Nuova fazione: Marchesato di Oristano

The Housekeeper
00martedì 19 luglio 2011 13:20
Postate qua ogni info utile sul Marchesato di Oristano
The Housekeeper
00mercoledì 20 luglio 2011 11:08
ottimo.

Aggiungo un testo significativo del 1410, anno in cui scompare l'indipendente giudicato di Arborea, lasciando il posto al marchesato di Oristano, feudo degli aragonesi



«Sia a tutti noto che Noi D. Pietro Torrellas, Luogotenente dell’illustrissimo principe e signore Re di Aragona ec., considerando che per le pratiche e consigli del cavaliere Raimondo di Raxach e di altri gentiluomini, che molto si adoperarono in questo negozio, voi Leonardo Cubello, che gli abitatori di Oristano e molti altri nazionali di quest’isola elessero e posero in loro protettore e signore nel luogo del Giudice d’Arborea in questa città, che noi tenghiamo circondata da una gran moltitudine di uomini nobili di fanteria e di cavalleria, riconoscendo i vostri errori e la colpa, stanco e affatigato dalle tenzoni e da’ pericoli delle guerre, e domandando da Noi indulgenza volete di buon animo ritornare all’ossequio del Re promettendo di fare omaggio e giuramento che sarete in avvenire vero ligio e leale suddito e vassallo al detto signor Re e a’ successori, e in segno di vassallaggio pagherete al medesimo ogni anno cinquecento fiorini d’Aragona per tributo, e per sicurezza darete uno dei vostri figli, con i figli di molti probi uomini della detta città, ostaggi nella nostra podestà, e ci darete trentamila fiorini d’oro di Firenze per le spese dell’armamento di cavalleria, fanteria, e marina. Noi desiderando condurre al suo desiderato fine la conquista del regno di Sardegna, perchè il predetto illustrissimo signor Re ci mandò in quest’isola con molta comitiva di fanti e cavalli, con i quali senza indugio intendiamo procedere nel Logudoro, che col divino ajuto speriamo in breve di ridurre sotto la vera obbedienza del detto illustrissimo signor Re; alle suppliche del venerabile religioso fra Elia di Palmas, priore del monistero di Bonarcado, di Giovanni Latte, e di Leonardo di Ferrara, notajo, ambasciadori mandatici per nome e parte di voi, Leonardo Cubello e di dodici probi uomini eletti per il popolo della predetta città di Oristano, la quale, come sunnotammo, teniamo assediata; e perchè non abbian luogo i danni che si temono nella invasione che avevam deliberato di fare con mano forte contro questa città e popolo, e che in riverenza della passione di G. C. Signor Nostro e per pietà del popolo di detta città lasciam di effettuare, e perchè crediamo e speriamo che voi Leonardo Cubello e tutti i vostri e il popolo della predetta città, siate disposti di cuore al servigio del Re: pertanto col consilio de’ predetti gentiluomini dell’esercito, col tenore del presente istromento, valituro fermamente in tutti i tempi, commossi dalle predette ragioni e da altre, dalle quali siamo indotti a così operare, gratuitamente e scientemente e da parte del predetto Re, e per l’autorità degli officii che esercitiamo, concediamo e doniamo con donazione pura e irrevocabile, che dicesi tra vivi, a voi Leonardo Cubello e a’ vostri eredi e successori perpetuamente in feudo, nella propria natura de’ feudi d’Italia, secondo il tenore de’ feudi d’Italia, e sotto le condizioni e riserve infrascritte la predetta città di Oristano con tutti i suoi accessorii, i campidani, le fortezze, i villaggi, le città, la contea e il castello del Goceano con tutte le pertinenze, col mero e misto imperio … Riserviamo però espressamente per il detto signor Re e i suoi successori, che il titolo o nome del Giudicato di Arborea sia abolito; e che voi detto Leonardo Cubello e i successori vostri avrete la dignità e sarete insigniti perpetuamente del titolo di marchesi d’Oristano, conti del Goceano. E perchè voi, detto Leonardo Cubello, avevate occupato la città di Oristano e quasi tutto il suo Campidano con la contea del Goceano, Noi perchè questo vostro acquisto non sia posto in dubbio e la presente donazione non patisca alcun difetto, ma sia afforzata e sostenuta con ogni maniera di fermezza, vi facciamo la predetta concessione per le ragioni sopra-dette, e voi detto Leonardo Cubello e i vostri successori abbiamo elevato alla dignità di marchese d’Oristano e conte del Goceano con questo pubblico istromento e da parte del detto signor Re con le prerogative, preeminenze, onoranze, maniere e forme, quali e quante si godono dagli altri marchesi e conti vassalli del Re, così veramente che voi finchè vivrete e i vostri successori userete il titolo di marchesi di Oristano e conti del Goceano, e che nè voi nè vostri successori o aventi diritto da voi non riconoscerete nè nominerete o proclamerete altra signoria nè altri signori, fuorchè gli illustrissimi signori Re d’Aragona ecc.

