00 10/08/2005 01:21

BERLUSCONI, OSTELLINO, ROMANO, TURANI, MONTEZEMOLO, TAREK BEN AMMAR...
VE LO RICORDATE TAREK BEN AMMAR? IN FONDO ALLA PAGINA UN VECCHIO BANANAS
PER RINFRESCARE LA MEMORIA:



www.governo.it/Presidente/Interventi/dettaglio.asp?d=26003
Sito ufficiale del Governo italiano
Dichiarazione del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in merito
alla presunta partecipazione ad una scalata Rcs

Testo completo

"Mi sembra impossibile che si cerchi di costruire sul nulla un castello di
fantasie e di menzogne come quello che si vede in questi giorni sui quotidiani,
a proposito di una presunta, del tutto inesistente mia partecipazione ad
una scalata a Rcs.

Altrettanto impossibile mi sembra che si cerchi di assumere come indizio
di una mia partecipazione la presenza di un banchiere d'affari come Aldo
Livolsi che lavorò un tempo con me ma che oggi lavora per sé e per la sua
banca d'affari.

So bene che la professionalità dei giornalisti è in grado di discernere tra
verità e fantasia, e perciò viene legittimo chiedersi: chi e perché ha organizzato
e sta organizzando tutto questo?

Ma gli italiani hanno buon senso e sanno distinguere tra chi vive di intolleranza,
di invidia e di odio pescando nel torbido e chi invece è capace di conservare
sempre e comunque la sua serenità e il suo equilibrio."
Roma, 9 agosto 2005




SCALATA RCS: PERCHÉ IL PREMIER NON DEVE OCCUPARSENE
PIERO OSTELLINO SCRIVE E SERGIO ROMANO RISPONDE
Da "Il Corriere della Sera" di martedì 9 agosto 2005
rassegna.governo.it/dettaglio.asp?d=6664232




"la Repubblica"
9 agosto 2005
AFFARI DI FAMIGLIA
GIUSEPPE TURANI

FORSE è partito il grande assalto finale alla Rcs-Corriere della Sera. Almeno
questa è la sensazione che si è sparsa negli ambienti finanziari milanesi
ieri pomeriggio. L´assalto prevede varie mosse.
Le più importanti sono il lancio di un´Opa (senza la quale è inutile accumulare
pacchi e pacchettini di azioni, visto che il sindacato di controllo ha in
mano quasi il 60 per cento del capitale) e il successivo frazionamento (con
vendita) della società in vari pezzi.

