00 22/03/2007 13:11
La motivazione

Come abbiamo appena detto volte, girare in circuito e' bestialmente divertente. Quando dico bestialmente divertente intendo questo: se la domenica andate con gli amici a fare delle sgroppate in montagna, e vi ingarellate, e guidate al vostro limite, normalmente vi divertite un sacco. Ma vi garantisco che se non avete provato la pista, non avete neanche idea di cosa vogliano dire le tre paroline sport, passione, adrenalina.
A parte le ovvie e sacrosante considerazioni sulla sicurezza, chiunque frequenta regolarmente i circuiti vi dira' che il piacere della guida sportiva su strada viene letteralmente polverizzato dal godimento, appunto, "bestiale", della ricerca del proprio limite in pista. Meditate, gente, meditate...

La moto

Qualsiasi.
Sarei tentato di finire il paragrafo qui, perche' davvero c'e' poco altro da dire. Con l'eccezione delle Harley Davidson e di altre custom assortite, e forse degli autobus da gran turismo tipo Gold Wing, qualsiasi moto adatta all'uso stradale va benissimo per divertirsi in pista. Mi diverto sempre a vedere race replica stargate da 130-140 cavalli avere filo da torcere dai Monster o dai supertmotard... Cio' significa che prima di apprezzare la differenza in termini di prestazioni tra un modello e l'altro, bisogna superare il gigantesco divario tecnico tra un pilota e l'altro. Torneremo comunque piu' avanti su questo argomento.
Quindi, se avete una VFR 750 ed avete voglia di pista, non pensate a cambiare moto. Pensate invece ad investire in qualche giornata in circuito in piu', e, soprattutto, in un corso di guida. Poi, quando sarete diventati bravi, penserete a qualcosa di piu' sportivo.

Gomme e regolazioni

Vale lo stesso discorso.
Tutti noi "drogati" dei circuiti vogliamo le gomme slick e discutiamo per ore di regolazione delle sospensioni. E' una realta', e c'e' poco da dire. Credere di avere un mezzo tecnico straordinario, si parli di moto o di macchine fotografiche, fa parte del piacere del proprio hobby.
Ma, se non siete ancora precipitati del tunnel ed avete ancora un po' di buon senso, fermi la'! Ad un corso di guida, Alex Vieira, vincitore di due 24 ore di Le Mans, tuonava: "Finche' non siete ad almeno 10 secondi, meglio 5, dai tempi di riferimento del circuito, toccare le sospensioni non serve assolutamente a niente". Vi garantisco che per un principiante arrivare a 10 secondi da un tempo considerato "buono" su un dato circuito, ci vogliono sangue, sudore e lacrime.
Quindi, specie se gia' avete una moto sportiva, lasciate tutto come sta - le regolazioni della casa andranno benissimo. Per quanto riguarda poi le gomme, datevi un'occhiata a qualsiasi numero di SuperWheels, e ricordatevi che le pieghe disumane che vedete fotografate sono TUTTE fatte con pneumatici regolarmente di serie. Di nuovo, meditate, gente, meditate.

Equipaggiamento

Su casco, tuta e guanti, invece, non si transige.
La tuta in pelle, come gli stivali, sono obbligatori per avere accesso ai circuiti. Un modello di tuta "spezzato" (giacca e pantaloni uniti da una solida cerniera) va benissimo e vi permettera' anche un utilizzo per turismo. Da evitare invece sono giacca e pantaloni separati.
Se la vostra tuta non ha uno scudo "ninja" per proteggere la schiena, ricordatevi di indossarne uno sopra la t-shirt. E vi consiglio caldamente di non risparmiare sui guanti. Grossi, con protezioni in carbonio e chiodi sul palmo per facilitare un eventuale scivolamento sull'asfalto.

Pronti? Via!

Eccoci qua, motivati ed adeguatamente equipaggiati.
Ma come si fa ad avere accesso ai circuiti? Quello che la stragrande maggioranza degli appassionati fa e' di appoggiarsi ad una delle organizzazioni che, per l'appunto, organizzano giornate in circuito.
Gli organizzatori contattano il circuito e lo affittano per uno o piu' giorni, pagando in anticipo il costo della pista, dei commissari di percorso, del personale sanitario di assistenza. Poi suddividono il periodo in turni, e vendono i turni agli appassionati. Tipicamente, ci sono turni da 15, 20, 30 e 40 minuti, a seconda della lunghezza del circuito, oppure si puo' acquistare una mezza giornata o una giornata intera. Per inciso, sappiate che un turno da 20 minuti e' massacrante dal punto di vista fisico.
Anche quando si prende una mezza giornata, e' raro girare per piu' di 20 minuti senza fermarsi a riposare. Il meccanismo dei turni funziona da anni, e' ben oliato ed e' l'ideale per chi comincia. Gli organizzatori fanno in modo che ogni turno abbia un numero massimo di partecipanti adatto al circuito (da 20 per i circuiti corti a 50 per i circuiti da 5 km e piu'), in modo che tutti possano godere della pista senza affollamenti. Ricordate pero' che i turni piu' brevi possono essere penalizzati nel caso qualcuno cada e la pista venga chiusa per qualche minuto.

I corsi di guida

Ripeto quello che ho detto nelle note introduttive: "Meglio si guida e piu' si gode". E c'e' un metodo per migliorare molto rapidamente: i corsi di guida sportiva che molte organizzazioni tengono regolarmente su praticamente tutti i circuiti. "
A parte le iniziative programmate da InPista, vale certamente la pena di dare un' occhiata alla sezione organizzatori di questo manuale e rendersi conto dell'ampia offerta disponibile in questo senso.



