Non avevo mai letto nulla di nipponico.
E' successo un martedì pomeriggio: attendevo un mio amico ad Ivrea, per salire insieme a Torino ed andare alla riunione settimanale del partito e, per ammazzare il tempo, me ne andavo in giro indolente. Con poca convinzione sono entrato nella locale libreria Mondadori e mi sono messo a scorrere con lo sguardo tutti gli scaffali, col preciso intento solo di tergiversare: i pochi spiccioli a mia disposizione ritenevo mi precludessero un acquisto. Poi, dopo oltre mezz'ora che ero là dentro, mi cade l'occhio su questo libro e sul nome dell'autore:
Natsume Soseki "Io sono un gatto" / Neri Pozza Editore.
Ammetto che quell'editore non lo conoscevo, ma il cognome Soseki mi risuonava come familiare in mente... un attimo dopo focalizzavo: è il protagonista di "Ai tempi di Bocchan", l'opera di Taniguchi che ne narra appunto la fertile epoca, gli scritti, la personalità.
L'ho preso in mano e sfogliato con enorme interesse. Al suo fianco, ne campeggiava un altro dello stesso autore: Il signorino. E' molto più sottile. Ne guardo la quarta di copertina, per carpirne degli accenni, auspicando che non mi rovini la trama, e comprendo che si tratta proprio di Bocchan. A questo punto li voglio assolutamente tutti e due. Purtroppo, però, m'accorgo un attimo dopo che Il signorino è rovinato: ha un'orribile rottura sulla costola ed è l'unica copia presente sullo scaffale. Vado alla cassa portando con me entrambi i volumi, chiedo speranzoso alla cassiera se per caso ne abbiano un altro de Il signorino, ma ahimé no e quindi mi accontento del corposo acquisto felino. 500 pagine, 18 euro. La copertina è fine: una foto in bianco e nero delicata. L'interno è curato: in calce al romanzo sono presenti sia le note sia un glossario sulle parole giapponesi riportate.
E veniamo all'opera.
Soseki ha uno stile sornione, lievissimo. Con leggiadria sorvola su argomenti di pura quotidianità, delineando le figure dei personaggi che si affacciano in un appartamento. Ecco, alla fine il romanzo è tutto semplicemente qui: un ambiente, una serie continuata di monologhi e dialoghi, di riflessioni e dissertazioni, di scambi d'idee tra i vari personaggi che s'affacciano nel salotto dei protagonisti. Lo dico al plurale perchè alla fine i perni di quest'opera sono due: il padrone di casa, un ottuso giapponese di trent'anni, professore d'inglese scalcinato, goffo e simpaticamente irascibile, e il suo gatto, che è il narratore delle vicende. L'originalità dell'opera consiste proprio in questo: scritto nel 1906, mostra un bestiario umano realistico e variopinto, osservato dalle pupille di un felino assai filosofo, che apprende più di quanto mostri.
In certi punti l'autore sembra navigare a braccio: presenta personaggi e situazioni che lascia volutamente in sospeso, come nave che si lasci dietro una scia.
E invece è un libro con più livelli e finalità: se da un lato mostra uno spaccato umano suggestivo e variopinto, ad una maggior profondità ci si accorge di come Soseki mostri con toni vividi e renda quindi immortale l'epoca di grandi cambiamenti in cui tale testo è stato scritto. L'epoca Meiji è stata un periodo di cambiamento epocale per il Sol Levante, decenni in cui il paese dei samurai si è aperto all'influenza occidentale ed europea in particolare. L'autore mostra con grande capacità i contrasti tra le mentalità: quella degli adulti, più attaccati alle tradizioni e quella dei giovani, già sradicata e più internazionale. Nel farlo, Soseki non si arroga alcun diritto di giudizio o di critica, ma immedesimandosi nel gatto stesso, osserva curioso.
Una lettura estremamente piacevole che non tarderà ad esser seguita da altre dello stesso autore.
Due parole anche sull'editore, a questo punto: incuriosito da questo nome che ignoravo, ho scorso la loro biblioteca e non mi sembra niente male! Titoli scarsamente noti, per lo più, ma che catturano facilmente i miei gusti di lettore perchè mostrano personalità e ricercatezza.
Mi ha colpito anche la scelta dichiarata di non partecipare ai premi letterari italiani. Le motivazioni riportate sul sito non lasciano spazio a dubbi:
NERI POZZA NON PARTECIPA AI PREMI DI NARRATIVA ITALIANA
Questa comunicazione è rivolta innanzi tutto agli autori italiani, agli agenti di autori italiani e agli organizzatori dei premi letterari di narrativa italiana.
"Neri Pozza rende noto che la casa editrice ha deciso di non partecipare, dal 2010 in poi, ad alcun premio letterario di narrativa italiana.
Le ragioni principali di questa scelta sono le seguenti:
1) non esiste in Italia alcun premio letterario nazionale, comparabile in qualche modo ai premi letterari internazionali, come il National Book Award, il Goncourt o il Booker Prize. I principali premi italiani non sono premi di «narrativa letteraria», dal momento che selezionano spesso tra le opere partecipanti romanzi polizieschi, thriller e storie di vita vera. Non sono nemmeno premi «nazionali», influenzati come sono da realtà editoriali e culturali locali;
2) le giurie dei principali premi italiani non sono composte da critici letterari, al corrente di sviluppi e tendenze della letteratura contemporanea, ma da accademici di altre discipline, personalità generiche e funzionari di gruppi editoriali;
3) la vittoria, nei premi letterari italiani piú importanti, è riservata da quasi mezzo secolo esclusivamente a due soli gruppi editoriali."
Vi segnalo il sito:
www.neripozza.it/magazine_dett.php?id_mag=37