Secondo questo schema, i libri della Flammarion e la raccolta pubblicitaria
all´estero verrebbero ceduti ad altri soggetti. Il frazionamento si rende
necessario per rientrare un po´ dalle spese che, forse, verranno sostenute
per il lancio dell´Opa (che a questo punto va fatta a prezzi molto elevati
rispetto a quello che vale la società).
Il particolare interessante è che a lanciare l´Opa, se mai si farà, non sarà
il solo Stefano Ricucci (che fino a oggi ha accumulato più del 20 per cento
della società milanese), ma con lui anche un gruppo internazionale.
A questo sta lavorando, per sua stesa ammissione, Ubaldo Livolsi, amico personale
di Silvio Berlusconi, membro del consiglio di amministrazione di Fininvest
e, secondo alcuni, gestore della finanza personale del premier e di sua moglie
Veronica. Livolsi, che ha una sua merchant bank, è anche uno degli uomini
che anni fa, quando Berlusconi era fortemente indebitato, lo ha convinto
a raggruppare le televisioni del Biscione in Mediaset e poi a quotare la
società.
È uno, insomma, che difficilmente può essersi messo a organizzare (come lui
stesso ammette) un tentativo di scalata «internazionale» alla Rcs senza averne
prima parlato con il premier. Non è uno sprovveduto e quindi sa certamente
che la questione ha anche un suo aspetto politico molto rilevante. Impossibile
che abbia deciso tutto da solo.
La sensazione che circola negli ambienti finanziari milanesi, davanti a queste
notizie, è che Stefano Ricucci, non riuscendo più ad andare né avanti né
indietro nell´affaire Rcs, e trovandosi con la Popolare di Lodi e Fiorani
impossibilitati (probabilmente per sempre) a dargli una mano, sia ricorso
a Livolsi, con il quale peraltro era in contatto da tempo e che deve aver
dato qualche "via libera" sin da quando la scalata dell´immobiliarista romano
è partita.
Livolsi, per quel che se ne sa fino a oggi, ha messo in piedi un piano ben
congegnato, come si diceva all´inizio: lancio di un´Opa, frazionamento della
società e, soprattutto, ricerca di un socio editoriale straniero forte.
Sul primo punto (il lancio dell´Opa) è lui stesso però a dire che, senza
"tradimenti" importanti all´interno della compagine del sindacato di controllo,
non c´è niente da fare. E questo lo si può capire: il "patto" attuale della
Rcs controlla circa il 60 per cento e un´Opa, per poter passare, deve poter
contare sullo spostamento almeno di un 12-15 per cento di quel 60 per cento.
Altrimenti l´Opa è bruciata in partenza.
Su questo punto circolano tante voci, ma di preciso non si sa ancora nulla.
Probabilmente perché l´Opa non è ancora stata annunciata (se mai lo sarà)
e quindi nessuno si vuole esporre in assenza di un´offerta precisa. Ma non
si può nemmeno escludere che, a offerta eventualmente presentata, il "patto"
non riveli traditori. In questo caso l´Opa cadrebbe ancora prima di partire.
Negli ambienti finanziari milanesi si sostiene di sapere anche un po´ di
più. Il gruppo internazionale per ora in pole position sull´agenda di Livolsi
sarebbe il gruppo spagnolo Vocento, un gruppo che possiede in Spagna un solo
giornale nazionale (Abc) e alcuni quotidiani locali. Nell´insieme Vocento
fattura poco più di 700 milioni di euro. La Rizzoli fattura circa tre volte
tanto. E già questo fa sorgere i primi dubbi, probabilmente superabili (se
c´è davvero la volontà di scalare Rcs) con l´aiuto delle banche.
Ma la cosa interessante, a questo punto e in attesa di vedere se l´Opa arriva
o no, è la coloritura politica di Vocento, decisamente di destra e vicina
all´ex premier Aznar. E anche il fatto che il gruppo Vocento è il secondo
azionista (dopo Mediaset) della tv spagnola Telecinco. Il gruppo Vocento,
si dice, sarebbe soprattutto interessato al quotidiano spagnolo El Mundo
(controllato oggi da Rcs). E si lascia intendere che poi potrebbe lasciare
il resto a altri (insomma a Livolsi che poi penserà a piazzarlo).
Se queste notizie saranno confermate, però, per il premier Berlusconi si
pone un problema politico di enorme spessore. Il suo braccio destro finanziario
(Livolsi) sta organizzando, per sua stessa ammissione, la "vera" scalata
(quella dura, con i soldi) alla Rcs e il soggetto a cui intende appoggiarsi
è il socio più importante dello stesso Berlusconi in Spagna (e molto di destra).
Difficile dire «Non ne sapevo niente», se arriveranno conferme.
Il sospetto che ci sia voglia di spartire (a destra) El Mundo e il Corriere
della Sera viene spontaneo. A quelli di Vocento lo spagnolo El Mundo e agli
amici di Berlusconi il quotidiano di via Solferino. Un´enormità mediatica
da far rizzare i capelli in testa a due paesi.
Nessuno sa, oggi, se il piano Livolsi andrà avanti (ma lui ci sta lavorando
con grandissimo impegno), e se nel "patto" Rcs ci saranno i famosi "traditori"
su cui ruota tutto il piano. Si vedrà. In compenso il nostro premier risulta
già coinvolto più di quanto sarebbe giusto e corretto.
Soprattutto se si ricorda che ancora pochissimo tempo fa ha smentito di avere
a che fare con questa storia. Storia che invece vede coinvolto il suo braccio
destro finanziario e il suo socio spagnolo.



il premier
Livolsi tesse la nuova rete degli alleati del Cavaliere
Prima i Fininvest boys, poi Agag e Ricucci
L´ex segretario del Ppe cerca il partner estero per l´assalto
Al manager che nel ´96 salvò Mediaset il ruolo di capocordata
ETTORE LIVINI

