Tumèn mrzisarèl máhe, a me kamèn tuménge

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vd2
00venerdì 22 settembre 2006 16:02





Siamo tutti figlio di Dio.
Siamo tutti uguali davanti alla legge.



X cammina per le strade della sua città, silenzioso è il suo passo, e più che un respiro timido non reca altro fastidio alla silenziosa e misteriosa atmosfera notturna.
Il suo capo è rivolto verso il basso, la strada scorre sotto i suoi piedi, senza cogliere la sua attenzione.
Poca vita c’è intorno a lui, sembra come se sia solo il suo di respiro a movimentare a città in quella notte.
Le sue mani, composta e strette in tasca, il suo atteggiamento, innocuo ma enigmatico, mentre pian piano consuma la città attraversandola.
Il fischiare del vento gli fa compagnia, soffiando intorno a lui ogni tanto, smuovendogli la lunga coda di capelli ricci che gli si strusciano sulla schiena.
Ora X raggiunge un incrocio, e desta il capo, sorpreso nel vedere che c’è qualcun altro che non può abbandonarsi al sonno in quella notte con protagonista il continuo fischiare del vento, che rende l’aria intorno fredda al punto giusto.
Una macchina imponente è ferma su di un lato della strada, non una macchina comune, e le sirene poste sul tetto ne dimostrano la particolarità.
Al suo interno, un uomo, seduto sul suo sedile stringe una tazza calda e zeppa di una bevanda, probabilmente caffè, per combattere la monotonia della sera che potrebbe indurre l’uomo in divisa a cedere alla tentazione di addormentarsi.
I passi di X tengono sempre lo stesso ritmo, e inevitabilmente finiscono per intralciarsi con il veicolo, schivandolo prontamente per poi allontanarsi, quando da esso l’uomo ne esce, facendo intendere la sua intenzione di non permettere ad X di allontanarsi da lui.

“Scusa, giovanotto, si fermi!”

Ordina prontamente e con tono quasi scorbutico l’uomo, e sentendo tali parole X è costretto a cessare i suoi movimenti.
L’uomo, soddisfatto dell’ubbidienza di X, gli si avvicina, dopo aver ingerito frettolosamente un ultimo goccio della calda bevanda.

“Lo sai che ore sono?”

X non alzò il capo, e si limitò a rispondere.

“Si, agente..dovrebbero essere le 4.15”

X rispose al quesito esternando una curiosa e apparentemente inspiegabile timidezza e insicurezza, che venne recepita dall’uomo come musica per le sue orecchie..

“E cosa ci fai in giro a quest’ora?”
”Bè, niente, volevo prendere un po’ d’ aria fresca”
“Non mi convinci, dove abiti?”
“Non credo le possa interessare, signor ag..”
“E INVECE MI INTERESSA!!!E GUARDAMI NEGLI OCCHI QUANDO MI PARLI!!DIMMI L’INDIRIZZO DI CASA TUA!!”

Il tono sostenuto dell’agente interruppe quel silenzio che aveva caratterizzato minuti addietro la notte, rimbombando per le strade della città per poi perdersi nel silenzio, che tornò prepotentemente visto anche l’intenzione di X di non proferir più alcuna parola.

“Forse non sono stato chiaro, alza questa faccia!!”

*SBAM*

Nonostante X non volesse, il suo volto fù così mostrato all’agente, grazie ad uno schiaffo che forse sarebbe rimasto il più grosso rumore di quella notte.
Il viso di X arrossi nella zona colpita, mentre gli occhi dell’agente, da un’apertura appena decente per via della stanchezza, si sgranarono, mostrando tutta la meraviglia che lo scoprir del volto di X aveva destato in lui.

“E per questo che non volevi farti vedere?E allora adesso hai un secondo per dirmi che cazzo ci fai in giro?Dove stai andando?Ti conviene collaborare..”

“Signor Agente, mi sembra di averle già detto che io non ….”

*SBAM*
*SBAM*

Questa volta i colpi furono due, e a mano chiusa, e X si ritrovò barcollante, mentre la sua vista cominciò ad annebbiarsi, colpa del sangue che rapidamente sgorgava dallo zigomo e dal ciglio, rotti.

“Credevi che ti lasciavo andare così?Sporco zingaro!!Volevi prendere un po’ d’aria?Bastardo!!”

Un colpo di manganello diretto in pieno stomaco, X si piegò e il massacro continuò da parte dell’agente, che smise solo quando la sua immotivata rabbia fù pari al sangue che fuoriuscito dal corpo di X ora formava una pozza dove X stesso era costretto a bagnarsi, provato dal dolore che gli impediva di alzarsi
.