Noi però certifichiamo e riconosciamo in tutta verità aver avuto e ricevuto da voi, che ce li festi ben e interamente contare, trentamila fiorini d’oro di Firenze, che abbiamo dato alle milizie del Re di terra e di mare per i loro stipendi, e uno de’ vostri figli e altri figli de’ probi uomini della detta città manditici da voi, come a vostro nome era stato promesso.

Inoltre voi Leonardo Cubello accettando la donazione e concessione predetta … Giuriamo …»

Dato nell’assedio della città d’Oristano nel convento di san Martino addì 29 marzo 1410».

Così il Cubello dalla splendida dignità de’ giudici discese alla classe de’ feudatari comuni, e consentì in questo perchè potesse poi sostenersi nella usurpazione col favore di quelli che avea finora odiati come oppressori della nazione, contro il potere del Narbonese da lui tradito con turpe perfidia.
The Housekeeper
00mercoledì 20 luglio 2011 11:27
Torrella concedeva poi a Giovanni De Jana, suocero dello stesso Leonardo, che avea combattuto sotto le insegne aragonesi e molto cooperato alla oppressione degli arboresi, le regioni di Mandralisai e di Ollolai nella Barbagia: ma non osò movere come avea minacciato contro il Logudoro.

Non era ancora detto l’ultimo motto sopra il Giudicato di Arborea, perchè Guglielmo di Narbona che sosteneva i diritti di Beatrice, già riconosciuti dagli stessi arboresi, come abbiam veduto, continuava a levare il vessillo nazionale e a tenere il titolo di Giudice.

La sorte parve volger a lui più propizia dopo la morte di Martino il vecchio senza discendenza, perchè nel litigio che insorse per la successione la reggenza di Aragona non ebbe tempo per pensare alle cose sarde, e Torrella non potè avere i soccorsi che gli erano necessarii per riacquistare tutta la provincia di Logudoro e la città di Sassari.

Il Narbonese conoscendo la debolezza de’ suoi avversarii slargò il suo dominio, sollecitò alla ribellione tutti i sardi, e mostrò ambire assai più che gli potean dare i suoi diritti, non la sola Arborea, ma tutta quanta la Sardegna. Gli arboresi sudditi di Cubello dovettero patire da lui non meno che gli aragonesi.

I Doria sardi co’ Genovesi avendo preso a macchinare contro gli Aragonesi, e il Torrella essendo obbligato a opporsi alle loro intraprese, Guglielmo di Narbona credette poter felicemente agire contro il suo emolo Cubello, e scendendo dal Logudoro nell’Arborea, si impadronì di molti luoghi e cinse d’assedio la città di Oristano. I cittadini implorarono allora la protezione del Vicerè, e questi avendo raccolte le truppe che potè avere, fece molte scorrerie, ricuperò varii luoghi già occupati dal Visconte, castigò alcuni popoli che eransi ribellati, e aspettando maggiori forze si pose in Monreale con un corpo di quattrocento cavalli, e potè introdurre nella città assediata un sussidio di cento scelti uomini d’arme sotto il comando di Georgio Caramaino, di Raimondo di Rexa e di Pietro Bel-tramo.

Guglielmo perchè vide che la città non calava a patti, come egli avea sperato nel patriotismo degli oristanesi, che mal soffrivano essere stati tanto degradati per la transazione di Cubello: e per le malattie, che in quel tempo d’aria insalubre si saranno senza dubbio suscitate nel suo esercito, sentivasi debole a tentare o a proseguire l’espugnazione, deliberò di trattare d’una tregua col Torrella, e inviogli il signor di Morlany, commettendo a questi di proporre un compromesso per giudicare sopra i suoi diritti; ma il Torrella non volle entrare in nessuna pratica, e protestò che non considererebbe le proposte prima che l’assedio fosse sciolto, e l’esercito ritiratosi.

Non potendo più a lungo persistere nella malaugurata impresa il Narbonese risalì nel Logudoro e ritornossene in Sassari.



Nell’anno seguente 1411 essendo il Torrella andato in Alghero ricevette le proposte di Guglielmo, e consentì l’armistizio. Allora si pensò alla nomina de’ compromessarii, che dovessero arbitrare su’ diritti delle due parti, e si nominò di comun accordo il Conte di Urgelle, al quale dovrebbero assistere due cavalieri da nominarsi singolarmente dal Torrella e da Guglielmo.

Essendo pochi giorni dopo morto di pestilenza in quella città il Torrella, lasciando in suo luogo al governo generale dell’isola Rimbaldo Corbera, questi ratificò le cose già stabilite tra il suo predecessore e il Narbonese. Ma non era negli aragonesi gran confidenza nelle disposizioni di pace mostrate da costui, perchè sapeano quant’egli deferisse ai sassaresi, e in quant’ira i sassaresi avessero gli aragonesi, da’ quali erasi giurato che patirebbero gli estremi mali e si assoggetterebbero più volentieri alla dominazione de’ mori, che al giogo di Aragona.

Non meno che da’ sassaresi essendo gli aragonesi detestati dagli altri sardi, il Visconte era a tutti carissimo, e riguardato e onorato come protettore e patrono.