MILANO - Stefano Ricucci centravanti di sfondamento. Il fedelissimo Ubaldo
Livolsi con il numero 10, in cabina di regia. Il compagno di liceo (e senatore
di Forza Italia) Renato Comincioli a fare da mediano, occupandosi del lavoro
d´interdizione tra i reparti. In panchina Tarak Ben Ammar, pronto a giocare
se il Mister avrà bisogno di lui. Silvio Berlusconi può stare tranquillo.
Lui ufficialmente ? giura il consigliere Fininvest Livolsi ? non c´entra
niente. Ma la squadra in campo parla da sola: il premier ha messo in pista
tutti i suoi uomini migliori per le partite più delicate di questo ultimo
scampolo di legislatura: quella per il controllo del Corriere della Sera
e quella per il riassetto dell´ex-salotto buono, dalle banche fino a Telecom.
Lo schema, in fondo, è quello usato per il Milan. Lo stesso che gli ha regalato
quattro Champions League e sette scudetti in 20 anni di presidenza: ha messo
assieme diversi ragazzi cresciuti nel vivaio (in questo caso i "Fininvest
Boys"), qualche bandiera attaccata alla maglia come gli amici e soci Ennio
Doris e Adriano Galliani, pochi stranieri nel ruolo giusto ? oltre a Tarak
il neo-acquisto Alejandro Agag ? e gli innesti "alla Gilardino": Ricucci,
gli immobiliaristi e l´Hopa di Chicco Gnutti (partecipata al 5% da Fininvest).
Incaricati, per dirla con Livolsi, «di apportare i primi capitali e dare
una scossa agli asset» in attesa «di altri soci» che giochino davvero la
partita.
Ognuno ? chi su Rcs chi sulle banche ? ha il suo ruolo. In prima fila gli
enfant prodige forgiati in Fininvest, con Livolsi come capocordata. Il consulente
principe di Ricucci, l´uomo che disegna le strategie per l´assalto al Corriere,
è la stessa persona che nel ´96 ha salvato Mediaset dai debiti quotandola
in Borsa. E che da allora non ha mai tagliato il cordone ombelicale che lo
lega al Biscione. Siede nel cda di via Paleocapa. A Mediaset ha appena venduto
a peso d´oro Canale D. Cura ancora, secondo le indiscrezioni, gli interessi
di Veronica Lario. La sua merchant-bank (Livolsi & Partners) opera in tante
aree grigie al confine tra pubblico e privato: fa consulenza per le pubbliche
amministrazioni, gestisce fondi di private equity di cui Fininvest è il più
generoso sottoscrittore. Ha preso in mano ? senza troppo successo ? tre patate
bollenti come Cirio, Finpart e Cit, l´agenzia di viaggi del Parlamento. Tutti
lavori gestiti a contatto di gomito con Palazzo Chigi, se è vero che il sottosegretario
alla presidenza del Consiglio Gianni Letta è arrivato a convocare un vertice
in pieno agosto per aiutarlo a salvare la Cit. E se lo stesso Livolsi ? come
emerge dalle intercettazioni Antonveneta ? chiama a nome di Letta il numero
uno di Bpi Giampiero Fiorani (che a dire il vero respinge la richiesta) facendo
pressing perché entri nel capitale del tour operator.