Cosa aveva fatto di male X?
X era un uomo, come tutti gli altri, un uomo come l’agente, un uomo che ha dovuto pagare con il dolore il suo essere uomo.
Perché X non aveva niente di diverso dall’agente.
X è figlio di Dio?
X è uguale agli altri di fronte alla legge?






Il sole splendeva sereno nel cielo, privo di pericolose nuvole che cariche di acqua potevano intaccare il paradisiaco clima mite che regnava in città.
Su di un’amaca, legata fra due alberi dalla corteccia rovinata dal tempo, sedeva X, che con occhi chiusi si godeva il benessere che quell’atmosfera portava al suo corpo giovane.
Il fischiettio degli uccelli fungeva da dolce melodia di quel pomeriggio, e la tranquillità regnava sovrana.
Passavano i minuti, mentre X continuava a godersi quell’unione di pace e benessere che aveva conquistato l’atmosfera, conquistando anche lui.
Improvvisamente, un rumore interruppe quella situazione così piacevole, un rumore di passi, c’era qualcuno lì.
Inizialmente X non si preoccupò, ma preso dalla curiosità comincio a cercare di capire chi potesse essere urlando qualche nome.

“Fernando…Fernando sei tu?”

Nessuna risposta.

“Salvador…Salvador??”

Ancora nulla, e ciò fece insospettire X, che fù costretto ad alzarsi, dirigendosi verso il luogo da dove provenivano i leggeri ma percettibili rumori.

Ora nel corpo di X cominciavano a trovare terra fertile piccole paure, mentre i suoi piedi scalzi attraversavano il campo di sterpaie e ghiaia in cui era sistemata la sua casa.
Si sporse ancora un po’, ma non trovò nulla, e rassicurato decise di tornare alla sua abitazione, una roulotte che dopo la camminata di X distava qualche metro.
Risalì allora il sentiero rovinato che aveva percorso in cerca di chi avesse procurato quei rumori, e iniziò a sudare, quel caldo improvvisamente non era più cosi piacevole.
Un altro passo e finalmente la sua casa era visibile….così come era comprensibile il caldo insopportabile.
I suoi occhi rimasero fissi sulla scena che avevano di fronte, il suo corpo immobile.
Fiamme, fuoco, si specchiavano nelle sue pupille che ora cominciavano lentamente a gonfiarsi, mentre l’amaca su cui poco prima giaceva X stava bruciando proprio sotto i suoi occhi, così come la casa.
Resistette ancora qualche minuto in piedi, per poi rovinare a terra, sbattendo la sua pelle contro la ghiaia, che gli portò diverse lievi escoriazioni.
Il sangue che proveniva da esse presto si andò a mescolare con le lacrime, che come un fiume in piena ora inondavano il corpo di X.
Vi era formato un bagno di dolore e tristezza, in cui X si doveva bagnare, mentre l’unico compagno in quel brutto momento era il fuoco, che distruggeva la sua roulotte
.





Nulla aveva compiuto quel pomeriggio X di male, nessun torto aveva da farsi perdonare sulla coscienza, se non forse…quello di vivere…e di essere se stesso.
Si ritrovò con la sua casa bruciata, senza un motivo, senza un colpevole.
Molto probabilmente il colpevole era stato un figlio di Dio come lui, molto probabilmente il motivo era il fatto che X in teoria era uguale alla legge come lui.
Disprezzo aveva X per ciò, disprezzo aveva per il mondo in queste situazioni, disprezzo che era la conseguenza del disprezzo che il mondo aveva per lui.
Ma X ha mai fatto qualcosa per essere disprezzato dal mondo?
Probabilmente si…essere figlio di Dio, essere uguale agli altri davanti alla legge…questo non andava giù al mondo.






