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LA STAMPA
(Del 19/8/2005 Sezione: Torino cronaca Pag. 35)
TORRE PELLICE DA DOMENICA IL TRADIZIONALE APPUNTAMENTO
Il moderatore Genre «Preoccupano le posizioni del nuovo Papa»
Marina Cassi

Nell'ormai storico appuntamento di fine agosto Torre Pellice ritorna a essere,
da domenica al 26 agosto, il cuore delle Chiese valdesi e metodiste con il
Sinodo annuale che come sempre discuterà del concreto mondo attuale: dalla
globalizzazione al terrorismo, dall'ambiente ai diritti umani. Una particolare
preoccupazione quest'anno arriva dall'esperienza delle 140 comunità disseminate
in Italia per la situazione economica. Spiega il moderatore della tavola
valdese, pastore Gianni Genre: «Vediamo crescere la proletarizzazione delle
fasce sociali medio basse e parallelamente assistiamo alla progressiva demolizione
dello stato sociale». Genre, giunto alla fine del suo mandato quinquennale
- analizza la situazione con amaro realismo: «Il mondo è sempre più difficile
e ci piace sempre meno. Nel nostro paese sta riaffiorando la questione morale
con la vicenda della Banca d'Italia e con i continui attacchi alla magistratura».
Il Sinodo - i cui 250 partecipanti rappresentano 30 mila fedeli - si colloca
in un monento particolarmente delicato. Genre ricorda la minaccia del terrorismo
e ribadisce: «E' necessario il dialogo con l'Islam e dobbiamo interrogarci
sul come e sul dove svilupparlo per capire quella realtà». Nei cinque giorni
di Sinodo saranno affrontati molti altri temi ed è probabile che sia presentato
alla discussione un ordine del giorno sull'esortazione di Benedetto XVI all?esposizione
dei crocefissi nei luoghi pubblici. Il pastore Genre commenta: «E' probabile
che la questione sia sottoposta al dibattito e se sarà così ne discuteremo.
Siamo preoccupati per questa posizione del Papa e anche per la concessione
della indulgenza plenaria ai partecipanti al meeting di Colonia. Ci sembra
che così la grazia non sia più un dono liberamente dispensato da Dio, ma
un bene amministrato dalla chiesa». Il Sinodo si apre domenica, alle ore
15.30, con un culto solenne presieduto dal pastore Giovanni Anziani, durante
il quale saranno consacrati al ministero pastorale Mirella Manocchio, Janique
Perrin, Davide Rostan e Francesco Sciotto. Tra gli ospiti italiani, in rappresentanza
della Conferenza episcopale italiana, ci sarà monsignor Vincenzo Paglia,
fondatore della comunità di Sant'Egidio, vescovo di Terni, Narni e Amelia,
e presidente della Commissione Cei per l?ecumenismo e il dialogo; il reverendo
Nicola Rimaudo, della Sacra Arcidiocesi ortodossa d'Italia, e molti altri
ospiti provenienti da tutta Europa, ma anche dall'America e dall?Africa.



21/08/2005 - "LIBERO QUOTIDIANO", Pag. 1
IL PAPA DIALOGA MA NON VA IN MOSCHEA
di: RENATO FARINA
www.difesa.it/files/rassegnastampa/050821/89Q5T.pdf