Un piccolo ruolo nel gestire le partite Rcs e delle banche se lo sono ritagliati
due altri ex-manager di via Paleocapa come Bruno Ermolli e Claudio Sposito.
Il primo non appare mai come consulente. Ma ha fatto da mediatore per l´incontro
tra Silvio Berlusconi e Stefano Ricucci all´ultima assemblea di Confimmobiliare.
Sposito invece, stando alle intercettazioni, sarebbe candidato con il suo
Fondo Clessidra a rilevare da Unipol l´Aurora nell´ambito dell´operazione
Bnl.
Ma i dirigenti Fininvest non sono l´unico anello di congiunzione tra premier
e Rcs. Un altro snodo fondamentale è Alejandro Agag, genero di Josè Maria
Aznar ed ex-segretario generale del Partito popolare europeo, l´uomo che
sta lavorando con Livolsi per trovare il partner estero per l´assalto al
Corriere. Un po´ il "filo azzurro" politico che lega i protagonisti della
scalata. Agag ? oggi banchiere d´affari ? ha pilotato l´ingresso di Forza
Italia nel Ppe e ha voluto Berlusconi come testimone di nozze in occasione
del suo matrimonio con Ana, figlia dell´ex premier di centro-destra spagnolo.
Un´amicizia che dura, visto che in una telefonata con Ricucci di poche settimane
fa Agag annuncia «un incontro con il Cavaliere a pranzo».
Il fronte estero è completato da Tarak Ben Ammar, contattato da Livolsi per
dare una mano su Rcs. Il produttore cinematografico è legato da anni al presidente
del Consiglio: ha trovato i soci (da Al Waleed a Kirch) che hanno salvato
il collocamento Mediaset nel ´96, tiene i rapporti per il Biscione con Rupert
Murdoch. E il suo asse con il bretone Vincent Bollorè, uomo chiave in Mediobanca
e socio di riferimento di Havas, potrebbe aiutare sia sul fronte editoriale
che su quello bancario.
Un ruolo importante ce l´ha anche Romano Comincioli. Il senatore di Forza
Italia ? fedelissimo del premier (la vulgata vuole dorma a Palazzo Grazioli)
e suo factotum per gli affari meno chiari ? ha fatto da tramite sottobanco
tra Berlusconi e Stefano Ricucci, (che lo chiama Zio Rommi) al cui matrimonio
è stato ospite d´onore. Una parola d´incoraggiamento all´immobiliarista non
l´ha fatta mancare nemmeno Adriano Galliani: «Il gran presidente ti ha fatto
un assist d´oro...».
Ricucci ed Emilio Gnutti sono in effetti i finalizzatori. Magari, come ha
detto il numero uno di Hopa, l´uomo che ha chiesto al premier «una mano su
Rcs», «pensano solo a far soldi e non alla politica». Ma in realtà le loro
spallate per conto terzi sono già riuscite a destabilizzare gli equilibri
di un sistema orfano di Enrico Cuccia. Fininvest, in fondo, ha in cassa quasi
due miliardi da spendere. E se tutti gli uomini del presidente faranno per
bene il loro lavoro per il Biscione sarà più semplice scegliere come impiegare
i suoi soldi. E per il premier, forse, sarà persino più facile digerire l´eventuale
sconfitta elettorale.