La prima cosa da fare è decidere quando andare e quindi trovare tra le date presenti in calendario un evento adatto alle nostre esigenze. Questa decisione va presa con circa un mese di anticipo visto la scarsità dell'offerta rispetto alla richiesta. Anche trovare l'evento adatto alle nostre esigenze, se è la prima volta che andate in circuito, non appare sempre cosa facile. Quali sono in proposito i nostri consigli?
In primis sarebbe utile fare un corso di guida. Direte: <>. L'investimento in un corso di guida è la cosa più utile che può fare un motociclista, di qualsiasi livello ed esperienza sia. Anche nella guida sulle normali strade quanto apprenderete in circuito potrà esservi sempre molto utile, ma la cosa più importante è che uno specialista vi accompagnerà per la prima volta in un ambiente a voi sconosciuto: la pista. L'altra cosa da fare è organizzarsi con qualche amico o amica in modo da andarci insieme. Oltre che maggiore divertimento sarà utile per qualsiasi imprevisto.
Fissata la data sul calendario sorge il dubbio su come dovrò preparare la moto e/o a cosa dovrà fare attenzione prima di portala in pista. Vi elenco a titolo esemplificativo e non esaustivo quali sono le cose principali da fare. Prima cosa è verificare l'efficienza meccanica facendo particolare attenzione al livello e freschezza del lubrificante e del liquido di raffreddamento, allo stato della catena (usura, tensione e soprattutto lubrificazione), all'efficienza del sistema frenante (consumo pastiglie – se siete nel dubbio, soprattutto quelle anteriori, sostituitele e rodatele prima della pista – e del liquido del pompante), efficienza della forcella ed ammortizzatore posteriore. A tal riguardo vi consiglio di non toccare le regolazioni salvo che a farlo sia un tecnico. Si tende spesso a pensare che basta irrigidire il tutto ed anche se concettualmente può avere un suo fondamento, bisogna saperlo fare e inoltre è necessario abituarsi al nuovo assetto (no buono per la prima volta in pista). Le gomme sono un capitolo a parte. È essenziale avere ottimi pneumatici e adatti all'uso. Esistono oggi in commercio pneumatici omologati all'uso stradale che hanno ottime performance in circuito. Le gomme per chi ha questa passione saranno uno dei maggiori investimenti (350/400€ per ogni treno – e si consumano che è un piacere). Attenzione però: le mescole che vengono usate per questi pneumatici hanno una particolarità: fanno fatica ad entrare in temperatura e quindi i primi due giri in circuito sono molto scivolose così come lo sono nell'uso quotidiano su strada. Concludo informandovi che le gomme si scaldano con brusche accellarate e brusche frenate, zigzagare serve, ma molto meno. Quindi:gomme, freni, olio, liquido refrigerante e catena. Sarà opportuno inoltre, prima dell'ingresso in circuito: togliere gli specchietti retrovisori (disturbano la visuale e distraggono – in circuito non dovete preoccuparvi di chi vi segue ma guardare solo in avanti e fare la vostra traiettoria), eliminare le freccie se troppo sporgenti, possibilmente mettere del robusto nastro adesivo sul faro anteriore e posteriore. Vi consiglio inoltre di coprire con il nastro il contachilometri (eviterete di preoccuparvi della velocità a cui andate ed andrete solo per quello che è il vostro limite percepito). Inutile dire che è molto sconsigliato andare in pista con piastre portavalige ed altri accessori inutili.
Tutto questo serve per rendere la vostra moto più racing ma soprattutto a togliere peso inutile ed evitare in caso di scivolata di fare danni inutili. Un accorgimento non indispensabile ma molto utile è mettere dei tamponi in teflon o plastica sulle fiancate della moto. Proteggono molto in caso di caduta ed il vostro meccanico potrà montarle, ancorate al telaio, con una spesa modesta.
È arrivato il giorno fatidico, come andarci? Consiglio sempre di andarci caricando la moto su un carrello o su un furgone. Eviterete di stancarvi inutilmente per avvicinarvi alla pista e soprattutto avrete modo di tornare a casa in caso si verifichi qualche inconveniente (ricordatevi che vi basta rompere una leva per non riuscire a tornare a casa). Inoltre girare in pista è estremamente faticoso quindi non sprechiamo risorse inutili. Generalmente è consigliabile fare il viaggio la sera prima e dormire nei pressi del circuito (peraltro un po' di cameratismo la sera prima, senza esagerare con cibo ed alcolici, è sempre molto divertente).
Cosa mi porto dietro? Facciamo la lista della spesa:
1. vestiario
• tuta in pelle con saponette;
• stivali;
• casco integrale;
• guanti in pelle;
• paraschiena (dorsale in plastica tipo ninja);
• magliette di ricambio (soprattutto nei periodi caldi);
• calze di ricambio;
• costume da bagno, asciugamano e ciabattine da spiaggia (dopo una giornata in pista con la tuta addosso la doccia è salutare).
2. accessori e ricambi
• tanica (piena) per la benzina;
• set di chiavi;
• set di brugole;
• giraviti vari;
• pinze;
• lubrificanti;
• fascette plastiche;
• nastro adesivo (quello grigio ad alta tenuta);
• leve (freno anteriore e frizione) di ricambio;
• stracci e rotoli di carta;
• qualche prodotto per la pulizia della moto (perché lasciarla sporca in questa grande giornata);
• cinghie di ricambio per il fissaggio su carrello o nel furgone.
3. futilità
• una sedia o meglio una sdraio;
• cappellino;
• cronometro;
• manometro per la misurazione della pressione dei pneumatici;
• la classica ragazza dei box dotata di ombrellino, bevanda energetica ed adeguatamente abbigliata (completino in tinta con la moto).
I supertecnici vi diranno che il ginocchio per terra e' una misura, un punto di riferimento. Tutti gli altri vi diranno che e' un mito. Allora, cominciamo dal mito.
Quasi ogni volta che si va in circuito c'e' qualcuno che comincia, e per chi comincia la prima grattata e' sempre un momento da celebrare. Dopo mesi, magari anni passati a guardare pieghe da nausea sulle riviste, finalmente arriva il momento di andare di manetta, tirare fuori il sedere e guadagnarsi questa specie di diploma che e' la prima scalfittura sulle saponette. Alcuni ci riescono subito, altri ci mettono un po ' di piu', ma immancabilmente, appena toccato per la prima volta, si rientra ai box per condividere con gli amici la gioia per il risultato raggiunto, per sentirsi finalmente parte di una specie di club esclusivo.
Abbracci, pacche sulle spalle - una scena tipica, che fa sorridere solo chi non l'ha mai provato in prima persona. Poi si torna fuori, se ne vuole di piu'. Bisogna confermarsi, toccare dall'altra parte (c'e' sempre un parte piu' facile...), poi toccare nelle curve man mano piu' veloci, poi toccare con la punta del piede e poi... Poi sembra che non ci sia mai fine. Ricordo un amico, pilota da anni con un sacco di esperienza, rientrare ai box, togliersi il casco e con gli occhi lucidi farci vedere una bella abrasione sulla pancia della sua Aprilia: abbracci e pacche sulle spalle, come se fosse la prima volta!
E io, che di esperienza ne ho molta di meno, mi ritrovo a volte a fare traiettorie pessime solo per il gusto di prolungare il contatto del ginocchio sull'asfalto, sentire piu' a lungo quella vibrazione magica...
Bando alle ciancie ora, discutiamo un po' di tecnica
La differenza piu' evidente tra la guida su strada, anche sportiva, e la guida al limite in circuito sta nell'entita' dello spostamento del corpo sulla sella. Anche chi non ha mai guidato in pista, quando ci si impegna su una strada di montagna tutta curve, finisce, un po' per istinto e un po' per imitazione delle foto viste sui giornali, per spostare il busto all'interno della curva. Molti arrivano anche a spostarsi effettivamente sulla sella ed ad aprire il ginocchio interno.
