OH, CHE SANTA GUERRA!

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INES TABUSSO
00domenica 18 novembre 2007 18:13


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Il nunzio apostolico negli Usa:
«Israele non rispetta i patti»
di Giuseppe Caffulli
Washington, November 16, 2007


Monsignor Pietro Sambi è nunzio apostolico negli Stati Uniti dal 17 dicembre 2005, oltre che Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione degli Stati Americani. Dal 1971 al 1974 ha lavorato presso la delegazione apostolica di Gerusalemme. Nel 1998 è ritornato in Israele come nunzio apostolico. La città santa, i luoghi che per primi hanno conosciuto la Salvezza, la situazione dei cristiani in Medio Oriente, il lavoro della Chiesa locale e le relazioni tra Stato d'Israele e Santa Sede - anche ora che lavora negli Stati Uniti - non smettono di essere al centro degli interessi di mons. Sambi. Che così spiega questa sua attenzione particolare: «Chi non c'è stato non può capire. Gerusalemme ti entra sotto la pelle, diventa parte di te».

L'abbiamo incontrato qualche giorno fa presso la nunziatura apostolica di Washington, dove ha volentieri accettato di rispondere alle nostre domande.

Monsignor Sambi, le relazioni tra Santa Sede e Stato d'Israele subiscono spesso contraccolpi, specie a causa del mancato procedere dei lavori della Commissione bilaterale che dovrebbe portare a termine la definizione dell'Accordo Fondamentale siglato nel 1993. Qualche giorno fa, l'ennesimo nulla di fatto. Avendo seguito a lungo queste vicende, come vede lei la situazione attuale?

Se devo essere franco, le relazioni tra la Chiesa cattolica e lo Stato d'Israele erano migliori quando non c'erano i rapporti diplomatici. La Santa Sede ha deciso di stabilire i rapporti diplomatici con Israele come un atto di fiducia, lasciando a promesse impegnative di regolare più tardi gli aspetti concreti della vita delle comunità cattoliche e della Chiesa. Il 30 dicembre 1993 è stato firmato l'Accordo Fondamentale il quale, oltre a prevedere lo stabilimento dei rapporti diplomatici, comanda anche che vi sia un Accordo giuridico, firmato nel 1997 e mai entrato in vigore sul territorio israeliano, e un Accordo economico che deve toccare soprattutto tre argomenti: le proprietà della Chiesa ingiustamente espropriate o sottoposte a ingiusta servitù; i servizi che la Chiesa rende alla popolazione israeliana, sia essa di origine ebraica o palestinese: ad uguale servizio deve corrispondere uguale compenso, come per le istituzioni statali; la questione delle tasse. Per la questione delle tasse, la Santa Sede chiede una cosa semplice e naturale: ciò che è avvenuto durante gli ultimi tre secoli, ciò che Israele ha promesso al momento della sua indipendenza nel 1948, ciò che è sottinteso con la firma dell'Accordo giuridico, ciò che di fatto avviene fino a questo momento in materia di esenzione di tasse per le istituzioni religiose cristiane, sia cristallizzato giuridicamente in un accordo di valore internazionale. Ora, c'è una strana situazione: gli accordi già firmati, quello Fondamentale e quello Giuridico, sono validi internazionalmente, ma non sono validi in Israele, perché la legge israeliana rende obbligatoria l'approvazione della Knesset perché un accordo valido internazionalmente diventi valido sul territorio israeliano. E l'approvazione della Knesset nessuno ha avuto la preoccupazione di chiederla. L'Accordo economico, dopo quasi dieci anni di trattative rese inutili da rinvii degli incontri da parte della delegazione israeliana, da mancanza di poteri della medesima nelle trattative, in una parola per assenza di volontà politica, non è stato ancora firmato. È sotto gli occhi di tutti quale fiducia si possa accordare alle promesse d'Israele!
Il problema dei visti per il personale religioso cattolico era di più facile soluzione quando non esistevano i rapporti diplomatici tra la Santa Sede ed Israele.

Cosa possono fare oggi il nunzio negli Usa e la Chiesa che è in America per far sbloccare la situazione? C'è una situazione di stallo molto preoccupante...