IL MESSAGERO
9 agosto 2005
IL RETROSCENA
«Certe scalate le fermerà la magistratura»
Montezemolo sulla spiaggia di Porto Cervo: «Ricucci m?ha detto: ahò, me state
a massacra?»

dal nostro inviato

MARCO CONTI

PORTO CERVO (Olbia) - «La vicenda dell?Antonveneta riguarda al novanta per
cento soltanto i magistrati. Penso poi che la Banca d?Italia di fronte a
quello che sta succedendo sia costretta a ritirare l?autorizzazione. E vedrete
che non mi sbaglio nel dire che se la magistratura va avanti verranno fuori
cose anche su Bnl. D?altra parte gli uomini delle cordate sono gli stessi».
Calzoncini corti, t-shirt, abbronzato, anche se dichiara di essere al suo
primo giorno di mare, Luca Cordero di Montezemolo si fa ?intercettare? sul
piccolo molo dell?hotel Cala di Volpe. «Sono arrivato ieri. Tengo acceso
solo il telefonino della Ferrari».
E? sereno, ma anche un po? affranto il presidente di Confindustria, che in
questa conversazione informale, prova a spiegare a due cronisti lo scontro
in atto. Considerazioni non proprio tenere sui finanzieri d?assalto e su
Ricucci che, sorte del destino, l?altra sera era nel suo stesso albergo:
«L?ho salutato. Era con un signore che non conoscevo e che mi è stato presentato
come Bonifaci. Mi ha detto ?ahò, me state a massacrà?. Gli ho detto ?stai
tranquillo?». All?informale chiacchierata partecipa anche il patron della
?Tecnogym?, che condivide i giudizi del presidente della Fiat. «Ma di chi
stiamo parlando: Briatore! Agag! Ricucci! Vi pare che mentre la produzione
industriale scende, e Standard and Poor?s declassa l?Italia, noi ci stiamo
intrattenendo sulle telefonate di Ricucci. Nessuno si occupa dei problemi
del Paese, e parlo di tutto il mondo politico, salvo forse la Margherita.
Nessuno si accorge che la Fiat quest?anno chiuderà in utile. Di poco ma in
utile».
Sul molo passano le due figlie piccole, pronte per una gita in barca, ma
il presidente della Fiat le fa attendere e continua nel suo ragionamento
spiegando che «questo Paese ha bisogno di industriali veri, che producono.
Ho parlato prima con un signore che produce affettatrici, ha i nostri stessi
problemi: la Cina, l?euro. Io da quando sono in Confindustria sono sempre
stato favorevole ad aprire ai giovani, ma questi non hanno prodotto nulla.
Nemmeno un bottone. Hanno fatto i soldi con i soldi e mentre noi siamo tassati
al 40%, loro pagano il 12,5». Chi sono «questi», Montezemolo lo fa capire,
quando dice di aver sentito Carlo Vanzina che è in vacanza qui a Porto Rotondo
«e mi ha detto che Ricucci assomiglia ad un personaggio dei suoi film». Ricucci
come De Sica o forse Boldi, per colpa della politica e delle Coop che Consorte
ha portato a scalare banche. «Due anni fa si parlò di un interesse delle
Coop per la Fiat. Mi chiamò Umberto Agnelli e mi disse se conoscevo Consorte.
Io sono emiliano, lo conosco Consorte. Ma ricordo anche che le Coop sono
nate per aprire supermercati e centri commerciali, non per fare scalate.
E? per questo che godono di agevolazioni fiscali». E? duro, ma sereno il
presidente di Confindustria quando, affrontando il nodo delle opa su Antonveneta
e Bnl, accenna seppur indirettamente, alla questione morale e ai tormenti
della sinistra. «Stamane ho letto Fassino, (ieri su ?La Stampa? ndr) ma le
dichiarazioni dei Ds sulla faccenda mi sono sembrate debolissime. Certo i
Ds non ne escono bene». «D?Alema sul ?Sole 24 Ore? difende Gnutti e poi si
legge in un?intercettazione che Gnutti va a cena con Berlusconi e gli dice
?attento che qui prende tutto la sinistra?. Invece Fiorani dice di stare
attenti ?al riequilibrio a sinistra?. La verità è che con questa faccenda
stiamo facendo una pessima figura all?estero. L?altro giorno parlavo con
il direttore del ?Financial Times? che mi spiegava che questa vicenda è percepita
peggio di Parmalat. Stavolta - prosegue Montezemolo - si dimostra che in
Italia si possono fare affari solo se si è amici dei politici e di qualcun
altro». Montezemolo si riferisce forse ad Antonio Fazio, ma non c?è tempo
per chiederglielo perché il presidente di Confindustria è distratto da un
elicottero che sfiora l?acqua. «Guardate - dice scuotendo la testa - quello
sarà di qualcuno che ora sulla barca ha anche l?eliporto. Venti anni fa -
aggiunge con rammarico - a Porto Rotondo era tutta un?altra cosa. Mi ricordo
che giocavo a pallone con Gianni Morandi, Monica Vitti. Passeggiavo con Gianni
Agnelli. Era tutto più selvaggio». Ora i ?selvaggi? assediano anche Rcs,
ma Montezemolo si dice tranquillo: «Si parla tanto di difendere l?italianità
del sistema bancario, ma nessuno dice che ?questi? per comprare hanno preso
i soldi da banche estere alle quali non importa se sei Ricucci, Gnutti, Montezemolo,
vogliono solo che gli si riconoscano commissioni altissime. Comprano e vendono
Rcs. Prima o poi faranno l?Opa, ma non sanno che siamo oltre il sessanta
per cento e che nessuno venderà se non al patto». L?intervista di Livolsi
al ?Corriere? ha impressionato molto Montezemolo che non ci va per il sottile:
«Finalmente ha gettato la maschera e si è capito chi c?è dietro. Non so a
quale gruppo estero pensino di appoggiarsi con l?intervento di Agag, ma so
che hanno dato già in pegno alle banche le plusvalenze che intendono realizzare
comprando e vendendo Rcs». «Adesso vi lascio, vado dalle mie figlie e mi
raccomando, tutto riservato».



