Un incontro inatteso

M.viola
00venerdì 4 gennaio 2008 17:10



Agosto di qualche anno fa.
Stavo tranquillamente passeggiando nel viale panoramico in direzione di Spignana. Sono molti anni che vengo in vacanza a San Marcello e nel pomeriggio, quando il sole scende qualche gradino e cessa di bruciare gli occhi, mi metto il mio cappellaccio in testa e faccio la mia bella passeggiata.
Il cielo era di un azzurro intenso e non si vedeva una nuvola, un leggero venticello rendeva il mio passo più spedito e più sopportabile l’aria di un’estate molto calda. All’improvviso, dopo aver superato il Poggio del Giudeo, da un cespuglio situato sul ciglio destro della strada esce un tipo sopra un motorino così arrugginito da sembrare più vecchio di me e, tutto sparato, quasi mi viene addosso.
“Oh - gli dico con un tono molto risentito - mi vuol mandare all’ospedale?”
Il tizio si ferma e mi guarda male. Era vestito in modo molto strano: portava un tonacone di colore rosso scuro e, in testa, uno strano copricapo che mi ricordava alcuni quadri del quattrocento.
“Dove son finito?” mi chiese con un’aria fra il sorpreso e lo stralunato.
“Come sarebbe a dire dove son finito? - risposi io deciso - siamo a San Marcello Pistoiese.”
“Mmh… a San Marcello Pistoiese? - aggiunse lo strano tipo - devo aver sbagliato a girare all’ultimo semaforo del Purgatorio.”
“Semaforo? Purgatorio? Oh signore - gli dissi con un tono ancora più seccato - mi vuole prendere per il culo?”
“Giovanotto, ma come si permette - continuò lui con fare altezzoso e scostante - io non voglio prendere per il culo nessuno. Stavo nel mezzo del cammin di nostra vita e mi ritrovai per una selva oscura, si vede che la diritta via era smarrita.”
Quella frase mi spiazzò. Non sapevo più cosa rispondere. Credevo di trovarmi davanti a un matterello e allora gli chiesi gentilmente:
“Mi scusi signore, se lei mi dice come si chiama e da dove viene, io la riporto a casa.”
“Ignorante che non sei altro - replicò l’ometto incavolato - come sarebbe a dire come mi chiamo? Non mi riconosci?”
“Veramente signore, io non l’ho mai vista. Come posso fare a riconoscerla.”
“Sei proprio un ignorante. Tutti mi conoscono. Io, sono Dante!”
“Dante? Dante Ferrari? - replicai con una prontezza che quasi mi sorprese - quello che faceva il falegname a San Marcello?”
“Ma che falegname e falegname, che ti sembro vestito da falegname?”
“A dire il vero signore, mi sembra vestito da carnevale.”
“Avevo ragione - ribadì l’uomo con lo strano copricapo - l’ho capito appena ti ho visto, sei proprio un ignorante. Io sono Dante, Dante Alighieri, il sommo Poeta. Non gli conosci i comandamenti? 1) Io sono il sommo poeta tuo. 2) Non avrai altro sommo poeta all’infuori di me. Sei proprio ignorante giovanotto. Ma… da dove vieni?”
“Io vengo da Prato” gli risposi in buonafede.
“Ah…, tu sei un pratese. Allora è tutto chiaro! I pratesi sono ignoranti e cenciaioli. Li conosco bene: da ragazzo, andavo a Prato a lavorare come apprendista proprio da un cenciaiolo. Ci sono stato due anni e la sera andavo alle serali a studiare l’italiano, io. Tu, invece, sei ignorante come un mulo. Però, devo riconoscere che… ignoranti sì, ma come fanno i conti i pratesi non c’è nessuno. Mi ricordo che quando venivano gli americani a vendere i loro cenci…”
“Oh Dante, ma allora mi prendi davvero per il culo! L’America fu scoperta nel 1492, tu sei morto nel 1321, come facevano a essere americani?”
“Oh giovanotto, che lo vuoi sapere meglio di me? Che c’eri te? Se ti dico che erano americani e vuol dire che erano americani. Indossavano i jeans, masticano la cingomma e portavano in testa un cappello da cow boy. Che erano cinesi secondo te?”
“Va bene, va bene, ti credo: erano americani!”
“Allora, stavo dicendo… quando venivano gli americani, il padrone faceva i conti e tutte le volte, al momento di pagare, due più due faceva tre.”
“Ma… gli americani stavano zitti?”
“Giovanotto, tu lo sai come sono fatti gli americani. Grande popolo, ma un po’ creduloni. Dicevano yes, yes, prendevano i soldi e tornavano in America.”
“Si, nell’America ancora da scoprire.”
“Per favore, stai zitto e fammi finire. Quando poi venivano i napoletani a comprare i cenci e c’era da riscuotere, porca miseria, uno più uno faceva ancora tre. Non ho mai capito come ci riusciva. Nemmeno fosse stato il mago Zurlì.”
“Senti un po’ Dante, ma… i napoletani cosa dicevano.”
“Giovanotto, tu lo sai come sono fatti i napoletani. A loro basta non durar fatica. Dicevano iamme, iamme, prendevano i loro cenci e tornavano a Napoli.”