In questo tempo venne egli a battaglia con Nicoloso Doria signore di Monteleone, lo sconfisse e fece prigioniero; ma per le preghiere de’ sassaresi lo rimise in libertà dopo avere ricevuto per il riscatto tre mila fiorini.

Sdegnatosi di nuovo con Nicoloso fece alleanza con Cassiano Doria, di lui parente e nemico, mosse con le sue genti per combattere, e così lo premette, che quegli videsi nella necessità di riconciliarsi con gli aragonesi e far alleanza con Vincenzo d’Istria, conte di Cinerca in Corsica: dopo che mandò suo fratello Giovanni in Catalogna con trentamila fiorini per raccogliervi degli uomini d’arme. Quando approdata in Alghero questa milizia, che componevasi di trecento cavalieri e di altrettanti balestrieri, potè Nicoloso parlar alto contro il Narbonese, tentò e ottenne di separare Cassiano da lui e riconciliarlo col vicerè Rimbaldo Corbera.

Nell’anno seguente 1412 il Visconte avendo radunato un numeroso esercito corse le terre de’ suoi nemici, le guastò col ferro e col fuoco, ed essendosi incontrato con le genti di Cassiano le disperse trucidandone più di trecento.

Dopo questa vittoria non più temendo de’ suoi nemici andò in Macomer, vi si fortificò, e minacciando di invadere un’altra volta i dipartimenti del marchesato sollecitò alla ribellione i popoli di Parte-Valenza, di Parte-Montis e della Marmilla. Quei popoli insorsero, ma Leonardo Cubello con i suoi e Berengario Carroz vicerè con l’esercito aragonese repressero quei movimenti.

Non avendo nulla profittato dalla parte d’Oristano si volse il Visconte contro Alghero, mosso da’ sassaresi che odiavano a morte gli algheresi, gente catalana, e operò con grand’animo nella espugnazione. Già egli teneasi certo della vittoria vedendo molti de’ suoi giunti sopra le mura; ma Raimondo Zatrilla, allora governatore del Logudoro, assistito da Gio. Bartolomeo, capitano d’una galera, e dalla ciurma della medesima, parte ne rovesciò ne’ fossi, parte ne prese, tra’ quali era un bastardo del Conte di Savoja, che come gli altri fu vittima del furor popolare.

Per questo fatto essendosi riaccesa la guerra tra il Visconte e gli aragonesi fu subito spedito un esercito dalla Catalogna sotto il comando di Acarto De Mur, e Berengario conte di Chirra, Leonardo marchese di Oristano e Nicolò Doria fortificarono tutte le castella e si prepararono alla lotta. Ma non si fecero cose memorabili.

Nel settembre dello stesso anno essendosi finalmente risoluta la gran questione della successione e nominato in Saragozza l’infante D. Ferdinando re di Aragona e di Sardegna, Guglielmo confidando nella benignità e giustizia del nuovo monarca cessò dalla guerra, e prima mandò a lui il Signor di Morlany, il quale con l’assistenza di Alvaro da Avila ragionò con molta forza de’ diritti suoi sopra il Giudicato di Arborea; poi nell’anno seguente 1413 avendo ricevuto un salvocondotto, partì da Sardegna, lasciandovi a vicario di Arborea Amerigo, a governatore del Logudoro Pietro di Monbruno e a podestà di Sassari Leonardo Cano. Giunto in Barcellona con un seguito di sessanta gentiluomini e ricevutovi da Berengario Carroz, conte di Chirra, mandatogli all’incontro dal Re, si presentò in Lerida alla Corte, e non solo vi fu ricevuto con grand’onore, ma ebbe assegnata da Ferdinando una pensione annua di mille fiorini.

Nel 1414 essendosi terminate le trattative col Re, Guglielmo promise di consegnare fra breve in mano de’ ministri del Re la città di Sassari e di cedere i suoi diritti sopra il Giudicato di Arborea e la Contea del Goceano pel prezzo di cento cinquantatre mila fiorini; e consentì che per una parte di questa somma (ottantamila fior.) riceverebbe le terre di Argilla, Figuera e Terella, oppure che per tutto il prezzo gli sarebbero nominati idonei fidejussori in Tolosa, Carcassona e Narbona, dopo che Alvaro de Avila e Bernardo Dolms andando in Sardegna avrebbero consegnate le terre che erano in sua podestà.

Leonardo avendo saputo questi negozi mandò al Re l’Arcivescovo di Oristano, Elia, per supplicarlo della conferma della concessione del marchesato d’Oristano e della contea del Goceano, e impetrolla nell’anno seguente 1415.

Ritornato in Sardegna Guglielmo ad aspettarvi che se gli desse il prezzo della stipulata cessione o se gli offrisse la domandata malleveria; e vedendo che non si pensava a finire il negozio riprese le armi e con ogni modo procurò avvantaggiarsi.

Ferdinando avendo conosciuto questi movimenti mandò Berengario Carroz per rinnovargli la promessa del prezzo e farlo consentire ad una tregua di quindici mesi.

