Togliere il pane agli affamati

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-Kaname-chan
00domenica 30 luglio 2006 22:22
Di FRANCESCCo Giavazzi

Ogni anno gli Stati Uniti,concedono ai loro agricò1tori sovvenzioni
per 20 miliardi di dollari un po’ più del reddito nazionale del Kenia,un
quarto del reddito nazio¬nale egiziano. Di questi, due miliardi circa vanno a un "centinaio di produt¬tori di cotone, grandi aziende agricole che gra¬zie al sussidio fanno lauti profitti. Senza questi aiuti le esportazioni ame¬ricane di cotone si dimez¬zerebbero e la produzione
mondiale si spostereb¬be verso Egitto e India, due Paesi il cui cotone è in media di qualità mi¬gliore di quello americano.
In Europa molti cre¬dono che lo scopo della nostra politica agricola sia proteggere i piccoli
coltivatori e così contribuire a preservare l'ambiente, una civiltà preziosa,
la tradizione delle piccole comunità. E falso.
Ogni anno l'Europa spende, per sostenere i propri agricoltori, circa 50 miliardi di euro, un po' più del reddito nazionale della Repubblica slovacca. Il principe Alberto di Monaco riceve 300 mila euro l'anno per la sua fattoria in Fran¬cia, la regina d'Inghilterra 546 mila (nel 2003). In Olanda i tre maggiori beneficiari degli aiuti agricoli sono grandi multinazionali: Philip Morrris (1, 5 milioni nel 2003), Royal Dutch Shell (660 mila ), Van Prie (745 mila). In Gran Bretagna Nestlé.ha ricevuto nel 2004 11 milioni di euro; Tate&Lyle, la più grande azienda europea di raffinazione dello zucchero di canna, 127 milioni. Altro che picco¬li coltivatori e allevatori!
E sono stati proprio gli inglesi a opporsi a una regola che avrebbe favorito i piccoli coltivatori
limitando i grandi sussidi.
All'origine del recente fallimento dei negoziati, di Ginevra sul commercio internazionale vi so¬no due interessi coincidenti.
Nei Paesi ricchi - Europa, Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud- la miopia politca che non trova il coraggio di tagliare i sussi¬di ai pochi agricoltori pri¬vilegiati; in alcuni paesi emergenti -Brasile e India in particolare l'illusione che proteggere le proprie industrie con i dazi aiuti la crescita. Dobbiamo preoccupaci di questo fallimento?
lo non penso che sen¬za questi accordi l'integrazione del mondo si fermerà, ma andrà avanti portandosi appresso due gravi distorsioni. In¬nanzitutto i consumatori dei Paesi ricchi continueranno a sovvenzionare, senza che nessuno glielo abbia chiesto, le rendite degli agricoltori. Se un referendum ci chiedesse: «Siete disposti a pagare un po' più tasse
per salvaguardare la bel¬lezza della campagna to¬scana e gli ulivi della Pu¬glia?», è probabile che molti italiani risponde¬rebbero sì. Ma lo si do¬vrebbe chiedere esplicita¬mente; anziché gestire la politica agricola a Bruxelles in un modo incom¬prensibile per la mag¬gior parte di noi.
In secondo luogo, il fallimento di Ginevra in¬debolisce l'Organizzazio¬ne mondiale del commer¬cio (OMC), l’arbitro delle regole sugli scambi in¬ternazionali. Per com¬prendere quanto sia im¬portante una OMC forte,basta ricordare il 2003,
quando i giudici di Ginevra imposero al presiden¬te George Bush di cancellare i dazi sulle im¬portazioni di acciaio, con cui aveva cercato di guadagnare i voti dei si¬derurgici americani.
Nel dibattito italìano sulla liberalizzazione del commercio stupisce ¬come ha ricordato sul
'Sole 24 Ore Riccardo Faini, il consigliere eco¬nomico del ministro del¬l'Economia Tommaso Padoa Schioppa - il si¬lenzio dei nostri indu¬striali.

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