Mentre si chiacchierava, ci eravamo messi a sedere su una panchina, il venticello si era calmato e l’aria si era fatta più calda. L’ometto aveva appoggiato il motorino a un albero e l’aveva chiuso con un lucchetto a forma di forcone che non avevo mai visto.

“Oh Dante, ma… dimmi una cosa - ripresi io dopo qualche attimo di pausa - perché sei venuto a San Marcello?”
“Te l’ho detto: mi sono perso nel Purgatorio. C’è un traffico laggiù che sembra d’essere sulla Salerno-Reggio Calabria nei primi giorni d’agosto.”
“Oh… che conosci anche la Salerno-Reggio Calabria?”
“Perché, ti sembra strano? Con che cosa pensi che io andassi in Sicilia? Con l’aeroplano? A proposito, dato che è tanto tempo che manco dall’Italia, mi sai dire come è la situazione fra i guelfi di Santa Croce e i ghibellini di San Frediano? Io ero guelfo sai, che botte ci si dava. Certe sassaiole…”
“Guelfi? Ghibellini? Tu sei rimasto un po’ addietro Dante: i guelfi e ghibellini ora non ci sono più.”
“No? E… chi c’è ora?”
“Ora ci sono gli interisti e gli juventini, i pisani e i livornesi, i Prodi e i Berlusconi, ma a parte i nomi, non è cambiato niente: son sempre botte!”
“Ah… Prodi e Berlusconi. Se ne parla spesso anche di là e… dimmi un po’, ma… fra Prodi e Berlusconi, secondo te, chi è più guelfo e chi è più ghibellino?”
“Senti Dante, ci credi che ancora non ho capito niente. Una sera mi sembra guelfo Berlusconi e ghibellino Prodi e la sera dopo guelfo è Prodi e ghibellino Berlusconi. Te lo dico io, è un gran casino!”
“Allora dimmi un’altra cosa. L’hanno inventata la televisione satellitare?”
“Certo che l’hanno inventata; ma te come fai a sapere della televisione satellitare? Ai tuoi tempi non c’era nemmeno quella via cavo.”
“Ma che ne sai te se ai miei tempi c’era la televisione via cavo? Che c’eri te ai miei tempi? La televisione c’era eccome! L’aveva inventata un mio carissimo amico, un certo Leonardo.”
“Chi? Leonardo Pieraccioni?”
“Macché Pieraccioni. E chi è mai questo Pieraccioni? Io parlo di un altro Leonardo. Ogni settimana faceva un’invenzione, poi, ci telefonava. Allora io, Giotto, Machiavelli, Michelangelo, i Cavalcanti e, se non ricordo male, qualche volta anche Francesco Ferrucci, si prendeva il treno e andavamo tutti a casa sua. Su per quelle colline si facevano certe merende… e poi, tutti in trasmissione. Avevamo fondato Tele Vinci.”
“Sì, e Tele Perdi. Vorresti farmi credere che andavate a Vinci con il treno? Ma se a Vinci non c’è nemmeno la stazione.”
“E cosa c’entra la stazione? Qui in montagna di stazioni ce ne sono quante tu ne vuoi ma il treno dov’è?”
“E questo cosa c’entra con Vinci?”
“C’entra, c’entra. Qui ci sono le stazioni e non c’è il treno. A Vinci c’era il treno e non c’era la stazione. E poi, che ne vuoi sapere te, che c’eri te? No! E allora stai zitto e ascolta.”
“Dio bonino, questo mi fa diventar pazzo - borbottai fra me e me - proprio di qui dovevo passare oggi? Non potevo prendere per Gavinana? Senti ma… non devi tornare da… dove tu sei venuto.”
“Aspetta ancora qualche minuto, fammi respirare un po’ di quest’aria buona; di là c’è un puzzo di carne bruciata… Che tempi quando venivo in vacanze a San Marcello!”
“In vacanze a San Marcello? Anche te venivi qui a passare l’estate?”
“Tutti gli anni. Il mio babbo aveva affittato una capanna a Santichiesoli e ai primi di giugno si metteva sopra il furgone la mia mamma, la mia sorella, la mucca, il maiale e si veniva quassù per tre mesi. Mi ricordo come se fosse ieri. Tutti i sabato sera andavo a ballare alla Casina di Vetro e la domenica venivano i miei compagni di merende e andavamo tutti assieme al Ponte Sospeso.”
“Eccone un’altra. Il Ponte Sospeso fu costruito negli anni ’20, la Casina di Vetro negli anni ’60. Mi dici come facevate te e i tuoi compagni di merende ad andarci alla fine del 1200?”
“Ragazzo mio se non la smetti di essere ignorante io ti giuro che ti lego al motorino e ti porto via con me. Allora, devi sapere che la Casina di Vetro la fece costruire Lorenzo de’ Medici per nasconderci i soldi che teneva in Svizzera quando Garibaldi, agli ordini del ministro Bersani, decise di attaccare con mille lanzichenecchi Lugano, Ginevra e Zurigo in una volta sola. Fu una battaglia storica: la chiamarono “La spedizione dei Mille.”