Ci si rende cosi' conto che, a parita' di velocita', si puo' inclinare di meno la moto, e, quello che molto piu' importante, si puo' percorrere una curva con la stessa inclinazione ma a velocita' parecchio piu' sostenuta. Questo dipende dal fatto che il baricentro del complesso moto-pilota (il baricentro e' definito come il punto di applicazione della forza peso) si sposta all'interno, e questo spostamento controbilancia in maniera piu' efficace la forza centrifuga, che, combinata con l'attrito dei pneumatici dull'asfalto, tende a fare rovesciare moto e pilota verso l'esterno della curva. Quello di cui non ci si rende conto, pero', e che non si e' MAI spostati abbastanza.
Mi spiego: normalmente, quando si gira in circuito le prime volte, non si fa che esagerare i movimenti appresi nella guida sportiva su strada. Si crede di avere il sedere completamente fuori dalla sella e di avere la gamba interna alla curva aperta a 90 gradi. Beh, nella stragrande maggioranza dei casi non e' vero.
Cosi' puo' succedere, come e' capitato a me all'inizio, di raggiungere inclinazioni davvero maiuscole, arrivando a strisciare generosamente le pedane, SENZA toccare con il ginocchio e con conseguenze pessime per la sicurezza e per l'efficacia della condotta in curva.
Quindi, bisogna spostarsi di piu' e meglio. Ci vuole un sacco di tempo per farlo davvero bene, e mi sembra che solo i piloti professionisti non abbiano piu' nulla da imparare in questo senso. Andiamo allora con un paio di consigli che vi permetteranno di migliorare molto in fretta.
Innanzitutto bisogna curare la posizione del piede sulla pedana, assolutamente primordiale per aprire la gamba come si deve. Molti - io compreso - credono all'inizio di sbagliare il movimento di apertura, di essere semplicemente pigri o di avere la tuta troppo stretta (non sto scherzando: qualcuno all'inizio mi ha detto "se non apri abbastanza e' perche' hai la tuta in due pezzi, con la tuta intera non avresti problemi...").
Invece e ' tutta questione di piede. Quando guidiamo in rettilineo, abbiamo normalmente il piede appoggiato sulla pedana con la punta che guarda in avanti. L'errore che quasi tutti commettiamo all'inizio e' quello di cercare di portare all'esterno il ginocchio mantenendo il piede con la punta in avanti.
Per aprire bene, ci insegnano i professionisti, la prima cosa da fare e', prima dell'inserimento in curva, spostare il piede interno in modo da avere la punta della pedana esattamente nell'incavo tra alluce e secondo dito del piede. A questo punto, portando il ginocchio all'esterno il piede subisce un movimento di rotazione SENZA torcersi. Si finisce cosi' con la punta del piede che guarda in basso, e la gamba libera di aprirsi come si deve. Altro che tuta stretta...
Per quanto poi riguarda il movimento del posteriore, gli esperti ci fanno notare che non e' mai e poi mai e poi mai abbastanza accentuato. Ancora una volta, all'inizio sembra di essere letteralmente 'appesi' alla moto, poi si guardano le foto o i filmati fatti dagli amici, e ci si rende conto che in realta' ci si e' mossi appena. La posizione giusta e' quella che ci vede davvero 'appesi', tenedoci al serbatotio con l'incavo del ginocchio e del gomito esterni, e ALMENO con tutta la natica interna fuori dalla sella. Di fatto, la posizione migliore ci vede appoggiati alla sella con la coscia, e
praticamente TUTTO il sedere fuori.
Inoltre, ricordatevi di queste due regole d'oro:
1) L'esperienza mostra che i principianti arrivano a spostarsi col corpo abbastanza in fretta. Quello che spesso fa difetto, e che e' particolarmente difficile da correggere e' la posizione della testa. La testa non deve stare in linea con la moto, ma, visto che siamo 'appesi' all'interno, il casco deve cercare di essere in linea col retrovisore interno.
2) Il movimento del corpo e' di traslazione verso l'interno della curva e NON di rotazione attorno alla moto.
Durante tutta la fase in cui hai il ginocchio per terra in curva - ti spiegano gli esperti - sai che la moto e' piegata ad un certo angolo, sempre lo stesso, e sai quello che puoi o non puoi fare. Puoi, per esempio, piegare di piu', ma di questo parleremo piu' avanti. NON puoi, invece, frenare o accelerare a fondo.
Ma come - diranno alcuni - frenare in curva? Certo. In vari circuiti si incontrano punti molto tecnici dove bisogna frenare a fondo a moto piegata. Il trasferimento di massa verso la ruota anteriore che avviene in frenata, combinato con l'aderenza spettacolare delle gomme di oggi, permette di farlo in tutta sicurezza, MA - ed e' un ma molto importante - soltanto se non si e' piegati oltre un certo angolo. Come abbiamo detto, e' il ginocchio a dirti se puoi frenare a fondo o no.
Facciamo un esempio. Immaginiamo di essere in una curva doppia, cioe' una curva lunga, con due raggi di curvatura differenti. Immaginiamo che la prima parte della curva sia piu' larga e quindi piu' veloce, e che la seconda 'stringa' e ci obblighi quindi a frenare prima di buttarci verso verso la corda. Allora, all'uscita della prima curva dobbiamo raddrizzare la moto per dare un bel colpo di freni (e magari per scalare una marcia).
Il momento in cui stacchiamo il ginocchio da terra e' il segnale che possiamo pizzicare a fondo l'anteriore, pur tenendo la moto ben piegata nel raccordo tra le due curve. E, appena finito di frenare, giu' di nuovo, ginocchio a terra come riferimento per la prossima traiettoria.
Parliamo ora di accelerazione. Chiedete a chiunque - anche ai molto esperti - e tutti vi diranno che, in fondo in fondo, la paura di cadere e' paura che la moto ti scivoli via mentre sei piegato, specialmente che ti scappi l'anteriore in inserimento. E invece questo, che e' gia' un evento raro tra i marziani del motomondiale, non accade praticamente mai nella guida al limite che fanno le persone normali.
La maggior parte delle 'tome' in circuito accadono perche' si accelera troppo presto e/o troppo violentemente in uscita dalle curve, specie quando i pneumatici non sono ancora ben caldi. 'Troppo presto' significa con la moto ancora troppo piegata e 'troppo violentemente' significa spalancando il gas senza ritegno. E, una volta di piu', e' il ginocchio che ci da il segnale.
Prima di proseguire, mettiamoci d'accordo su una definizione di importanza capitale. Il 'punto di corda' di una curva e' il punto passato il quale cominciamo a raddrizzare la moto. Chiudete gli occhi, concentratevi e visualizzate una curva che conoscete bene. Pensate a nel dettaglio a tutti i movimenti, e vi renderete conto che c'e un punto in cui la curva non e' finita, in cui siete ancora belli piegati e lo rimarrete ancora per un po', ma in cui piu' o meno percettibilmente cominciate a tirare su la moto. Quello e' il punto di corda, e la sua posizione in una curva varia a seconda della traiettoria che fate. Quindi, c'e' un 'punto di corda ideale' che corrisponde alla migliore traiettoria, ma non esiste un punto di corda fisso in quanto caratteristica geometrica di una curva.
Allora, tornando a noi, spalancare il gas appena passato il punto di corda e' una ricetta perfetta per mettersi la moto per cappello. Il momento giusto, invece, per cominciare ad accelerare e' quello in cui abbiamo raddrizzato abbastanza da aver staccato il ginocchio da terra.
E SEMPRE ricordarsi di accelerare gradualmente, arrivando a spalancare solo quando la moto e' praticamente dritta.