Guglielmo posò un’altra volta le armi, e stette in pace finchè non giunse il nunzio della morte del Re che avea compita sua carriera mortale nell’aprile del 1416. Imperciocchè stimando che le convenzioni già fatte non aveano più valore volle proseguire l’impresa e occupare quanto spettavagli per diritto di successione. Nel che non molto fu contrariato da Raimondo Zatrilla, governatore del Logudoro, che partendo dal continente ebbe raccomandato dal Re di contenere nella fede i popoli sollecitati alla ribellione.

In questo tempo i barbaracini erano soggetti al Visconte, e molti lo servivano nella milizia; e altri popoli arboresi, a’ quali spiaceva l’umiliazione della patria sotto Leonardo apertamente parteggiavano per lui, che sostenea l’antica dignità del nome e mostra-vasi intento a rilevare l’Arborea al suo antico grado.

Nell’estate dello stesso anno accadde un gran com-movimento de’ partigiani di lui, dopo la funesta tragedia, in cui finì la vita di Valor De’ Ligia, esecrato da’ popoli, come un traditor della patria.

Avendo il re Ferdinando voluto gratificare a Valor De Ligia e al suo figlio Bernardo per li servigi da essi prestati alla corona a danno della loro patria, Leonardo Cubello ebbe comandato di cedere a’ medesimi la possessione della metà de’ dipartimenti del Guilcieri e del Barigadu: e questi docile al cenno cedette. Ricevette Valore da’ guilcieresi il giuramento di fedeltà e l’omaggio; ma per quanto tentasse non potè ottenere che altrettanto facessero i barigadesi, ostinatissimi a non riconoscerlo nè a prestargli obbedienza. Avendo però il Valor continuato a insistere su questo dovere ebbe finalmente promessa che se gli sottometterebbero sotto certe condizioni, ed egli nel giorno fissato 19 di luglio, che era domenica, si portò nella terra di Zuuri insieme col figlio. Comparvero poco stante in arme i principali barigadesi e con essi alcune compagnie di barbaracini, e venuti con lui a discussione lo trucidarono crudelmente col figlio. Questa strage fu il segno d’una general sollevazione di popoli che desideravano il ristabilimento dell’antico giudicato.





Il re Alfonso quando seppe i progressi del Visconte deputò a lui Ludovico di Pontos, governatore di Cagliari, e Bartolommeo Miralle, e il Visconte rispondeva a questi dover essere contento il Re che egli si professasse suo vassallo e ritenesse a titolo di feudo le terre che possedeva; proponeva poi che dove il Re consentisse in questo egli cederebbe a’ suoi diritti sulle regioni che dovea aver sue per la successione di Beatrice a Leonora, ma non aveva tuttora occupate; soggiungeva in fine che se si volesse ritornare in sui patti stipulati con Ferdinando e gli fosse data in unica soluzione la somma già accordata di fiorini centocinquantatremila egli si ritirerebbe dall’isola.

Siffatte risposte essendosi riferite al Re, questi scrivea a’ suoi ministri in che modo potea rivenire su’ patti di Ferdinando, e domandava che procurassero di venir a conclusione, perchè composte le cose Sarde potesse adoperare tutte le sue forze per liberar la Corsica dalla tirannia dei genovesi.

I ministri del Re venuti a conferenza col Visconte fermarono queste condizioni: che Guglielmo deporrebbe il nome e le insegne di giudice di Arborea, e possederebbe a titolo di feudo Sassari e tutte le terre che allora si trovavano sotto il suo governo finchè fosse fatto il pattuito pagamento de’ centocinquantatremila fiorini per la cessione de’ suoi diritti al giudicato.

Dal 1416 in poi il giudice Guglielmo poco attese per se alle cose sarde, occupato nel servigio della Francia, e sul mare, dove comandò un vascello, e più soventi sul campo nella guerra contro i partigiani del duca di Borgogna e degli inglesi; e gli storici lo rammentano or confidente del contestabile d’Armagnac e compagno delle di lui sventure, ora uno de’ primi consiglieri del Delfino, ed ora uno di quelli che giurarono e sottoscrissero la pace di Ponceau sotto gli 11 luglio 1419 tra Carlo Delfino, e Giovanni duca di Borgogna. Commise però al suo Vicario di continuare il governo sulle terre possedute e sostenervi i suoi diritti.

Nel 1419 vedendo il Visconte che si procrastinava a venire all’adempimento de’ patti comandò al suo luogotenente di ricominciar la guerra, e il Re vedendo il nuovo pericolo mandò molte truppe dalla Sicilia sotto la condotta di Artale De Luna e Simone di Moncada. Leonardo Cubello somministrava al Re grandi somme per lo stipendio delle milizie e per le altre cose necessarie.

Siccome però questi provvedimenti erano insufficienti all’uopo il Re rinnovava col Visconte i patti già concertati.

Nell’anno seguente 1420 quando il Re, che conduceva la spedizione contro la Corsica, giunse in Alghero, pensò seriamente alla definizione del negozio col visconte di Narbona, e decretò fosse raccolta la somma pattuita da contribuzioni.

Volendosi prima riavere Longone e Terranova, Cubello contribuiva quel numero d’uomini d’arme, al quale era tenuto per il servigio militare.