Una goccia cadeva a ritmi regolari dalla doccia, e al di sotto, sul pavimento, si era venuta a creare ormai una pozza.
L’unico rumore di quella stanza era il toccar per terra di quella goccia, e nonostante era fastidioso, con il passare dei minuti quel rumore divenne parte integrante del silenzio di quello spogliatoio.
L’arredamento non era il massimo in quella stanza, che vedeva 3 panche ordinate poste di fronte alle doccie.
X sedeva su di una di queste panche, accovacciato.
Non era solo, a fargli compagnia vi erano una lametta e un volantino, che per quanto insignificanti oggetti in quel momento rappresentavano tutto per X.
I suoi occhi fissavano i due oggetti, scrutandoli con precisione, uno alla volta, cercando di percepire cosa c’era dietro ai banali materiali che li componevano, cercando di andare oltre all’apparenza.
Una lacrima gli attraversò il viso, e nonostante nessuno poteva vederlo, X si vergognò di ciò.
L’intento era chiaro e preciso nella mente di X quando aveva deciso di entrare in quello spogliatoio, e la lametta ne era la prova.
Ma dal nulla apparse quel volantino, trovato nella tasca dei forse troppo appariscenti jeans viola che portava.
Fù esso a portargli dubbi e indecisioni.
Voleva togliersi la vita, si sentiva stretto in un mondo che non solo non lo capiva, lo schifava anche, proprio perché non lo capiva.
Era deciso a far sparire il suo nome dalla bocca della gente, si era convinto che non poteva contrastare i suoi nemici, preferiva fuggire, magari facendogli un favore.
I suoi nemici, i pregiudizi.
Ma d’un tratto quel volantino, con sopra un faccione biondo che pubblicizzava una federazione di lotta libera unita all’ intrattenimento, di cui sapeva poco ma che i concittadini americani usavano chiamare “wrestling”.
Quel faccione era dell’owner di tale federazione, un ragazzo spigliato e arrogante, con cui Ramon aveva avuto il piacere di scambiare qualche parola, con quest’uomo che provò sfacciatamente di persuaderlo ad iscriversi alla sua federazione, vista la discreta agilità e presenza fisica di X.
“Ci penserò su”, rispose X a quest’uomo, così da far cessare le sue insistenze.
Poteva essere una nuova vita, poteva essere uno spiraglio, in fondo non aveva niente da perdere.
Il volantino…significava rinascere.
La lametta…significava morire.
E ora, stava a lui scegliere.
Desiderava più di ogni altra cosa provare quell’avventura, che almeno poteva dare un senso alla sua vita, fino a quel momento, piena di dolore e di nullità.
Ma il pessimismo gli consigliava di non provarci nemmeno, sarebbe stata un'altra esperienza senza lieto fine, sarebbe stata un'altra guerra contro i pregiudizi, era inutile e controproducente illudersi che ,forse, in quell’ambiente non avrebbe trovato i pregiudizi a sfiancarlo.
Era convinto che scegliere la via della “nascita” sarebbe significato solo rimandare quella della morte, ma tale convinzione ancora non era sufficiente ad indirizzarlo verso una delle due strade che aveva davanti, troppo golosità in lui portava il rischio.
Il rischio di vivere, il rischio di rinascere, senza niente però su cui contare, nascere per togliere qualche goccia di frustrazione ad altre persone, che con le loro convinzioni sfogavano su di lui tutti i loro problemi, vedendolo come un essere inferiore, che merita la vita solo per sopravvivere nell’agonia e nel dramma.
Sotto la doccia la pozza cominciava a farsi notevole, così come in X l’instabilità, la paura che sarebbe uscito dallo spogliatoio con sulle spalle ancora il dubbio della scelta, senza aver trovato una soluzione.
Pregi e difetti di uno e dell’altro oggetto ormai caratterizzavano le poco tranquille riflessioni di X, che ormai cominciava a fare fatica anche a capire se stesso.
Provò ad immaginarsi come sarebbe stato se avesse scelto di nascere, e improvvisamente una frase detta dal proprietario della federazione nel loquace colloquio fra i due tornò nei suoi pensieri, scioccandolo.