"HANNO GETTATO LA MASCHERA ORA SI È CAPITO CHI C'È DIETRO"
Da "La Repubblica" di martedì 9 agosto 2005
rassegna.governo.it/dettaglio.asp?d=6664204



LA STAMPA
9 AGOSTO 2005
«La scalata a Rcs? E? legittima ma io non ci sto»
Il finanziere Tarak Ben Ammar assicura: «Il Cavaliere non c?entra Il patto
è solido con quasi il 60 per cento, un?Opa non riuscirà»

MILANO

GLI stranieri che puntano a Rcs? Vorrei sapere anche io chi sono». Tarak
Ben Ammar, produttore cinematografico franco-tunisino, «ma ho appena scoperto
che un antenato da parte di mio nonno era italiano», socio di rango di Mediobanca,
«amico di Berlusconi da 22 anni» e molto, molto altro ancora tra Roma, Milano,
Parigi e Tunisi, è certo uno degli uomini più titolati per esaminare la scalata
alla RcsMediagroup da parte di Stefano Ricucci con l?ausilio dell?ex amministratore
delegato di Fininvest Ubaldo Livolsi, oggi banchiere d?affari, e di altri
soggetti finanziari stranieri non ancora identificati. Ma da socio di Mediobanca,
che ha fra le sue partecipazioni strategiche proprio Rcs, Ben Ammar ha prima
di tutto una certezza: «Nel patto di sindacato nessuno tradirà».


Perché? Siete soddisfatti di come va Rcs?

«Sì, nettamente. Ricordiamoci che c?è stato un grande cambiamento in Rcs
dopo l?uscita di Romiti. E? stato difficile sistemare la situazione ma è
stato fatto bene e oggi noi crediamo nel management della Rcs e nella possibilità
di accrescerne il valore».

Ma Livolsi dice che la scalata continua e la Borsa ne prende atto. C?è un
interesse spagnolo per El Mundo?

«Sono anni che sento dire che gli spagnoli vogliono comprare El Mundo, ma
non penso che alla fine Rcs possa cedere quel giornale con facilità a un
azionista spagnolo solo perché è entrato nel suo capitale. El Mundo è un
gioiello che appartiene alla società».

Lei è vicino a Berlusconi, Livolsi pure. Da qui a pensare che si sia rivolto
anche a lei ci corre poco...

«Guardi, io amo parlare chiaro. Tutte le mie conoscenze, come Vincent Bollorè
(il finanziere bretone che controlla il gruppo pubblicitario-editoriale Havas
ed è anche socio di Mediobanca, ndr) o Rupert Murdoch in questo affare non
c?entrano né ci vogliono entrare. L?ho chiesto io stesso a Murdoch: ?T?interessa
un giornale in Italia??. Lui mi ha risposto: ?Assolutamente no perché la
sensibilità italiana vuole che questi giornali rimangano in mani italiane?.
Noi siamo qui come stranieri per fare finanza e banche, ma non per comprare
un giornale del peso del Corriere, la Repubblica o la Stampa».

Eppure qualcuno è in manovra.

«In questi mesi abbiamo visto banche straniere prestare con facilità soldi
per comprare quote di società quotate in Italia. Non è sbagliato pensare
che Livolsi possa trovare capitali esteri. Ma se un mio cliente mi dicesse
di comprare il Corriere, io - anche senza essere azionista di Mediobanca
- gli direi di non toccare i giornali perché si brucerebbe le mani».

Insomma, Livolsi sbaglia?

«No, non dico questo. E? legittimo e non illegale che il signor Livolsi -
che è un amico che conosco dal 1995, quando ho portato al Waleed in Mediaset,
anche se da allora non ho più lavorato con lui - possa trovare soldi attraverso
un gruppo straniero. E? la libertà del capitalismo».

E a lei non ha mai chiesto soldi o azioni.

«A me non l?ha mai chiesto. Mai Aldo Livolsi mi ha cercato per dirmi: ?T?interessa
il Corriere??. Mai. Ne per conto mio né per conto dei miei soci».

Lei ha un rapporto ottimo con Silvio Berlusconi. Secondo lei l?ombra del
premier si allunga in qualche modo su questo affare?

«Berlusconi, che è un amico da ventidue anni, non ha mai parlato con me di
un tentativo di scalata su Rcs. Si è sempre lamentato che il Corriere - ma
questo lo fa pubblicamente - non è amico del governo. Io non credo minimamente
che Berlusconi possa essere dietro né Ricucci né altri».

Ma Berlusconi ha fatto anche dichiarazioni a favore di Ricucci.

«Ha detto solo che a priori non bisogna fare discriminazioni sui nuovi capitalisti
come Ricucci. Ed è vero, in Italia si discrimina con troppa facilità. Anche
io quando sono arrivato nel vostro Paese a fare il produttore sentivo che
qualcuno diceva: ma da dove viene questo arabo? Chissà come ha fatto i soldi?».

Ma lei Ricucci lo conosce?

«Mai visto».