Parlare delle traiettorie in generale e' come parlare delle donne (o degli uomini) in generale. Serve a poco o niente. Ogni curva di ogni circuito e' diversa, e la traiettoria ideale per percorrerla e' diversa a seconda della moto, del pilota, dell'ora del giorno o della stagione dell'anno (con la temperatura cambia radicalmente il grip...) e di chissa' quanti altri fattori.
Quindi, in queste note introduttive non possiamo che descrivere alcuni concetti universali che speriamo aiutino chi ha esperienza di guida sportiva su strada e si appresta a cominciare in circuito.
Quando guidiamo sulla nostra tipica strada di montagna, ci sembra che quello che serve per andare veloci sia la velocita' di percorrenza in curva. Tutti - pensiamo - sono capaci di andare forte sul dritto: se voglio andare piu' forte devo passare piu' velocemente in curva, e - in generale - devo piegare di piu'.
Cosi', molto spesso, stiamo nel bel mezzo della nostra carreggiata, "arrotondando'' le curve e cercando di piegare da maledetti. Inevitabilmente, quando si scende in pista per la prima volta, si tende a guidare nello stesso modo. E ci si incazza. Nel senso che, in sella al nostro mostro da 150 cavalli, ci vediamo ''infilare'' all'esterno, all'interno, dappertutto, da moto 10 anni piu' vecchie, con la meta' o un terzo dei cavalli, che scompaiono alla nostra vista in pochi secondi.
Niente paura - come hanno imparato loro possiamo imparare noi. Ma, per cominciare, bisogna stravolgere tutti i concetti e le abitudini che si sono apprese in anni di guida su strada.
Comiciamo con un altro principio assolutamente fondamentale, da cui possiamo derivare tutta la ''legge generale delle traiettorie'' :
Il ''tempo'' in circuito si fa in rettilineo.
Ma come? Per tanti anni ho cercato di andare forte in curva, e adesso mi dite che il ''tempo'' si fa andando forte sul dritto? Si, signore.
Ci segua un attimo nel ragionamento e capira' subito. Guardate la pianta di qualsiasi circuito e fate un calcolo approssimativo di quanta ''strada'' si fa in curva e di quanta se ne fa in rettilineo.
Vi renderete conto che si passa molto, molto piu' tempo sul dritto. Per di piu', sul dritto si puo' andare forte quanto ce lo concede la moto, senza doversi preoccupare di baricentro, grip e forza centrifuga.
A questo punto, precisiamo il concetto di velocita' sul dritto :
Andare forte in rettilineo significa avere la velocita' media piu' alta possibile.
La velocita' media di percorrenza di un rettilineo sara' tanto maggiore quanto piu' in fretta raggiungeremo la velocita' massima e quanto piu' a lungo risuciremo a mantenerla. Vale a dire accelerare presto e frenare tardi. Ecco quindi che abbiamo gli elementi fondamentali per formulare la ''legge generale delle traiettorie'' :
Nella stragrande maggioranza delle curve, la traiettoria ideale e' quella che ci permette di frenare piu' tardi in entrata e di accelerare prima in uscita.
Quindi inutile, specie all'inizio, sforzarsi di passare velocissimi in curva.
Si finisce per fare delle traiettorie strampalate e molto meno efficaci. E, come si diceva piu' sopra, ci si incazza.
Quando tiriamo la leva del freno, possono succedere un mucchio di cose. A volte ci si ferma troppo presto. A volte, ehm..., troppo tardi. Possiamo sollevare la ruota di dietro nelle frenate al limite, con il coltello tra i denti, oppure possiamo scivolare o addirittura fare un dritto perche' la ruota davanti ci si e' bloccata. Allora, cosa c'e' di tanto speciale in quella leva, croce e delizia del motociclista sportivo?
Tecnicamente parlando, i freni sono roba vecchia. La tecnologia non e' cambiata molto dai tempi delle ruote di legno. Invece, e' stato fatto un sacco di lavoro per far lavorare meglio questi dispositivi, in realta' abbastanza semplici. In particolare, si e' cercato di fare in modo che i freni abbiano la stessa resa in tutte le condizioni (temperatura, usura, bagnato, eccetera). Una volta abituati alla frenata su un certo tipo di moto, vogliamo essere sicuri che se tiriamo la leva con una certa forza avremo, in linea di massima, sempre lo stesso effetto frenante.
Quindi, quello che fa una grossa differenza e' il pilota e, in questo senso, la guida stradale - anche sportiva - e quella in circuito sono due mondi a parte.
Su strada, anche se siamo infoiati, "pensiamo" la frenata in anticipo, la programmiamo: chiudiamo l'acceleratore progressivamente, poi, sempre progressivamente, cominciamo a pinzare l'anteriore e spesso aggiungiamo un po' di posteriore per equilibrare la frenata. E' stato dimostrato che su strada si usa molto raramente piu' del 70% della potenza frenante della moto.
Un pilota con grande esperienza di circuito, invece, chiude il gas a fulmine e immediatamente applica la massima potenza sul freno anteriore. Qui non c'e' tempo per godersi le gioie della frenata stradale: la frenata al limite in circuito e' una questione violenta, faticosa, ma anche esilarante. Lo scopo e' passare dalla velocita' massima alla velocita' giusta di ingresso in curva nel minore tempo possibile - punto e basta.
L'unico modo per trasformarsi da frenatore stradale in frenatore da circuito e' la pratica. Bisogna mettersi d'impegno e concentrarsi solo su quello per un po' di tempo. Per qualche turno in circuito, lascia stare le traiettorie e pensa solo ad ottimizzare la staccata, ad "automatizzare" il comportamento di chiudere in frettissima e dare subito piena potenza ai freni.
Attenzione, cerca di fare piccoli progressi per volta, fallo solo sul dritto e, se vedi che stai perdendo il controllo della situazione, piuttosto fai un dritto sullo spazio di fuga che impostare la curva in malo modo (ecco a cosa servono i circuiti).
Analizziamo allora alcuni aspetti specifici della frenata, e di come possiamo migliorare il nostro comportamento per essere piu' efficaci.