Nelle ricompense che Alfonso diede dopo l’impresa a’ suoi gentiluomini, Nicolò Carroz di Arborea, Ludovico Aragall, Pietro Gomez, Raimondo di Montecateno, ecc.: il secondo ebbe Olzai, Fonni e Mamojada della Barbagia Ollolai, l’ultimo le regioni della Marmilla e di Monreale. Così i popoli che avean fatto parte dell’Arborea cominciavano a sottoporsi alla superba dominazione de’ baroni stranieri.

Intorno a questo tempo Guglielmo Ugone di Roccaberti mosse lite a Leonardo Cubello per ottenere i beni dotali di Maria, sua madre, figlia del giudice Ugo-ne. Questa lite fu poi proseguita da Dalmazzo suo figlio.

Leonardo Cubello essendo ricchissimo, come accennammo, potea dopo le ingenti spese già fatte imprestare al Re una grandissima somma, per la quale ricevette in pegno le ragioni del Mandralisai, di Barbagia Ollolai, e le terre di Neoneli, Nughedu, Ula, Allai e Busachi della Parte-Barigadu con la torre di Montessanto. Quindi mandò il suo contingente alla guerra corsicana.

Nell’anno seguente tenendosi dal Re il parlamento nella città di Cagliari, Cubello vi fu chiamato, e intervenutovi, primeggiò su tutti i baroni del regno per la sua maggior dignità, per la potenza e per la gran benevolenza che godea del Monarca.

Il Re essendo stato chiamato in Napoli dalla regina Giovanna vi giunse accompagnato da un gran corteggio di gentiluomini sardi, tra’ quali eran più insigni i parenti del marchese di Oristano, seguiti da molti uomini d’arme.

Nel 1422 la tranquillità della Sardegna restò turbata da un avvenimento inopinato. Barzolo Manno avendo occupato il castello del Goceano ed essendovisi fortificato dava gran noja e danno a’ popoli vicini con le sue frequenti scorrerie e depredazioni: perchè Leonardo andovvi con le sue milizie, e postele in assedio restovvi finchè il Manno essendo stato ucciso da’ suoi egli ebbe di nuovo in suo potere il castello.

Il movimento del Manno, che può parere indipendente dalla politica, derivò certamente da questa, e devesi in lui riconoscere uno de’ più potenti fautori di Guglielmo III di Narbona.

Nell’anno seguente 1423 l’antico dipartimento arborese di Monreale erigevasi in contea in favore di Guglielmo di Monpavone.

Nel 1424 per poco non si venne a guerra tra Bernardo Centelles, vicerè, e Leonardo Cubello marchese di Oristano, perchè il primo volea ritenere il possesso di Macomer, e l’altro si preparava a prenderselo di viva forza con le sue milizie. Ma Pietro Joffre e Raimondo Bottero mandati dai consoli di Cagliari al marchese, lo persuasero di rimetter la decisione del litigio alla giustizia del Re.

Moriva in quest’anno nella battaglia di Vernuil il giudice d’Arborea Guglielmo III, Visconte di Narbona, e in virtù del suo testamento de’ 5 maggio 1424 succedeva ne’ di lui stati di Narbona e di Arborea il suo fratello uterino Pietro de Tinieres.

Noterò che Guerina di Beaufort Canillac essendo rimasta vedova di Guglielmo II, sposava Guglielmo di Tinieres, signore di Mordoigne e Du Val.

Essendo Pietro Tinieres in sua prima età il signor di Mordoigne, suo padre, prese possesso degli stati lasciatigli; ma vedendo la gran difficoltà di mantenergli quelli di Sardegna a fronte della potenza del re di Aragona, e raffreddata la affezione de’ popoli verso un Principe, che era affatto straniero alla stirpe de’ sovrani nazionali, propose di ritornare nelle trattative, ma intanto continuò la guerra e il governo.

Nel 1426 Leonardo crebbe il suo stato comprando da Giovanni Corbera le terre di Pauli-latino, Norguillo, Domus-novas, Orene, Suddi, Zuuri, Guilcieri nel dipartimento nominato da questo ultimo paese, già sede di curatore.

In questo tempo tutti i paesi dell’antica Arborea che non furono compresi nel marchesato erano stati infeudati a’ baroni aragonesi e ad alcuni gentiluomini sardi, e si vendevano e rivendevano dagli uni agli altri. L’oppressione che i popoli pativano in tal ordine di cose facea che con rammarico si ricordassero del-l’antico governo de’ giudici e desiderassero che potesse l’Arborea ravvivarsi.

Nel 1427 essendo il re d’Aragona in guerra col re di Castiglia, e trovandosi in quel tempo per la Sicilia molti Castigliani, parve prudente di cautelarsi contro i tentativi di costoro, epperò fu dal Re mandato in quell’isola Salvatore Cubello con ducento cavalieri sardi. Questi nel 1431 quando Alfonso invase l’isola di Gerbi operò con tanto valore, che di molto accrebbe la riputazione militare acquistatasi nei campi di Castiglia.