Ma perché non ha senso, secondo lei, che soci stranieri vadano all?assalto
del Corriere?

«Ha un senso che gli stranieri attacchino Le Monde o Le Figaro in Francia?
Non ho capito, perché i giornali degli altri Paesi sono intoccabili dagli
stranieri e perché dovrebbero essere toccabili quelli italiani? Ben vengano
soci stranieri minoritari, come quelli che sono entrati in Mediaset o sono
nella mia piattaforma SportItalia. Ma guardi cosa è successo in Francia sulla
Danone, che fa latte e non giornali, quando c?era un sospetto di Opa. Sembrava
che stessero rubando la Tour Eiffel!».

L?unico particolare è che la scalata, a quel che dice Livolsi, c?è.

«Per me sarebbe possibile solo se qualcuno nel patto tradisse. Ma io non
credo che nessuna di quelle persone di alta qualità che io ho conosciuto
dentro e fuori Mediobanca tradirebbe vendendo queste azioni. Io non ci credo».

Ma senza parlare di tradimento se arriva un?Opa a otto euro...

«Tutti i soci di Mediobanca considerano la partecipazione in Rcs strategica,
non finanziaria e speculativa. Non siamo pronti a vendere: se Rcs vale di
più, vale di più anche per noi in portafoglio, specie adesso con i nuovi
criteri contabili».

Dunque a Livolsi che direbbe?

«Che è legittimo che ci provi, ma che noi non faremo parte di questo progetto.
Entrare in Rcs contro il patto di sindacato mai. E poi per fare l?Opa gli
azionisti devono vendere. Il patto ha quasi il 60% e non credo voglia vendere.
La probabilità di riuscita è scarsa».

Ma al di là delle dichiarazioni ufficiali il patto Rcs non sarebbe così compatto,
come dimostrano i tentativi di trovare una formula anti-Opa.

«Non mi risulta che il patto sia preoccupato da possibili defezioni. E? facile
pensar male, ma io queste persone le ho conosciute nei tre anni in Mediobanca
e hanno sempre rispettato gli impegni presi. Anzi, se vuole la mia opinione
questo attacco di Ricucci ha ricreato compattezza nel patto, se non c?era
già».

Lei che conosce così bene Berlusconi gli consiglierebbe di dire che non c?entra
nulla con il caso Rcs o pensa che in Italia il dibattito è così avvelenato
che non servirebbe a niente?

«Se lo fa, si dirà che in realtà è interessato; se non lo fa, si continuerà
a pensare male. La verità è anche che in Italia c?è un?ossessione sul ruolo
dei media. Come potete pensare che il patto di sindacato che c?è adesso controlli
il Corriere? La stampa è indipendente e Berlusconi lo sa. Lo dice lui stesso
che ha soltanto Em