Innanzitutto vediamo come cosa fare dal punto di vista "fisico", cioe' con il nostro corpo. Gli istruttori di guida sportiva insistono che bisogna essere in posizione "da curva" PRIMA di iniziare la frenata, e se fate mente locale a quello che si vede in televisione durante le gare del motomondiale, vi accorgerete che questo e' proprio quello che i professionisti fanno.
Quindi, al momento della staccata, la prima azione che dobbiamo fare e' quella di spostarci velocemente sulla sella ed aprire la gamba interna, ricordandoci di fare ruotare il piede attorno alla punta della pedana, come ho scritto in uno dei primi capitoli. Quando siamo gia' in posizione, possiamo partire con la frenata a fondo di cui parlavamo la volta precedente.
Questa sequenza di azioni (spostamento del corpo+frenata), che deve avvenire in modo molto rapido, ha due conseguenze:
1) ci permette di concentraci sulla frenata e di non sbilanciare ulteriormente la moto con uno spostamento di peso laterale "mentre" si sta frenando;
2) visto che non possiamo stringere il serbatoio con le gambe, ci obbliga a concentrare tutta la forza di opposizione alla decelerazione solo sulle braccia.
Questo, per quanto mi riguarda, e' lo sforzo maggiore della guida in circuito. Sara' forse perche' allenare le gambe e' piu' facile, o viene piu' spontaneo, ma mi sembra che il vero responsabile dello "sfinimento di fine turno" sia il ripetuto sforzo sulle braccia per contrastare le frenate al limite.
Ancora una parola sul movimento del corpo. Visto che durante la frenata si ha un violento trasferimento di massa sull' anteriore, se si riesce sarebbe bene, durante la fase di spostamento all' interno, arretrare anche un poco sulla sella. Spostare un po' di massa verso il posteriore serve per limitare saltellamenti e perdite di aderenza.
Ora parliamo dell'annosissimo problema dell'uso del freno posteriore nelle frenate al limite.
Io non uso MAI il freno dietro. Mi rendo conto che la maggior parte dei professionisti di alto livello usano una combinazione dell'anteriore e del posteriore, ma e' proprio per questo che sono di alto livello... Oltretutto, piuttosto che infrenata, il freno posteriore viene utilizzato principalmente durante la precorrenza della curva, per assettare la moto in combinazione con l'acceleratore.
Io preferisco concentrarmi su tutto il resto, e usare solo l' anteriore, e cosi' mi pare faccia la maggior parte delle persone normali. Per di piu', i dati strumentali sugli spazi di arresto non sembrano giustificare l'uso dei due freni. Guardate un po' i risultati di un test fatto da una rivista americana:
REAR BRAKE ONLY: 289 FEET
FRONT BRAKE ONLY: 151 FEET
BOTH BRAKES: 146 FEET
Cioe': la differenza tra il potere frenante dell'anteriore da solo e quello del posteriore da solo e' abissale - lo spazio di frenata praticamente si dimezza. MA aggiungere il posteriore migliora le cose di un'inezia.
Non so voi, ma quando vedo come guida McCoy a me viene nausea. Come diavolo fa a essere di traverso per piu' della meta' del tempo di gara? Passi per le scodate in staccata, ma lui e' sempre, regolarmente in derapata ogni volta che esce da una curva. Certamente anche tutti gli altri "sgommano" alla grande, ma il piccolo McCoy intraversa letteralmente la moto. E tiene aperto, E non cade.
E allora, mi sono un po' stupito, una volta a Varano, quando l'Aprilia di Magnesio che guidavo per l'occasione mi e' partita di traverso un paio di volte all'uscita della orribile variante che ha sostituito la "Ickx". Stupito perche' non ci sono abituato (io di solito "circolo" con 30 cavalli di meno...), e stupito perche' non mi si e' fermato il cuore dalla paura, come avrei immaginato.
Cosi' mi e' venuta voglia di guardarmi in giro e vedere cosa si dice e si scrive al riguardo della trazione...
In pista abbiamo a che fare con tre tipi di sliding (to slide ="scivolare, perdere di aderenza"):
1) La ruota posteriore perde di aderenza in accelerazione e la moto parte in sovrasterzo;
2) La ruota anteriore perde di aderenza, senza che quella posteriore si muova: la moto parte in sottosterzo;
3) Tutt'e due le ruote scivolano sull'asfalto, e la tutta la moto slitta verso l'esterno della curva.
Queste cose succedono quando si e' troppo veloci in entrata o in percorrenza della curva oppure quando, dando gas, si eccedono i limiti di tenuta del pneumatico.
In particolare, mi hanno spiegato, quando diamo gas avviene un trasferimento di massa verso il posteriore, quindi il pneumatico si appiattisce un pochino ed abbiamo piu' superficie di gomma a contatto con l'asfalto. Piu' forte acceleriamo, piu' il pneumatico si appiattisce e meglio tiene. Fino ad un certo punto... Quando il posteriore comincia a perdere di aderenza sotto l'effetto dei cavalli del motore, il pneumatico si scalda rapidamente, e, passato un certo limite perde di colpo quasi tutto il grip. Situazione classica: intraversamento della moto, paura, chiusura del gas, ripresa repentina di aderenza. Sbam! Naso per terra.
Quello che i super-manici suggeriscono e' che, quando si va veramente forte, una certa perdita del posteriore e' inevitabile, anzi salutare! Una volta resosi conto (come me a Varano) che perdere aderenza con il posteriore non significa necessariamente cadere, bisogna non andare all'eccesso opposto e fare della derapata un fine in se stessa. Tutto sta, spiegano, nell'imparare a dosare l'acceleratore e, sopratutto, nell'affinare la sensibilita' alla perdita di aderenza.
E qui ho un altro piccolo consiglio personale, non da super-manico, ma da persona normale e normalmente timorosa... Per imparare cosa vuol dire scivolare, qual'e' la sensazione fisica che si prova quando la moto "parte", senza bisogno di rischiare il collo a velocita' pazzesche, io ho trovato molto utile girare in pista col bagnato. Girare molto, molto piano e molto gradatamente aumentare l'andatura. Dosare gentilmente il gas in uscita dalle curve e "assorbire" le sensazioni che ci passa la moto. Saremo cosi' piu' preparati, se lo vorremo, per cercare di gestire il vero sovrasterzo di potenza. E comunque il nostro bagaglio di esperienza sara' accresciuto.