Le trattative del signor di Mordoigne col re di Aragona sullo stato di Arborea essendo finalmente venute alla conclusione, quegli a nome di suo figlio ne effettuò la vendita; e ne’ 2 gennajo 1428 avendo ricevuti centomila fiorini d’oro fece la formal cessione de’ diritti del figlio al giudicato d’Arborea, al contado del Goceano e a tutte le sue pertinenze. Il Cubello contribuì gran parte di questa somma, alla quale aggiunsero i sassaresi e altri popoli. In quel giorno cadea finalmente e cessava di esistere per ogni rispetto quell’antico stato sovrano, di tanta antichità, che la Cronica di Reggio, citata dal Mameli de’ Mannelli disse lontana di ottocento anni quando perì Ugone.







Nel 1432 essendo morto Leonardo marchese di Oristano successegli suo figlio maggiore Antonio, e Salvatore suo fratello avendo ottenuto da lui nel prezzo di mille fiorini le ville già possedute da Antonio Pontos e di parte Cieri, o Guilcieri, cedetegli tutte le sue ragioni sulla paterna eredità.

Nell’anno 1433 essendo stati arrestati tutti i genovesi e fiorentini esistenti ne’ regni d’Aragona, e temendosi però qualche vendetta da’ liguri e toscani sopra la Sardegna, il Re provvide perchè si premunissero i luoghi forti e comandò ad Antonio, marchese di Oristano, che tenesse pronta la sua cavalleria per soccorrere alla difesa del regno contro gli invasori.

Nel 1434 il già sunnominato Nicoloso Doria, figlio di Brancaleone, conte di Monteleone e signore di Castel-genovese, avendo fatta alleanza co’ genovesi eccitò vari movimenti nell’isola; però Giacomo Bessora, vicerè, ordinò contro di lui una spedizione, la quale fu fatta dalle genti di Antonio, marchese di Oristano, e da alcune milizie di Sassari, Alghero e Bosa. Non potendosi di viva forza espugnare il castello di Monteleone si posero intorno e vi restarono anche per tutto l’inverno dell’anno seguente; quando Nicoloso calò a patti, e nell’armistizio si ritirò nel castello genovese.

Nel 1435 il re Alfonso essendo partito da Messina all’invito de’ napolitani dopo la morte della regina Giovanna, e avendo cinto per mare e per terra la città di Cajeta, Salvatore Cubello fece belle prove di valore co’ suoi oristanesi e con molti altri nobili sardi prima in terra, e poi nella pugna navale, che finì infelicemente per il re Alfonso fatto prigioniero da’ genovesi insieme co’ suoi fratelli, Giovanni ed Enrico, col Cubello e molti altri ottimati.

Nel 1436 una parte dell’antico stato di Mariano e di Leonora, e dico la città di Sellori con le ville di Laconi, Genoni, Nuragus, Nuralla e Decimo, si constituiva in viscontea in favore di Giovanni De Sena, possessore degli stessi luoghi. Giovanni ebbe successore Antonio De Sena, che allora nella conquista del regno di Napoli militava a proprie spese con ducento uomini d’arme.

Quest’Antonio vendeva al marchese d’Oristano le ville di Guilarza, Abbasanta ed Aido maggiore.

In quest’anno Salvatore d’Arborea, fratello del marchese d’Oristano, per i suoi insigni servigi militari nella Spagna contro il re di Castiglia, nell’isola di Gerbi contro i mori, nell’assedio di Gaeta e nella battaglia navale contro i genovesi ebbe dal Re confermati i feudi del Mandralisai e della Barbagia Ollolai, e delle terre di Neoneli, Norguillo, Ula, Allai, Busachi con la torre di Monte-santo, Ussai, Ustedu, Gurilmedu, Orena, Orogogo, Uras, Boeles, Licheri, Bolonina, Luci e Nordai delle contrade di parte Barigadu e di parte Guilcieri o Cieri.

Tra i gentiluomini oristanesi che si distinsero nel-l’impresa di Monteleone si nominò Salvatore Portula, il quale militò con due cavalli ed ebbe in dono il salto di Planu de Murtas.

Nell’anno seguente 1437 il Re volendo riconoscere le grandi benemerenze verso la corona di Antonio marchese di Oristano, e principalmente le sue fatiche personali nell’assedio della rocca di Monteleone, concedevagli nuova conferma del marchesato di Oristano e della contea del Goceano, e ampliava il privilegio ammettendo alla successione, in mancanza di maschi, le donne.

Essendo morto Francesco Turringio, de’ principali di Oristano, al quale il Re nel 1430 avea dato in feudo le ville di Biti e di Orani, Antonio le domandò e le ottenne.