IL GIORNALE
21 agosto 2005
IL RISVEGLIO DEI CRISTIANI
- di ANTONIO SOCCI -

Il direttore di Die Zeit dice che «giornali e politici non se ne sono accorti,
ma l'elezione di questo Papa ha riacceso un interesse per il cristianesimo
nella società tedesca». I giornali non s'interrogano neanche davanti a un
milione di giovani venuti a Colonia, dal Papa, per «adorare Cristo» (questo
il tema). Non si chiedono perché per tanti diciottenni questo Gesù di Nazaret
sia così adorabile (la parola che in genere si usa per la persona di cui
ci si innamora). Da noi le cosiddette élites intellettuali non vanno oltre
lo scherno anticlericale da osteria. Gongolano, su Repubblica, per il crollo
degli iscritti all'«ora di religione» nelle scuole, salvo poi scoprire che
i loro dati sono fasulli. Giovedì scorso Michele Serra gongolava pure perché
il Papa a Colonia non era sulle prime pagine dei giornali (non era ancora
arrivato). Attorno a martedì lamenterà - come fa sempre - l'eccessiva attenzione
dei media al Pontefice. Ma un milione di giovani che vanno in pellegrinaggio
a Colonia, a proprie spese, in pieno agosto, per ascoltare «il dolce Cristo
in terra» (Caterina da Siena) è una grande notizia, se consideriamo il deserto
umano prodotto dalle crudeli ideologie moderne, che hanno lasciato sulla
scena solo relitti e spompati cinquantenni che rosicano dai giornali. Rosicano
soprattutto quelli che credettero al colossale imbroglio che è stato il comunismo:
non perdonano alla Chiesa - vittima di quei regimi feroci - di essere sopravvissuta
ai propri carnefici. I quali sperano di essere oggi «vendicati» dall'islamismo.
Buffo il cortocircuito del Manifesto che si definisce «quotidiano comunista»
e scrive «dio» con la minuscola, come si usava nei regimi dell'Est. Per 150
anni, al seguito di Marx, i comunisti hanno accusato i cristiani di «attutire»
la brutalità del capitalismo con la consolazione illusoria di un paradiso
ultraterreno: religione oppio dei popoli. Ora è arrivato il «contrordine
compagni!». Venerdì l'editoriale del Manifesto lamenta infatti che, invece
di consolare i sofferenti promettendo una vita nell'aldilà, «il messaggio
di Colonia sottolinea la felicità: quella vita "piena" che solo Cristo potrebbe
procurare e che, tutto sommato, si accorda abbastanza bene con quel capitalismo
che sta trionfando nel mondo occidentale e non solo».
Lasciamo stare. La cosa certa è il messaggio di Benedetto XVI a Colonia:
«La felicità che avete il diritto di gustare ha un nome e un volto: Gesù
di Nazaret». È stato l'annuncio cristiano di tutti i tempi. Fin dall'inizio.
Con parole simili aveva parlato Giovanni Paolo II: «In realtà è Gesù che
cercate quando sognate la felicità. È Lui che vi aspetta quando niente vi
soddisfa di quello che trovate. È Lui la Bellezza che tanto vi attrae».
Il suo grande pontificato è stato rappresentato venerdì sulla Stampa da Vittorio
Messori con parole ingenerose. Dopo aver sprezzantemente liquidato le Giornate
della gioventù di Wojtyla come «kermesse» e «raduni stile Woodstock», lo
scrittore cattolico afferma che quel Papa («prete da campeggio») ci si trovava
bene perché «era attore, mimo, cantante», anzi aveva «la vocazione d'attore»
e poneva la sua biografia «al centro della sua missione». Così lo ha pure
contrapposto a papa Ratzinger rendendo a quest'ultimo un pessimo servizio
(anche per la descrizione - sbagliata - di gelido teologo che ne fa). Invece
Giovanni Paolo non fu un istrione, ma un grande santo. A un mondo scristianizzato,
che si era fatto della Chiesa un'idea smorta e triste, Karol Wojtyla, con
la sua vita coraggiosa di uomo affascinato da Cristo, con la sua grandezza
e la sua fede, ha mostrato che il cristianesimo è innanzitutto una umanità
eccezionale. Non un insieme di dottrine o di riti o di regole, ma prima di
tutto una umanità meravigliosa, commovente, forte e tenera come quella che
splendeva nel volto di Karol il Grande. Così molti hanno riscoperto con stupore
il cristianesimo.
www.antoniosocci.it



Corriere della Sera
21 agosto 2005

IL CASO / Dopo la fiducia arriva la bocciatura di Liberazione. E il manifesto:
doveva condannare i dittatori
«Mediocre»: giornali di sinistra delusi. Ma il Riformista esulta
Paolo Conti