La fiducia non si compra al mercato; si consolida con il rispetto degli accordi firmati e con la fedeltà alla parola data. Negli Stati Uniti si fa tutto il possibile perché pressioni siano esercitate nella giusta direzione. Israele ha già troppe difficoltà con troppi Paesi. Sembra insipido volerne creare altre anche con gli amici.
Lo stallo attuale nelle trattative pare misterioso non solo alla Santa Sede, al mondo cristiano e a tanti Paesi amici d'Israele, ma anche a molti ebrei, siano essi onorabili cittadini d'Israele o di altri Paesi.
La ragione spesso fornita da Israele per giustificare le lungaggini è stata la priorità da dare alla sicurezza. Certo, ogni Stato ha il dovere prioritario di difendere i propri cittadini. La sicurezza, dice la logica, si accresce aumentando il numero dei Paesi amici e diminuendo quello dei nemici. Un detto rabbinico, che cito a memoria, dice che il generale più valoroso non è quello che travolge il nemico, ma che sa trasformare il nemico in amico!

Siamo a poche settimane della prevista Conferenza di Annapolis, che sembra stentare a trovare una sua strada e una sua fisionomia... Un eventuale fallimento non potrebbe avere conseguenze ancora più negative sul quadro mediorientale?

Hanno certamente torto quelli che dicono che la pace è impossibile e quindi incrociano le braccia. Chiunque faccia qualcosa per rendere la pace possibile è da apprezzare. Quale sarà il risultato della Conferenza? Vi sarà una Conferenza internazionale sulla pace in Medio Oriente? L'augurio è che vi sia e che dia i migliori risultati. Se questi non ci fossero, significa solo che bisogna subito ricominciare da capo e tentare nuove vie. L'ultima parola non può essere lasciata al conflitto. Solo la pace ha il diritto all'ultima parola.

La situazione degli iracheni in fuga dal proprio Paese - e dei cristiani in particolare - sta diventando uno dei capitoli più dolorosi e drammatici del Medio Oriente oggi... Come vive la Chiesa americana questa tragedia?

Si cerca di farlo presente continuamente questo gravissimo problema. Vi sono Paesi come la Siria e la Giordania che sono al limite delle possibilità per la grande quantità di immigrati che ricevono dall'Iraq. È una tragedia nata da quella guerra. Sbalordisce il silenzio dell'opinione pubblica internazionale su questa immane tragedia. Mi consta che la Conferenza episcopale degli Stati Uniti e i suoi organismi umanitari siano fortemente impegnati nel portare soccorso, non solo ai cristiani dell'Iraq, ma a tutti i rifugiati di quel Paese, quale che sia la loro fede. La mia esperienza attraverso il mondo mi ha mostrato che il rifugiato è l'essere umano nelle condizioni più deboli: non ha più nulla di suo, neppure l'aria che respira.




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LA REPUBBLICA
www.repubblica.it
10 novembre 2007
Turisti nel nome di Dio
un affare da 5 miliardi
Lo straordinario business dei pellegrinaggi cresce del 20% all'anno.
Aerei selezionati
conventi a 5 stelle.
E l'extraterritorialità consente guadagni esentasse
di CURZIO MALTESE


Il cardinale Ruini al primo pellegrinaggio in aereo
DAL BLOG di papa Ratzinger, ufficioso ma benedetto dal Santo Padre, si legge: "Nell'era del low cost, l'Opera Romana Pellegrinaggi si adegua". La ricerca di Dio si affida a voli rigorosamente a basso costo. Il Boeing 707-200 della flotta Mistral, fondata nel 1981 dall'attore Bud Spencer, e ora targato Orp, è decollato il 27 agosto da Roma con destinazione Lourdes.
I pellegrini, 148 fra i quali l'invitato Luciano Moggi, hanno intrapreso il viaggio spirituale supportati da una guida d'eccellenza: il cardinale Camillo Ruini. Il rettore della Pontificia Università Lateranense ha elargito la sua benedizione ai devoti. All'ingresso, le hostess in completo giallo e blu, spilla del Vaticano e fazzoletto giallo al collo, accolgono i passeggeri e li accompagno al posto. Sul poggiatesta si legge: "Cerco il tuo volto Signore".