Nel 1439 Salvatore d’Arborea ampliò il suo stato, comprando da Raimondo Riusec, altrimenti detto Francesco Centelles, la regione del Marghine di Macomer a piccol prezzo.
The Housekeeper
00mercoledì 25 aprile 2012 12:42
KITA DE BUIAKESOS ("compagnia di guardiani")
Cavalleria e fanteria pesante

Costoro erano soldati a cavallo scelti per la guardia del corpo dei Giudici ("judikes"). Compagnia ("kita") di guardiani ("buiakesos"), di vigilanza ai confini; la vigilanza era fissata in turni di una settimana (da qui kita = cida col significato di settimana).
La difesa personale del sovrano era affidata a loro (nel Logudoro e nell'Arborea); questa compagnia era costituita da guardie armate di "birrudu" ossia verrutto o verruda (dal latino "verutum"), un'arma simile a una roncola tagliente, della quale al tempo si parlava con terrore. Si trattava di una scorta di cavalieri scelti, i migliori, quelli che garantivano la tutela della vita dei regnanti della nazione sarda.

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BARDANERI
Cavalleria leggera

I "bardaneri" sono una tipica unità sarda dedita alla schermaglia in battaglia e, al di fuori delle battaglie, al furto del bestiame nemico. Questi assalti repentini e imprevedibili, seguiti da una ritirata altrettanto veloce, è chiamata "bardana" nel gergo locale. Cavalcando i piccoli cavalli isolani, che ben si prestano al terreno accidentato di Sardegna, i Bardaneri sono in grado di surclassare la cavalleria pesante con facilità. Armati di lunghe lance, essi possono caricare i nemici, per poi affrontarli corpo a corpo con le loro asce leggere.

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BIRRUDU
Fanteria leggera

"Sa berruda, come era conosciuta al tempo dei Judikes, è stata resa famosa dal figlio di Costantino giudice di Torres, Salthar(o), che prese parte all'assedio delle baleari, guidando un contingente di armigeri del regno di Torres assieme ad un drappello del giudicato di Calari. Con la sua berruda fece strage di mori e veniva usata sia come giavellotto che come arma da taglio."
Cronache Pisane

Fanteria armata dell'omonima arma. Il "birrudu", ossia verrutto o verruda (dal latino "verutum"), è un'arma derivata dal giavellotto di origini romane. Nei secoli si è trasformato da arma da lancio in arma da mischia: una sorta di lancia corta dotata di lama, una specie di roncola. Indossano un pesante mantello e sono praticamente privi di armatura, poichè evitano lo scontro aperto e prediligono muoversi agilmente in tattiche di agguato o schermaglia.

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PELLITI
Fanteria leggera

"La Sardegna produce bestiame [...] chiamati mufloni, e con le loro pelli vengono usate dai pastori per fare le corazze. Usano anche una corazza leggera di cuoio e una daga corta."
Strabone

I pastori sardi, detti "pelliti", usavano piccoli scudi tondi di cuoio, corte daghe, e corazze fatte di cuoio e di pelli di muflone pressate. Guerrieri fieri e selvaggi delle montagne sarde, in gran parte pastori seminomadi e banditi, questi combattenti sono avvezzi alle lotte intestine, alle razzie e ai rapimenti.

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LEPPA
Fanteria leggera

La "leppa" è il tipico coltellaccio sardo da fendente, in dotazione come unica arma agli allevatori sardi, coscritti a forza per difendere i castelli e per ingrossare le fila dello schieramento in battaglia. La lunghezza complessiva della leppa variava dai 50 ai 70 centimetri, ma già le prime disposizioni di legge medievali tendevano a limitare la lunghezza della lama, poichè quest'arma era divenuta molto popolare tra i briganti.

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VIRGHE SARDESCHE
Fanteria da tiro

"L'esercito sardo da un lato era forte, poteva contare sulla forza dei temibili balestrieri genovesi, ma dall'altro i fanti non avevano corazze ed erano armati di una rudimentale arma, chiamata virga sardesca."
Cronaca Pisana

Le "virghe sardesche" sono truppe che portano le omonime armi in asta. La virga è caratterizzata da un corpo ligneo piuttosto lungo e presenta una cuspide piramidale d'acciaio abbastanza tozza, risultando più adatta a sfondare armature resistenti come le corazze a piastre. La virga è una antichissima arma shardana, nata come arma da lancio: nel periodo giudicale si trasformò gradualmente in arma da mischia. Usata come lancia corta, presenta una lama più lunga del "birrudu", ed è ricurva all'estremità.

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UNITA' GENERICHE
- Caddigatori (cavalieri)
- Lantzeri (lanceri appiedati)

ceti sociali fino al XIV secolo:
- Lìeros (singolare lieru, uomini liberi. i lìeros mannos sono i comuni cittadini, tenuti a pagare la tassa munus; i maiorales sono coloro scelti per funzioni pubbliche)
- Culibertos o Serbos\serbidori o Teraccos (singolare culibertu o serbu\serbidore o teraccu, servitù feudale. in particolare teraccos si riferisce alla servitù di terra, di campagna. femminile: ankillas, ancelle)
- Pinnarzu (vagabondi)