“Senti Dante, non è per contraddirti, ma Garibaldi con la spedizione dei mille andò in Sicilia, non in Svizzera. C’è scritto su tutti i libri di storia.”
“Era meglio se andava in Svizzera. Fu un errore madornale che gli costò molto caro. Ora, brucia nell’inferno, nel girone dei coglioni! Per quanto riguarda, invece, il Ponte Sospeso, ti posso assicurare, senza ombra di dubbio, che lo feci costruire io!”
“Te? O quando?”
“Fammi ricordare… anno più, anno meno, dovrebbe essere stato verso il 1285. Vedi, una sera alla Coop……”
“Alla Coop? Nel 1285? O Dante, ma che sei sicuro?”
“Certo che sono sicuro. Che c’eri te? No, e allora stai zitto. Stai zitto e… ascolta. Una sera alla Coop, avevo abbordato una ragazzina bionda con due occhi verdi come l’Arno quando era pulito e bella come il sole. Fra le melanzane, i finocchi e i peperoni ci eravamo quasi fidanzati. Ma il suo babbo, un certo Folco che faceva il portinaio alla Metallurgica, non la faceva uscire di casa se non accompagnata. Stavano a Popiglio e lui, dalla fabbrica, poteva controllare la strada che veniva giù dalla Lima. Fu per questo che io chiamai i miei amici di Rogo sull’Arno: Corrado Tagliaboschi, Oreste Brucialegna e Osvaldo Legacorde. In quattro e quattr’otto pulimmo un pezzo di bosco e, al suo posto, costruimmo il Ponte Sospeso. Quando faceva buio, io l’attraversavo e andavo dalla Bice.”
“Veramente il Ponte Sospeso attraversa una valle e passa sopra un torrente, cosa c’entra il bosco?”
“Codesti ragazzo mio, sono dettagli ininfluenti. Prima di me c’era un bosco, dopo di me ci sono venuti una valle e un torrente. Non lo vedo il problema?”
“Va bene, va bene, tanto è inutile discutere con te, tu hai sempre ragione!”
“Certo che ho sempre ragione, ignorante. Io, sono Dante, il sommo Poeta. Ti ricordi i comandamenti?”
“Certo che me li ricordo. E chi se li dimentica più: 1) Tu sei il sommo poeta mio. 2) Non avrò altro sommo poeta all’infuori di te.”
“Ecco, hai visto? Dopo questa chiacchierata, tu sei meno ignorante e conosci anche un po’ di storia. Comunque, ora devo andare: di là m’aspettano per la partitina a scopa e se non arrivo in tempo giocano con il morto. Ti saluto. È stato un piacere conoscerti.”
L’uomo risalì sul motorino rugginoso con il quale era arrivato e mise in moto. Prima di farlo partire però, feci in tempo a fargli un’ultima domanda.
“Senti un po’ Dante, tu che conosci tutto dell’aldilà, io sono una brava persona, seria, onesta, buona, generosa, pensi che andrò in Paradiso?”
Mi guardò quasi come se gli facessi schifo e prima di ributtarsi nella selva oscura da dove era venuto, fece in tempo a rispondermi:
“Dai retta a me giovanotto, prima di morire fa qualcosina di meno serio, di meno onesto, di meno buono e di meno generoso. Non ti dico d’andare all’Inferno ma almeno in Purgatorio…”
“ma… perché - gli chiesi io sorpreso dalla sua risposta - non si sta bene in Paradiso?”
“Certo - mi urlò lui ormai seminascosto fra le frasche - se ti piace star solooooooo!”

Fu in quel momento che mi svegliai. Ero disteso sulla panchina del Poggio del Giudeo dove mi ero fermato a riposare durante la mia passeggiata.
“Accidenti a Roberto Benigni e a tutti i Dante Alighieri di questo mondo - urlai alzandomi in piedi di scatto - meno male che era un sogno, altrimenti dovrei buttar via tutti i libri che ho in casa.
Versolibero
00venerdì 21 marzo 2008 22:53
Ecco, ce l'ho fatta ad arrivare in fondo [SM=g27828]
Te lo avevo detto che prima o poi...
Sì, è piacevole, solo un po' lungo, ma d'altra parte tu sei un simpaticone [SM=g27828]
Ma dimmi c'era bisogno di farmi leggere tutto questo, non me lo sapevi dire subito che tu vuoi andare in Purgatorio? Ma poi non lo sai mica che purghe ti danno! Stai bono, quindi stai bono! [SM=g27824]
Altro che "fa' qualcosina di meno serio, di meno onesto, di meno buono e di meno generoso"...
Che poi in paradiso si tratta d'aspettare un po', e poi ci arrivo anch'io e ci faremo compagnia, dunque fai il bravo se si puole [SM=g27823]

Vado a le poesie [SM=g27824]

Ros
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