È nato insomma con un lancio pubblicitario in grande stile l'accordo fra il Vaticano e la Mistral nel settore del turismo della fede. Per una "ricerca di Dio con voli rigorosamente a basso costo", la Chiesa si affida al testimonial Luciano Moggi, all'epoca già rinviato a giudizio, e alla chiacchierata compagnia delle Poste Italiane. La Mistral, fondata da Bud Spencer e salvata durante il governo Berlusconi con un'operazione giudicata fuori mercato perfino da alcuni parlamentari della destra e ancora oggi avvolta nel mistero.

Un'interrogazione del deputato di An Vincenzo Nespoli sul perché le Poste sborsavano fino a quindici volte il valore nominale delle azioni Mistral, per fare oltrettutto concorrenza all'Alitalia in crisi, non ebbe mai risposta dal governo. Il patto fra Mistral e Opera Romana Pellegrinaggi per trasportare il primo anno 50 mila pellegrini italiani verso i santuari d'Europa e Terra Santa, con la previsione di arrivare a 150 mila nel 2008 (centocinquantesimo anniversario dell'apparizione di Fatima) non è che la punta dell'iceberg di un affare gigantesco: il turismo religioso. Quasi sempre esentasse.

Il turismo è il primo settore commerciale del mondo per espansione, terzo per margini di profitti dietro il petrolio e il traffico di armi. In Italia, una delle principali mete del pianeta, la chiesa cattolica è di gran lunga il dominus del settore. Secondo l'indagine Trademark la chiesa cattolica controlla ogni anno un traffico di 40 milioni di presenze, 19 milioni di pernottamenti, 250 mila posti letto in quasi 4 mila strutture. Il volume d'affari supera i 5 miliardi di euro all'anno, il triplo del fatturato dell'Alpitour, primo tour operator italiano. In cima alla piramide organizzativa del turismo cattolico sta l'Opera Romana Pellegrinaggi, che ha convenzioni con 2500 agenzie e una rete con migliaia di referenti sul territorio.

L'Opr è presieduta da Camillo Ruini, Vicario di Roma, con Liberio Andreatta già amministratore delegato e ora vice presidente, alle dirette dipendenze della Santa Sede. A fianco dell'Opr svolge un ruolo importante l'Apsa, l'amministrazione patrimoniale della Santa sede, che gestisce gli immobili della Chiesa e spesso gli utili alberghieri. Entrambe le società hanno sede nella Città del Vaticano, godono dunque di un regime di extraterritorialità che significa in pratica non dover presentare bilanci e sfuggire alle leggi italiane in materia fiscale, di igiene, prevenzione eccetera.

In più, in tutte le convenzioni fra l'Orp e i clienti, esiste un comma (16) che rimanda "per tutte le eventiali controversie" alla "legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano". E qual è la legge fondamentale della Città del Vaticano? Questa, che su qualsiasi controversia legale, civile o penale, l'ultima parola spetta al Papa. Il turista cattolico o no, ma in ogni caso al novanta per cento cittadino italiano, che volesse reclamare contro il servizio offerto, dovrebbe dunque aspettare la parola definitiva del Santo Padre. Nonostante questo, lo Stato italiano favorisce in vari modi l'Orp, patrocinata anche dal ministero delle Comunicazioni.

L'extraterritorialità del resto è una regola piuttosto diffusa per le attività commerciali della Chiesa, come nella sanità privata. L'ospedale pediatrico romano del Bambin Gesù, per fare un esempio, notissimo ai genitori della capitale, riceve numerosi finanziamenti statali e della Regione Lazio. Ma né l'amministrazione statale né quella regionale hanno il potere di rivedere gli accordi col Bambin Gesù perché ogni modifica deve essere trattata direttamente dal ministro degli Esteri con il Vaticano.

In un settore ricco e in forte espansione come il turismo, l'extraterritorialità si traduce in un formidabile ombrello fiscale. Non si tratta soltanto dell'Ici non pagata per alberghi, ristoranti, bar di proprietà degli enti ecclesiastici. Ma anche del mancato gettito di Ire (ex Irpef), Ires (ex Irpeg), Irap e altre imposte. Su questo lungo elenco di privilegi fiscali, nel rispetto del Trattato Comunitario, la commissione europea ha chiesto da tempo chiarimenti al governo italiano. I lavoratori delle "case religiose", sempre più spesso veri e propri alberghi rintracciabili sul circuito commerciale normale, sono spesso suore o preti o volontari o legati da contratti anomali di collaborazione. Quindi gli enti ecclesiastici non devono pagare le imposte e i contributi previdenziali sul lavoro dipendente.