In questo capitolo vorrei fare una bella chiaccherata sul nostro comportamento generale in pista, e su cosa fare per migliorarlo e guadagnare in sicurezza ed in velocita'.
Vorrei cominciare a parlare dell'attenzione, ed introdurre un concetto che ci tornera' utile in futuro. Questo concetto l'ho trovato sul mitico libro di Keith Code "A Twist of the Wrist", edizioni CODE BREAK, che e' acquistabile su AMAZON.COM e che consiglio caldamente a tutti quelli che se la cavano un po' con l'inglese. Keith e' un grandissimo dell'insegamento della guida sportive: alla sua scuola di Laguna Seca sono passati personaggi come Wayne Rainey e Eddie Lawson... Il problema con Keith e' che e' un pilota ed un istruttore formidabile, ma non sa scrivere. Il suo libro e' una vera miniera di consigli, ma e' scritto purtroppo in maniera non molto leggibile (leggetevi a questo proposito tutte le recensioni su AMAZON. Io ho trovato il concetto dell'attenzione (ed il paragone con i soldi che si hanno nel portafogli) e quello delle decisioni particolarmente utili, e li ho utilizzati per scrivere alcuni paragrafi in stile " nostrano ".
Allora. L'attenzione e' come i soldi che abbiamo nel portafogli: entrambe hanno i loro limiti. Ogni persona ne ha una certa quantita', e naturalmente sia i soldi che la capacita' di attenzione variano da persona a persona. Se nel nostro portafogli dell'attenzione abbiamo "una centomila", beh, e' chiaro che non possiamo spenderne centocinquanta.
Quando abbiamo cominciato a guidare la moto, probabilmente spendevamo un bel novantamila lire nel lasciare andare la frizione senza spegnere il motore. Adesso ci investiamo circa cinquanta lire. Tutti pensiamo, oggi, di fare un certo numero di cose automaticamente: il colpo di gas in scalata, il bilanciamento dei freni, eccetera. E invece non e' vero. Anche queste attivita' richiedono attenzione - il fatto e' che, con l'esperienza, il nostro investimento in queste attivita' e' minimo.
Allora, quando avremo ridotto il nostro livello di "spesa" a cinquanta lire per un gran numero di operazioni, ci rimarranno novanta e piu' mila lire di attenzione da dedicare alle cose importanti della guida in circuito.
Il secondo concetto che vorrei introdurre e' quello delle decisioni. Cerchiamo di pensare alla guida in circuito come un insieme di decisioni che prendiamo ad ogni istante. Ce ne se sono letteralmente centinaia che dobbiamo prendere ad ogni giro. Se capiamo abbastanza di guida sportiva da prendere, per esempio, il 50 per cento di decisioni corrette, saremo probabilmente dei discreti piloti.
Ci sono sempre, a qualsiasi livello siamo, decisioni da prendere su cose che non abbiamo capito. E allora, ecco che le nostre novantamila lire abbondanti si esauriscono di botto, e possiamo addirittura andare in rosso. Di colpo, la nostra attenzione e' tutta fissata su questo problema ("oddio, mi e' scappato il posteriore, per fortuna che non sono volato....") e, se non recuperiamo in fretta, ci telefona la banca (un bel dritto nella curva successiva perche', distratti dalla scodata, abbiamo sbagliato la staccata).
Quindi, qual'e' la morale di tutta questa sbrodolata? La morale e' per guidare "high performance" non basta saper compiere le operazioni necessarie: bisogna imparare ad osservarle e comprenderle in profondita'. Osservare con attenzione il proprio comportamento in pista e' l'unico sistema per migliorarlo. Se sai quello che hai fatto, saprai cosa cambiare. Se non sai quello che hai fatto, continuerai a ripetere l'errore o - peggio - cercherai di correggerlo a caso, con conseguenze potenzialmente disastrose.
Facciamo un esempio ora, per vedere cosa, in queste situazioni, "succhia" la nostra attenzione. Utilizziamo una " Manetta News " di parecchio tempo fa, in cui racconto la mia prima esperienza a Misano alla luce di attenzione e decisioni.
Giovedi' scorso, con Magnesio e Forcella, siamo stati a Misano. Io ho fatto circa mille chilometri per venire a girare, e la mattina pioveva. Immaginatevi che gioia. Poi, grazie al cielo, ha piu' o meno smesso, la pista si e' asciugata lentamente e verso la fine della giornata siamo riusciti ad avere condizioni perfette.
Era la prima volta che giravo su quel santuario del motociclismo sportivo che e' il Santamonica, e i primi turni sul bagnato mi hanno permesso di fare conoscenza col circuito senza la smania di cercare di andare forte subito. Questo giovedi' di pista mi ha anche fornito un ottimo esempio per descrivere quello di cui ho parlato in teoria.
Dove credete che abbia speso le mie mille lire di attenzione durante i primi venti minuti su a) un circuito nuovo, b) sul bagnato e c) guidando la moto di Magnesio (chi rompe paga e i cocci rimangono del proprietario...)? Beh, piu' di novecento lire sono andate nel sentire se e quando l'Aprilia sarebbe "partita" su un asfalto il cui grip non e' fenomenale gia' con l'asciutto. Tempo: attorno ai due minuti e mezzo.
Passano i giri, e vedo che in realta' di grip ce n'e' abbastanza. In piu', con le moto che continuano a passare, l'asfalto si sta asciugando. Allora telefono al mio agente di borsa e gli dico di spostare cinquecento lire di attenzione su come e' fatto il circuito: cominciare a sgrossare le traiettorie, farsi un'idea degli spazi di arresto. Tempo: due minuti e venti.
A meta' pomeriggio, e' chiaro che problemi di aderenza non ce n'e' piu': mentre attendo che Magnesio finisca il suo turno, prendo il tempo ad uno che va come un missile. Uno quarantasette e cinque. Vado a casa subito? No. Anche alle mie velocita' inesistenti, girare e' troppo uno sballo...
Invece, nuova telefonata all'agente di borsa: al grip rimangono cento lire, alle traiettorie -ancora tutte da imparare- ne rimangono seicento, e investiamo un bel trecento lire nel capire cosa diavolo fare del cambio nei tre curvoni. Ai box mi dicono che bisogna uscire dal terzo curvone a duecento. Una rapida occhiata al tachimetro digitale della RSV mi dice 170. Allora, giro dopo giro, proviamo a cambiare qui, poi proviamo a cambiare la'. Decisioni. Attenzione. Dopo un po' arrivo a vedere 180. Tempo: due minuti e nove.
Poi arriva l'ultimo turno. Un rapido esame delle mie "finanze" mi dice che ho qualche idea delle traiettorie, cosi' per oggi basta investire su quelle. Togliamo attenzione da li'. Togliamo attenzione anche dai tre curvoni: spero di ricordarmi dove cambiare, e non c'e' motivo, per oggi, di accanirsi a migliorare in quel punto. Invece, spostiamo quasi tutto l'investimento sulle staccate, che ancora non ho sgrossato.
Per di piu', l'amico Paolo di Bolzano, conosciuto ai box, mi tira dentro in una sfida. Facciamo insieme una dozzina di giri, e io cerco di guidare a quello che e' il mio limite. Ho girato a Misano in tutto un paio d'ore, ed ho appena cominciato a capire il circuito, ma vedo che l'avere "gestito" la mia attenzione paga. Le traiettorie sono ancora approssimate, nei curvoni sono lontano dall'essere veloce come dovrei, ma arrivo a staccare abbastanza in fondo, con l'Aprilia che scoda vistosamente.

