomunisti dopo quello che avevano fatto al Psi».
Amato non è venuto ai funerali di Craxi.
«Io glielo dissi: vieni, vieni, ti costerà, ma ti costerà meno di quanto
ti costerà il rimorso per non averlo fatto».
Filippo Facci ha pubblicato sul Giornale una lettera in cui Amato scriveva
a Craxi: «Ti auguro solo di avere dagli altri la lealtà assoluta che hai
avuto e continuerai ad avere da me».
«Paradosso della storia: Craxi alla fine ha avuto effettivamente quella lealtà
che gli augurava Giuliano. Parziale per non dire falsa».
Craxi aveva detto di te: generoso, intelligente, pasticcione.
«Craxi diceva peggio. Diceva: tu non capisci un cazzo di politica!».
Aveva ragione?
«Gli uomini si dividono in due grandi categorie, i laser e i dispersivi.
Alla prima apparteneva Bettino: sceglieva un obbiettivo e si concentrava
su quello senza curare i dettagli. In politica è un sistema efficacissimo.
Alla seconda appartengo io. Sono un curioso, vado in tutte le direzioni e
mi disperdo. Ma nel momento della disgrazia è più facile reggere essendo
fatti come me che come era fatto Bettino. Infatti Bettino si è spezzato.
Io no».
Le tue origini?
«Padre ingegnere, madre chimica. Si conobbero in fabbrica, a Porto Marghera.
Eravamo tutti protestanti, mio nonno era pastore metodista. Io a 12 anni
mi sentivo monarchico, solo Dio sa perché. Per due anni fui anche della Giovane
Italia. Poi diventai radicale. Nel 1960, a 19 anni, mi iscrissi al Psi. La
politica attiva la scoprii nell?Ugi, l?Unione goliardica italiana. La mia
prima esperienza fu il congresso di Palermo. Io stetti dalla parte che sconfisse
Craxi, da sinistra, ed eleggemmo Militello. Ma temevamo l?intervento di Paolo
Ungari, che era repubblicano e un bravissimo oratore. Lino Jannuzzi, quando
seppe che Ungari stava scrivendo l?intervento in albergo, gli mandò una prostituta
in stanza, per distrarlo. Dopo un?ora, visto che non uscivano, andammo a
vedere e trovammo la prostituta nuda che batteva con due dita sulla macchina
da scrivere il discorso che Ungari, nudo pure lui, le stava dettando».
La Seconda Repubblica è meglio della Prima?
«La Seconda Repubblica è l?aspetto deteriore della prima. Di nuovo c?è molto
poco: Bossi, la Lega, Berlusconi».
E Forza Italia?
«Forza Italia nasce vecchia, è un coacervo di residui della Prima Repubblica».
Come fa un partito di socialisti, come il tuo, a stare a destra?
«È difficile pensare a un partito di socialisti senza prima sconfiggere chi
li ha annientati. A questo punto è inevitabile allearsi con Berlusconi».
Questo governo ti piace?
«Non mantiene gli impegni e fa molti errori. E noi lo diciamo. Ma non passiamo
dall?altra parte anche se ne avremmo motivo».
Mani Pulite ti ha cambiato anche fisicamente. Capelli tagliati, fisico quasi
asciutto.
«Mi ha aiutato anche qualche malattia. Un po? di diabete, un po? di pressione
alta, e anche una serie di colpetti che mi hanno fatto prendere un notevole
spaghetto. Mi sono messo a dieta e ho rimesso a posto gli indici della glicemia.
Aiutato dal fatto che nel frattempo mi ero innamorato e sposato».
Poi ti sei separato. Sei ritornato alla vita dissoluta?
«Gli anni passano per tutti».
Parliamo dell?adulazione. Craxi veniva accusato di avere una corte di adulatori.
«Ne aveva moltissimi. Gli adulatori si accompagnano sempre al potere».
Chi sono gli adulatori oggi?
«Mi viene in mente il solito Fede. Ma è un adulatore umanamente sincero e
onesto. Come Bondi. Il più adulatore di tutti secondo me è Maurizio Costanzo.
È un adulatore professionista».
Gioco della torre. Cofferati o Bertinotti?
«Io voglio molto bene a Sergio Cofferati. È il sindacalista italiano con
cui mi sentivo più consonante, da ministro».
Adesso?
«È contraddittorio con se stesso, non è stato coerente con quello che pensava
e che credo pensi ancora».
Flores o Moretti?
«Butto Flores, lo conosco troppo bene, lo ricordo trotzkista, socialista,
martelliano, adulatore di Craxi, negatore di Craxi».
Mastella o Buttiglione?
«Butto Buttiglione: ha l?insopportabile pretesa di apparire filosofo quando
è al massimo professore di filosofia. E la cosa vale anche per Cacciari».
Ricordo che Cacciari però tu lo volevi nel Psi e lui rispose: ?No grazie,
sono già ricco di famiglia?.
«È una leggenda metropolitana. Io non gli ho mai proposto di entrare nel
Psi e lui non mi ha mai dato quella risposta. Però gli è sembrato divertente
raccontare questo aneddoto al tempo della ?character assasination?»
Giornale o Libero?
«Butto il Giornale, anche se spesso dissento da Vittorio Feltri che è una
sorta di ?hooligan giornalistico?. Ma lui si prende sempre le responsabilità
delle tesi che sostiene. Non è stato mai a padrone. Il Giornale, ahimé, è
un house organ».




INES TABUSSO