L'UNITA'
6 febbraio 2004
VIDEO AMMAR QUANT¹È BBELLO

Di M. Travaglio
Quando Berlusconi è in difficoltà, i
casi sono due. O lo salva l'opposizione,
come tre giorni fa alla Camera sulla Gasparri.
Oppure salta fuori un arabo, à la
carte. Pur convinto della «superiorità della
civiltà occidentale su quella araba», il Cavaliere
degli arabi apprezza almeno un particolare:
i soldi. A caval donato - come diceva
Vittorio Mangano - non si guarda in
bocca. È notizia fresca che il produttore
franco-tunisino Tarak Ben Ammar sbarca
in Italia con due nuovi canali tv: uno analogico
di sport (Sportitalia), l'altro digitale
terrestre (D-Free) con film, notiziari, spettacolo.
Tutto gratis. Tarak, che è anche
molto spiritoso, assicura che il suo vecchio
amico e socio Berlusconi non c'entra: «L'
amicizia è sacra, ma non mi occupo più di
Fininvest né diMediaset.Ora sono un concorrente
». Immaginabile il terrore di Confalonieri
e il panico ad Arcore. I programmi
D-Free li forniranno Canale 5 e Italia 1.
Il responsabile di Sportitalia è Angelo Codignoni,
già direttore de La Cinq (la tv berlusconiana
francese), già padre fondatore
dei club Forza Italia. Grazie al duo Tarak-
Codignoni la favola del digitale terrestre
- pezzo forte del cosiddetto ministro
Gasparri - avrà almeno un appiglio nel
mondo reale, così sarà più facile salvare
Rete4 dal satellite. Ma Berlusconi non c'entra.
Insignito della Legion d'onore daMitterrand
nel 1984, da vent'anni Tarak rappresenta
in Europa il principe saudita Al
Waleed, antico azionista Fininvest e noto
finanziatore del fondamentalismo islamico
tramite l'Arab Bank. Dopo l'11 settembre,
lo sceicco ebbe la pensata di offrire un
obolo al sindaco Rudy Giuliani per la ricostruzione
delle Due Torri. Giuliani rifiutò
l'assegno, trovando curioso che un possibile
amico di chi le aveva abbattute s'impegnasse
a rimetterle in piedi. Per conto di Al
Waleed, Tarak è stato per anni nel Cda di
Mediaset. Ne è uscito qualche mese fa per
accomodarsi in quello di Mediobanca. E,
visto che «l'amicizia è sacra», si è gettato
più volte al salvamento dell'amico Silvio.
Soprattutto una.
Siamo a fine '95. Il pool di Milano
scopre il vero proprietario della misteriosa
società off-shore All Iberian, con sede nelle
Isole del Canale, da cui patì unmazzettone
di 15 miliardi finito sul conto svizzero Northern
Holding di Bettino Craxi. Il proprietario
è il cavalier Berlusconi, che naturalmente
giura e sempre giurerà di non averla
mai sentita nominare. All'epoca il «riformismo
» all'italiana è di là da venire, e pagare
tangenti a Craxi è ancora considerato
poco igienico. Il Cavaliere spiega che è tutto
un equivoco: «Massima trasparenza. È
una delle tante transazioni commerciali di
un gruppo che opera nel cinema e nella tv
a livello internazionale. Il nostro settore
esteri ci ha confermato che la nostra Principal
Communication pagò 15 miliardi all'
olandese Accent Investment del produttore
Tarak Ben Ammar per la commercializzazione
di diritti televisivi e cinematografici
in Francia per 100 miliardi. Il contratto
era seguito da All Iberian, che non appartiene
a Fininvest e che, dovendo procedere
al pagamento, chiese alla Accent di indicarle
un conto». Tarak avrebbe indicato quello
di uno studio legale «usato anche da
altre persone». Compreso Craxi. Così, per
puro caso, i 15 miliardi finirono a Bettino.
Un semplice disguido. La versione di Silvio,
rilanciata a reti unificate, convince gli
italiani che il pool di Milano ha imbastito
l'ennesimo complotto politico. Tanto più
che il 24 novembre '95, con cronometrico
tempismo, il Tg5 dell'«indipendente» Enrico
Mentana mette a segno uno scoop sensazionale:
riesce a scovare e a intervistare,
collegato da Parigi, Tarak Ben Ammar. Il
quale conferma puntualmente le parole
del Cavaliere: a indicare il conto fu un
avvocato iracheno legato all'Olp, Zuhair al
Kateeb, che lavorava anche per Craxi e che
poi dirottò i 15 miliardi ai palestinesi di
Arafat. Craxi, pover'uomo, non vide una
lira.
Purtroppo, più volte convocato dal
Tribunale di Milano per ripetere il suo
fiabesco racconto al processo All Iberian,
Tarak si guarda bene dal presentarsi. Purtroppo
l'Olp smentisce di aver mai visto
quei soldi. Purtroppo Zuhair al Kateeb nega
di averne mai saputo nulla. E purtroppo
i revisori dei conti Arthur Andersen,
che sanno tutto dei conti del Biscione, testimoniano
di non essersi mai imbattuti nel
fantomatico accordo Fininvest-Tarak per i
diritti in Francia. Così Berlusconi e Craxi
vengono condannati in primo grado per
finanziamento illeciti. In appello li salva la
prescrizione. La Cassazione, nel 1999, sbugiarda
definitivamente il Cavaliere e l'amico
Tarak: «Le operazioni societarie e finanziarie
prodromiche ai finanziamenti estero
su estero dal conto All Iberian al conto
Northern Holding furono realizzate in Italia
dal gruppo Fininvest Spa con il rilevante
concorso di Berlusconi quale proprietario
e presidente».
Ultimo particolare: pochi mesi dopo
l'intervista-scoop al Tg5, Tarak Ben Ammar
entra trionfalmente nel CdaMediaset.
L'amicizia è sacra.

INES TABUSSO