E gli sto davanti. Per una dozzina di giri, con il coltello tra i denti, finche' lui, ben piu' esperto del circuito, riesce ad infilarmi nella chicane prima del rettilineo dei box.
Morale: nella nostra "sfida mortale" io e Paolo abbiamo girato appena sopra i due minuti - 2:01, 2:02. Siamo ancora a cinque secondi da quelli che cominciano ad essere i tempi di riferimento del circuito. Pero' credo che una gestione attenta della mia attenzione mi abbia aiutato a conoscere il circuito relativamente in fretta. E sopratutto, mi ha dato un sacco di "dritte" per cercare di migliorare la prossima volta.
Continuando ad applicare il nostro modello delle decisioni (che decisione prendiamo durante la guida e quando), proviamo ora ad analizzare la delicata fase di ingresso in curva dopo una staccata violenta. Pensateci bene, cercate di visualizzare il momento, e vi renderete conto che ci possiamo trovare in almeno sei situazioni diverse:
1) Finiamo la staccata e poi impostiamo la curva, lasciando l'acceleratore chiuso;
2) Finiamo di frenare DOPO aver impostato la curva, lasciando l'acceleratore chiuso;
3) Finiamo la staccata, impostiamo la curva e mettiamo un filo di gas;
4) Finiamo di frenare DOPO aver impostato la curva, e mettiamo un filo di gas;
5) Finiamo di frenare DOPO aver impostato la curva e DOPO aver messo un filo di gas;
6) Finiamo di frenare DOPO aver concluso la curva, ed ovviamente apriamo il gas.
Cavolate? Sottigliezze? Neanche un po'. Tutti questi casi, salvo due, rappresentano errori - decisioni errate che prendiamo molto spesso, generalmente senza rendercene conto, e che hanno conseguenze negative sulla condotta della curva.
Nel caso uno, ci troviamo con la forcella a fondo corsa a fine staccata, e quando rilasciamo i freni per impostare la curva, la moto si solleva di colpo. Come cominciamo a curvare, la forcella si comprime nuovamente, e, specie se andiamo forte, puo' comprimersi a fondo, per poi rilasciarsi, innescando delle odiose oscillazioni.
Nel caso due, il rimbalzo di fine staccata avviene addirittura a curva gia' impostata.
I casi tre e quattro sono quelli giusti. Bisogna imparare a coordinare frenata ed ingresso in curva in modo che la moto rimanga equilibrata. In pratica, bisogna imparare (io ci riusciro', se tutto va bene, verso il 2016) a:
1) mollare i freni gradualmente a fine staccata, di modo che la forcella sia risalita gia' di un bel po' quando impostiamo la curva, e
2) SUBITO applicare un filo di gas, e lasciarcelo per tutta la curva, fino al momento in cui apriamo progressivamente per l'accelerazione in uscita.
La tecnica del filo di gas, che non e' istintiva e pochi applicano nella guida su strada, e' importantissima, e da' risultati miracolosi. La moto si "siede" mentre conducete la curva, dandovi una meravigliosa sensazione di stabilita' e permettendovi di fare una traiettoria molto piu' pulita. Inoltre, al momento della riaccelerazione, vi troverete con il motore gia' in tiro, pronti per spalancare senza fastidiosi sussulti.