ROMA ? Benedetto XVI e la sinistra italiana, un rapporto difficile. E contraddittorio.
Da cardinale, Joseph Ratzinger venne contestato per le sue posizioni su coppie
di fatto, questione omosessuale, celibato dei sacerdoti, coppie divorziate.
Eletto al papato, arrivarono le aperture di credito, alcune entusiaste. «Un
Papa forte sul piano culturale ed etico, sarà un protagonista del nostro
tempo», assicurò Piero Fassino. E Rina Gagliardi di Liberazione, nelle prime
ore di pontificato: «Ci sorprenderà, lo ha già fatto con un primo accenno
al dialogo tra le religioni». Ovvero: conservatore, sì, ma uomo adatto a
un confronto sui massimi temi della contemporaneità.
E invece il primo viaggio papale in Germania ha deluso un pezzo di sinistra.
Proprio Rina Gagliardi, che da tempo su Ratzinger stava cambiando posizione,
ha scritto ieri su Liberazione (sotto l'inequivocabile titolo «Un Papa mediocre»):
«Ci appare come un Papa "svogliato", freddo, talvolta un po' arido, come
quando dichiara che la Chiesa "non è una minestra riscaldata"». Altro che
il «leader spirituale forte, ricco di pensiero forte e di verità, magari
un "grande reazionario"» che tutti si aspettavano.
In questi giorni tedeschi addirittura «ci rinvia a una sensazione di inadeguatezza».
E perché? Sul versante storico, sui rapporti tra ebrei e cristiani «si è
limitato a una allusione alquanto generica e pochissimo autocritica». E poi
in questi mesi, elenca ancora Rina Gagliardi, «mai una parola sulle grandi
tragedie del mondo, le guerre, la fame, il sottosviluppo, l'Iraq, la Palestina,
l'Africa. Come se fosse profondamente disinteressato a ciò che accade». Solo
la promozione del concetto di Fede «sempre in termini siderali, astratti,
autoritari». Il giudizio conclusivo è senza appello per Joseph Ratzinger:
sarà un Pontefice «di pura transizione» che rischia di non lasciare traccia,
espressione della crisi «da cui la Chiesa per ora non può uscire». Ovvero
«un po' Celestino V e un po' don Abbondio. Questo ci passa il convento».
Forse tra quelle parole c'è anche la traccia del recente Michele Serra, sospeso
a metà tra delusione e stupore per certe reazioni che addirittura non arriverebbero
(«niente prime pagine per il Papa a Colonia, zero polemiche per la richiesta
di esporre il crocifisso negli edifici pubblici, l'audience del nuovo Papa,
per adesso, è da seconda serata... quando dall'ecumenismo di fine secolo
si passa all'ortodossia, e si serrano i ranghi, la Chiesa torna a essere
una comunità importante, ma minoritaria»).
Sul manifesto Ida Dominijanni rimprovera a Benedetto XVI di non aver dato,
nella sua Germania, un nome ai responsabili dello sterminio degli ebrei parlando
di «mysterium iniquitatis»: «Il mistero del male assolve papi e dittatori,
che infatti innominati restano nel discorso di Benedetto XVI». E conclude:
«Non a caso, pur nella dichiarata soddisfazione per la visita, torna insistente
nei rabbini di Colonia la domanda che siano finalmente aperti gli archivi
della Chiesa. E Benedetto XVI, per ora, non risponde». Dal manifesto arriva
però il riconoscimento a Ratzinger di aver parlato «dei segni di risorgente
antisemitismo che avvelenano l'Europa» e di aver «promesso rispetto anche
ai musulmani».
Invece il Riformista è letteralmente entusiasta. Benedetto XVI in Germania
«seduce con la sua antiretorica e supera a pieni voti l'esame dei primi incontri
del suo pontificato». Il pranzo con i giovani? «Pure divertente». Lo stile?
«Semplice e discreta la sua presenza, diretto e incisivo il suo verbo in
cui emergono inevitabilmente competenze storiche, filosofiche e teologiche».
Il rapporto con gli ebrei? «Un Papa tedesco che si dice preoccupato per il
risorgente antisemitismo e che stringe la mano ai sopravvissuti dei campi
di concentramento è un segnale che fa molto bene alle comunità ebraiche del
continente». E sui cristiani della Riforma? «Benedetto ha spiazzato tutti,
lasciando intravedere un'apertura notevole verso le chiese protestanti».
Chissà quale sarà il bilancio definitivo a visita conclusa. Una piccola curiosità.
Solo il manifesto usa la maiuscola quando parla del Papa. Il Riformista e
Liberazione optano per la minuscola

INES TABUSSO