“Guarda, un americano con questo fisico è sprecato per me qui dentro, con un po’ di allenamento potresti diventare un abile atleta, credimi.”
Forse si, un americano con quel fisico era sprecato per un lavoro così umile, ma un nomade?
Il fisico sarebbe passato in secondo piano, se invece di un americano sarebbe stato un nomade?
Non si rispose, e diede retta all’istinto, troppo tempo aveva sprecato, tempo che sarebbe servito ai posteri per ricordarlo...anche se sapeva benissimo che anche questa era un ultima illusione del suo forse troppo ingenuo carattere.
Prese di colpo la lametta…chiuse gli occhi…e se l’avvicino al braccio, per poi ripensarci e puntare sul collo, adagiandola alle vie respiratorie, senza però affondare la lama.
In quegli attimi i suoi ricordi tornarono, rapidi successione di immagini gli riportarono alla vita momenti passati, quali la vista della morte di alcuni fratelli, le notti insonne passate a fuggire, o gli insulti che uscivano da bocche stolte, ovunque portava la sua presenza.
La lama lentamente stava affondando, e il colare del sangue che cominciò a fuoriuscire riscaldava la sua mano.
Ma si fermò.
Non ebbe il coraggio.
O forse incosciamente scelse di nascere.
Gettò la lametta e prese il volantino, fissandolo per qualche secondo…”ne valeva la pena?”,pensò.
Sperava di si, temeva di no.
Ma ci volle provare, in un attimo di orgoglio scelse che se il mondo intorno a lui lo schifava, allora tanto valeva rimanere vivo.
Se una delle tante persone che nella sua vita lo picchiò solo per la sua colorazione e la sua diversità avrebbe gioito, nel pieno del suo menefreghismo, della sua morte…allora avrebbe goduto a non farlo gioire.
Se la sua esistenza, come quella di altri e numerosi fratelli dava fastidio ai piani alti della società, allora infastidirli sarebbe stato il suo passatempo preferito.
Prima o poi anche i stolti si sarebbero stufati di disprezzarlo, prima o poi anche i razzisti non avrebbero trovato più gusto ad odiarlo e maltrattarlo, e a quel punto, sarebbe stato lui a vincere.
Perché era questo che creava danno a lui, e sarebbe finito.
Perché è il suo solo vivere ed esistere che crea danno al mondo, e quello non poteva finire, se l’era dimostrato
.





X era nato, aveva scelto di vivere.
Aveva scelto di lottare.
Molti, forse tutti avrebbero continuato a schiaffeggiarlo, lui avrebbe posto l’altra guancia.
Molti lo avrebbero odiato, lui li avrebbe amati.
Li avrebbe amati perché non era tanto il dolore fisico che lo sfiancava.
Non era il dolore psicologico delle offese e dei luoghi comuni che lo rattristava.
Era il fatto che lui…non poteva essere un uomo, non poteva essere figlio di Dio, non poteva essere uguale agli altri davanti alla legge.
Avere una vita, avere un nome sarebbe stato inutile in quelle situazioni.
X non era il suo nome, ma cosa importava, era ciò che lui era per il mondo.
Una cosa ignota, senza caratteristica, senza diritti, senza vita, una “X”.
Questo credeva lui, questo credeva il mondo.
Errato.
Io posso amare una persona, è viva per me.
Io posso odiare una persona, è morta per me.
Io posso fregarmene e non tenere conto di quella persona, è X per me.
Lui non era X, lui era odiato.
Il mondo, quindi aveva bisogni di lui, per odiare, lui non era X, a contrario di quanto pensavano il mondo.
Lui era morto per il mondo, e ciò lo faceva sentire bene.
Il mondo era “X” per lui, e ciò era la sua vittoria.
Voleva vivere, non si sarebbe curato del mondo e dei suoi pregiudizi, erano “X”.
Lui si era accorto di questo, lui aveva vinto.
Il mondo se ne sarebbe accorto, andando avanti non avrebbe più retto a tutto l’odio che doveva riversare contro la sua persona, e lì sarebbe stato sconfitto.
X ha un nome….il mio nome…colui che è odiato dal mondo, colui che non rispetta e non si cura del mondo, colui che ha battuto i pregiudizi razziali e le false credenze…colui che vivrà, lottando per lui e la sua razza…semplicemente fregandosi che sono odiati….io….”Ramon”, Sergio Ramones.
Ora odiatemi, e io vi amerò perché contribuirete alla nostra vittoria.


vd2
00venerdì 22 settembre 2006 16:03
Spot per Unleash the Power for September Pain per Ramon, impegnato nel triple treath contro Mr. That e Revolver Leon.

Edit---Dimenticavo...."Tumèn mrzisarèl máhe, a me kamèn tuménge"--->Odiatemi e io vi amerò.

[Modificato da vd2 22/09/2006 16.04]

cell in the hell
00venerdì 22 settembre 2006 17:57
Re:

Scritto da: vd2 22/09/2006 16.03
Spot per Unleash the Power for September Pain per Ramon, impegnato nel triple treath contro Mr. That e Revolver Leon.

Edit---Dimenticavo...."Tumèn mrzisarèl máhe, a me kamèn tuménge"--->Odiatemi e io vi amerò.

[Modificato da vd2 22/09/2006 16.04]





va negli ufficiali, ppv collettivo. :Sm1:
vd2
00venerdì 22 settembre 2006 18:10
Re: Re:

Scritto da: cell in the hell 22/09/2006 17.57



va negli ufficiali, ppv collettivo. :Sm1:



Ok. non è che potresti anche levarmi le G dal titolo che ho fatto copia e incolla e mi sono sbagliato??

Grazie :Sm1:
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