" A me mi ha rovinato la guerra... " si diceva negli anni cinquanta. Noi, invece, potremmo dire " a me mi ha rovinato il triciclo... ".
Cos'e'? Manetta e' andato definitivamente giu' di testa? No, no, un po' di pazienza. In questo capitolo vorrei parlare di sterzo, e del fatto che un sacco di gente che va in moto ha imparato a curvare senza capire veramente cosa succede durante il processo. E siccome, specialmente per quelli che vanno forte, capire la dinamica della sterzata e' fondamentale, bisogna cominciare dal triciclo.
Il triciclo ci ha rovinati nel senso che da bambini abbiamo imparato che, su un aggeggio dotato di ruote, se vogliamo girare a sinistra dobbiamo flettere il braccio sinistro e " girare " il manubrio verso sinistra. Questa lezione appresa da bambini, rinforzata da quello che sperimentiamo tutti i giorni guidando la macchina, ci induce a pensare che lo stesso avvenga sulla moto : se si vuole curvare in una direzione, bisogna girare il manubrio in quella direzione.
E invece no. A causa di un fenomeno fisico chiamato precessione, se vogliamo curvare facendo inclinare la moto, dobbiamo spingere con il braccio interno anziche' tirare (o tirare con l'esterno anziche' spingere), e girare impercettibilmente il manubrio DALLA PARTE OPPOSTA rispetto alla direzione della curva.
Vi sembra un'idiozia? Pensate che non riuscirete mai a farlo? Niente di tutto questo: la guida in leggerissimo controsterzo e' assolutamente la norma. E' come guidiamo normalmente, sia su pista che su strada. Forse vi diro' cose ovvie, ma devo dire che ci ho messo un po' a rendermi conto, dopo che mi era stata spiegata, di questa verita' fondamentale.
Fateci caso, con attenzione, e vedrete che e' esattamente quello che si fa, anche con lo scooter, per girare l'angolo di casa. Per capirci fino in fondo facciamo l'esempio della parabolica di Varano (o qualsiasi altro curvone in fondo ad un rettilineo). Arriviamo in fondo al rettilineo alla massima velocita', il piu' all'esterno possible. Io personalmente stacco immediatamente dopo l'intersezione con la stradina di servizio sulla sinistra (so che si dovrebbe fare di meglio ma va be'): spostamento sulla sella, apertura del ginocchio, frenata decisa con scalata e ooop... giu' in piega. Il corpo e' spostato sulla sinistra della moto, e quindi il braccio destro va in tensione: e' proprio questa tensione sul semimanubrio esterno, o, a seconda dello stile di guida personale, la pressione sul semimanubrio interno che fa scendere la moto in piega.
Ora, due considerazioni fondamentali alla luce di tutto cio'.
1) Se ci si trova larghi di traiettoria e (velocita' permettendo) si vuole piegare di piu', bisogna accentuare questa pressione sul semimanubrio interno o trazione su quello esterno. Credo che la maggior parte di noi in effetti usi una combinazione dei due movimenti (che sono comunque minimi e appena percettibili) ma l'effetto e sempre quello che la moto prende un angolo maggiore e riusciamo a stringere la traiettoria.
2) Se non siamo ben coscienti di questo meccanismo, nelle situazioni di emergenza rimaniamo schiavi dell'effetto triciclo. C'e' gente che ha guidato magari per trent'anni, senza mai incontrare una situazione di emergenza. Poi, un giorno la solita macchina brucia lo stop e loro, per evitarla, girano lo sterzo nella direzione in cui vorrebbero andare. Risultato: la moto non fa quello che ci si aspetta, caduta (o grosso spavento) e possibile abbandono dell' attivita'. Il problema e' che ci si sente " traditi " dalla moto, che non ha fatto quello che ci sembrava naturale. Capire a fondo il meccanismo della sterzata puo' aiutare anche in questi casi.
Perfino un'asse (le assi sono normalmente inchiodate, e non si muovono molto veloci...) come me e' riuscita a fare un dritto, un lunedi' pomeriggio, a Magione.
Conosciamo tutti quelle curve "dove non si riesce mai ad entrare abbastanza veloci, e arrivi a meta' e ti rendi conto che sei troppo lento". Bene, in fondo al rettilineo di Magione, dove giravo per la prima volta nella mia vita, ne ho trovata una. Durante i turni fatti nel pomeriggio, mentre "prendevo le misure" al circuito, arrivavo in fondo al rettilineo attorno ai 220, staccavo ai 150 metri, e mi sembrava di entrare troppo lento nelle due curve verso destra che seguono, che vanno raccordate e trasformate in un unico, gratificante piegone. La sensazione di essere lento derivava dal fatto che la moto stava naturalmente nel mezzo della pista, senza bisogno di andare a pelare il cordolo esterno. Allora - mi sono detto - bisogna avere coraggio ed entrare piu' veloci.
Alla fine della giornata, malgrado fossi stanco, mi sono fatto tirare dentro nella garetta programmata dagli organizzatori per i partecipanti alla giornata. Sei giri, partenza, lanciata: perche' no, tanto per ridere... Mi trovo cosi' in mezzo ad un gruppo di missili, che perdo di vista nel giro di qualche minuto. Riesco a superarne uno, e poi, gasato dall'atmosfera della mini competizione amatoriale, mi metto a tirare al limite. Becco dieci secondi al giro dai piu' veloci, ma, scopriro' poi, tolgo tre secondi al mio tempo migliore della giornata. Al penultimo giro, al momento della staccata in fondo al rettilineo, do una rapida occhiata al tachimetro: 227. Non male, per me (credo che gli altri passino poco sotto i 250...). Stacco con tranquillita' ed entro, mi sembra, appena un po' piu' veloce nella prima curva a destra.
Ed ecco che, come per magia, il cordolo esterno si avvicina. Vacca miseria, si avvicina troppo, ed in fretta! Non ce la faccio a star dentro... Cosi', in una frazione di secondo, l'istinto mi porta a raddrizzare la moto e a frenare a fondo. Vado dritto, supero il cordolo e continuo, prima nella sabbia e poi nella ghiaia. Per fortuna a quel punto andavo piano, e riesco, zampettando, a tenere la moto dritta ed evitare di cadere (la moto era la GSX 750 R di Forcella, il quale, comprensibilmente, non e' stato propriamente felice della digressione...). Riparto, ed arrivo buon ultimo, doppiato da un terzo dei concorrenti. Niente male, vero?
A questo punto, dovrei trarre due lezioni da questo incidente minimo: e' cosi' bello girare in pista, che bisogno c'e' di angustiarsi con il cronometro, specie quando si e' cominciata l'attivita' a 40 anni? E poi, cosa mi viene in mente di mettermi a fare le gare, per quanto amatoriali?
Pero' di fatto mi sono divertito, e la lotta contro il cronometro ha un senso anche per le assi come me. Si cerca di superare il proprio limite, sapendo, come ho scritto in precedenza, che ci sara' sempre qualcuno (molti, nel mio caso) che va spaventosamente, incomprensibilmente piu' veloce di noi.
Allora, invece di cercare di cercare di risolvere il problema alla radice, cerchiamo di vedere se ci sono trucchi ed astuzie per cercare di evitare e/o minimizzare i possibili guai.
Imputato numero uno, a mio parere, e' la stanchezza. Si, lo so: bella scoperta! Quando si e' stanchi i riflessi rallentano notevolmente e la capacita' di concentrazione si riduce in maniera sensibile. Per quanto ovvia, pero', questa sembra una lezione che pochi di noi sono disposti ad imparare. E, se analizziamo la nostra condotta in pista con il metodo delle 'decisioni' che ho descritto in passato, possiamo renderci conto di quanto disastrose possano essere le conseguenze.
Esempio. Come abbiamo detto tante volte, il 'tempo' si costruisce uscendo bene dalle curve, in modo da accelerare presto, e cercando di mantenere la velocita' il piu' a lungo possibile ritardando la staccata. La stanchezza interviene negativamente su questo meccanismo in vari modi. Per esempio:
1) a causa della perdita di concentrazione, 'decidiamo' di aprire di botto anziche' di dosare il gas in uscita : la moto scoda, e, nel peggiore dei casi, ci sbatte per terra.
2) a causa della perdita di concentrazione arriviamo lunghi in frenata, entriamo in curva coi freni eccessivamente pinzati e perdiamo l' anteriore.
3) siamo stanchi, fisicamente. Allora continuiamo ad aprire la manetta come dei disperati (poco faticoso), poi arriviamo alla staccata alla morte e le braccia non hanno piu' la forza/prontezza per reggere l'impatto brutale della decelerazione. Sbem!
E potremmo continuare a lungo. Guidare in circuito stanca, e stanca parecchio. Ma siccome girare ci piace, e ci costa dei soldi, vogliamo a tutti costi farci anche l'ultimo turno. Benissimo: allora NON TIRIAMO! Andiamocene a spasso, rifiliamo le traiettorie, godiamoci il piacere della guida senza ansia di prestazione. Nell'ultimo turno non si fanno i tempi. Si fanno i danni.
Ora, vorrei spendere ancora due parole sul problema accelerazione/frenata. Non so se per tutti sia cosi', ma io trovo piu' facile fissare i miei punti di riferimento (e quindi avere un'idea del mio limite) in frenata piuttosto che in accelerazione. Di conseguenza, mi sembra di arrivare abbastanza in fretta, man mano che approfondisco la conoscenza di un circuito, a decidere dove staccare dopo un rettilineo. Il problema e' quella decisione rimane fissa : se stacco a 180 metri, continuo a staccare a 180 metri. Poi succede che trovo una traiettoria migliore in uscita dalla curva precedente, o trovo la confidenza per aprire gia' da meta' curva. Cosi' arrivo ai 180 metri con 20 km/h di piu', con evidente grave rischio di andare a zappare. Da cui si deduce la necessita', per evitare guai, di mantenere la concentrazione al massimo, sempre, e di 'osservare' sempre quello che si fa, le proprie decisioni.
Infine, non potremmo parlare di riduzione del rischio in pista senza parlare di temperatura delle gomme. Come tutti sappiamo, le gomme fredde tengono spaventosamente meno di quelle calde. Forse non proprio tutti sanno che anche le gomme troppo calde tengono parecchio meno di quelle a temperatura di lavoro. Ma concentriamoci per il momento sul problema gomme fredde, con alcune regole generali annunciate come vangelo da vari professionisti durante i corsi di guida che ho frequentato.
1) A seconda della lunghezza della pista, un giro di riscaldamento puo' essere troppo o troppo poco. Abbiate buon senso, e non abbiate fretta di andare subito al limite.
2) Le gomme si portano in temperatura ACCELERANDO FORTE E FRENANDO FORTE SUL DRITTO. Serpeggiare a 30 km/h come fanno molti e' molto coreografico, ma non serve a nulla.
3) Attenti ai circuiti che 'girano da una parte sola'. Anche se forse quello che si sente dire e' un po' esagerato, circuiti come Varano che hanno tutte le curve in un senso e magari una sola nell'altro senso possono in effetti presentare un rishio di perdita di aderenza legato al fatto che la gomma da un lato tende a raffreddarsi. A me personalmente non e' mai successo, quindi penso che sia un problema per chi guida ad un limite molto superiore al mio.
4) Attenti agli scollinamenti, come nel caso della 'arrabbiata 2' del Mugello. Si arriva piegati ed in pieno su quello che e' una specie di dosso, e, naturalmente, la moto di alleggerisce per inerzia, come se stesse per saltare. Se oltretutto i pneumatici sono freddi, c'e' il rischio di vedersi la moto volare via, come successo al mio amico Werner al 'ferro di cavallo' di Ledenon.




"Non cedete loro niente, ma prendete da loro tutto!"
"La fatina buona del cazzo"

A canéla!!!NON CLICCARE!!!