Nel sito della Cei, a questo proposito, si legge negli ultimi tempi una ricorrente lamentela per il fatto che, visti gli indici di crescita, la catena turistica religiosa deve ricorrere sempre più spesso al personale "esterno". "Il personale esterno non garantisce le stesse prestazioni" di suore e preti, pretende di essere pagato per gli straordinari e cerca di introdurre tutele sindacali. Sia pure con i limiti enormi di libertà imposti dalla giurisdizione pontificia. I privilegi fiscali della Chiesa si traducono in un vantaggio sulla concorrenza e nella possibilità di praticare prezzi fuori mercato.

Se il settore turistico cresce ovunque in Italia, l'espansione di quello religioso ha tratti spettacolari, con un aumento di quasi il venti per cento all'anno.
Nel volgere di quattro o cinque anni il volume d'affari potrebbe sfondare il tetto dei 10 miliardi di euro. Non si tratta soltanto di turismo "povero" o "low cost". "Sono ormai un centinaio i monasteri-alberghi entrati nei network Condè-Nast, Relais & Chateaux o Leading Hotel of the world" scrive il Sole 24 Ore. Ma si tratti di due, tre, quattro o cinque stelle, i prezzi sono sempre inferiori alla concorrenza, grazie alle minori spese.

Abbiamo parlato nelle puntate scorse dell'hotel delle Brigidine, 190 euro a notte, ma in una zona dove un quattro o cinque stelle costa quasi il doppio. I casi soltanto nella capitale sono decine. Dai Carmelitani di Castel Sant'Angelo, che offrono camere con frigobar, tv satellitare e aria condizionata a 120 euro, fino ai "tre stelle" a 60 o 70 euro. La spendida abbazia di Chiaravalle alle porte di Milano costa 300 euro, ma è un cinque stelle a tutti gli effetti. Lo stesso vale per le celebri Orsoline di Cortina e per il monastero di Camaldoli nell'aretino, mete di turismo intellettuale, culturale e politico d'alto bordo.

Se si scende al livello del turismo di massa, i prezzi calano ma il fatturato esplode. E lo stato italiano favorisce in ogni modo. Con le esenzioni e con i finanziamenti diretti. I 3.500 miliardi di lire versati dall'erario alla Chiesa per il Giubileo sono serviti in buona parte a riorgazzare la rete di accoglienza turistica. Ma quella pioggia di soldi non si è mai davvero fermata. In varie forme, governo ed enti locali continuano a sovvenzionare la rete alberghiera religiosa. Per il rilancio dell'antica Via Francigena, che nel medioevo collegava Roma a Canterbury, l'ultimo finanziamento statale è stato di 10 milioni di euro.
Ma bisogna aggiungere le centinaia di contributi degli enti locali. Visto il successo, l'Orp ha deciso di rilanciare anche altri pellegrinaggi: il Commino di Sigerico, da Milano a Roma; la Via dell'Est, che da Venezia attraversa Romagna e Umbria; l'antico cammino del Sud da Roma a Otranto. L'ultimo con un passaggio d'obbligo al santuario di San Giovanni Rotondo, il cui boom turistico ha messo di gran lunga in secondo piano le recenti rivelazioni sui dubbi di Giovanni Paolo XXIII a proposito della santità di Padre Pio, i suoi rapporti con le fedeli e l'origine reale delle stimmate.

In tutti questi progetti non c'è stato comune o provincia o regione o comunità montane, governata da destra o da sinistra, che non si sia accollata finanziamenti, agevolazioni fiscali, oneri di ristrutturazione. Non stupisce insomma che l'Opera Romana Pellegrinaggi allarghi di settimana in settimana il raggio d'azione. Il 2007 è stato l'anno dei voli della fede in Europa e Terra Santa. Il 2008 sarà l'anno dello sbarco nel mercato americano con il progetto "Christian World Tour". "Fra il 2008 e il 2009 - dichiara l'amministratore delegato dell'Orp, padre Cesare Atuire - i progetti saranno estesi all'America Latina e all'Oriente, in particolare Cina, India e Filippine". Tutto "rigorosamente low cost".
(Hanno collaborato Carlo Pontesilli e Maurizio Turco)





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