Latitante1984
00mercoledì 25 aprile 2012 21:02
Latitante1984
00giovedì 26 aprile 2012 22:33
credo sia utile x vedere le città ed i loro nomi in sardo
it.wikipedia.org/wiki/File:Sardegna_fine_XIII_sec.png
The Housekeeper
00venerdì 27 aprile 2012 09:00
ottimo!!
xetios
00domenica 29 aprile 2012 21:00
L'ultimo link postato da crusades è del sito di mio padre, non serve a nulla dirlo, ma lo volevo dire
The Housekeeper
00lunedì 30 aprile 2012 10:58
Abbiamo a disposizione dei veri oristanesi doc per approfondire questa fazione, ottimo! ;)
The Housekeeper
00lunedì 30 aprile 2012 10:59
purtroppo trovare qualche immagine di guerrieri sardi del XV secolo sembra un'impresa impossibile
Zames
00lunedì 30 aprile 2012 11:42
Re:
The Housekeeper, 30/04/2012 10.59:

purtroppo trovare qualche immagine di guerrieri sardi del XV secolo sembra un'impresa impossibile



Secondo me alla fine, almeno nel periodo di Mach, non doveva esserci troppa differenza con le truppe del continente, dopo quasi due secolo di influenze pisane, genovesi ed un secolo di dominio aragonese.
Io cercando nella foto di alcuni gruppi storici (e ne trovo poche) non noto differenze con gli armamenti del resto d'Italia.
Zames
00martedì 1 maggio 2012 14:48
Re:
Latitante1984, 30/04/2012 17.14:




Se i pelliti erano davvero così, non avrei mai voluto trovarmeli di fronte in battaglia! Sono davvero spaventosi

Quanto al buiakesos (si dice così al singolare?), per il 1400 inoltrato è secondo me troppo antico, come vedi ha solo cotta di maglia e nessuna protezione in piastra, dove la prima era ormai in nettissimo disuso (per non dire che fosse ormai obsoleta) e la seconda in auge presso quasi ogni tipo di truppa professionale e semi-professionale.

Latitante1984
00mercoledì 2 maggio 2012 00:15
sono le uniche immagini trovate.....x i pelliti è la + caratteristica in quanto vestivano con pelli di animali (in altre ricostruzioni sembrano dei barboni)......x i buiakesos nn so a che periodo si riferisca l'immagine cmq questo è l'album onlide della rappresentazione picasaweb.google.com/kelthuzad87/BuiakesosDeIudikePortoTo...
Zames
00mercoledì 2 maggio 2012 00:46
Re:
Latitante1984, 02/05/2012 00.15:

sono le uniche immagini trovate.....x i pelliti è la + caratteristica in quanto vestivano con pelli di animali (in altre ricostruzioni sembrano dei barboni)......x i buiakesos nn so a che periodo si riferisca l'immagine cmq questo è l'album onlide della rappresentazione picasaweb.google.com/kelthuzad87/BuiakesosDeIudikePortoTo...




Dalle immagini direi che la compagnia nell'album rievoca un periodo tra il tardo XIII e la prima metà del XIV secolo. Ad ogni modo, se i pelliti si possono fare così (magari non tutti con le maschere) diventerebbero un'unità molto caratteristica della fazione.
In generale direi che, secondo me, le unità autoctone dei ceti sociali più bassi debbano sembrare propriamente sarde, con costumi e vestiario particolari, mentre le unità nobili forse dovrebbero essere più somiglianti ai guerrieri continentali (come i rievocatori delle immagini del resto).
xetios
00giovedì 3 maggio 2012 17:44
scusate, i "Pelliti" della foto io li ho sempre conosciuti come mammuthones, maschere di carnevale tipiche della sardegna, non ne sono sicuro, ma mi sembra che rappresentino antiche divinità sarde, non guerrieri
Zames
00giovedì 3 maggio 2012 17:48
Re:
xetios, 03/05/2012 17.44:

scusate, i "Pelliti" della foto io li ho sempre conosciuti come mammuthones, maschere di carnevale tipiche della sardegna, non ne sono sicuro, ma mi sembra che rappresentino antiche divinità sarde, non guerrieri



Diciamo che potrebbero essere presi come ispirazione allora, a questo punto senza maschere, giusto?

xetios
00giovedì 3 maggio 2012 19:56
Io per maschere intendevo tutto il costume, però potrebbe essere corretto, non sono mai stato un appassionato della storia sarda, e girando in rete non trovo nulla che mi dica cosa rappresentano i mammuthones, poi quello che dico io potrebbe essere vero insieme al fatto che erano guerrieri, da una zona all'altra della sardegna ci sono divari culturali molto grandi, può essere che alcune popolazioni trovandosi i pelliti di fronte in battaglia abbiano avuto paura e abbiano creato leggende su di loro
Latitante1984
00giovedì 3 maggio 2012 22:07
i pelliti esistono dai tempi di roma e questi sono i loro costumi del tempo www.flickr.com/photos/cristianocani/2731571438/in/photostream/l... ovviamente nel nel 1441 di sicuro nn vestivano così quindi li scarterei come modello.

questo è il loro capo + celebre www.contusu.it/images/stories/personaggi/amsicora.jpg ed il suo abbigliamento somiglia molto alla foto dei mammuthones.

ovviamente posso sbagliarmi ma in rete nn è che abbia trovato molto sulle unità sarde del 400 e 500
Latitante1984
00giovedì 3 maggio 2012 22:38
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