Re: Appunti sassaresi II (autoreferenzialità rulez)
(continua.)
CONCERTO (fiduciosa nell'integrazione di Marlen, con la sua relazione di etnomusicologia)
di Claudia Luzzatta Firin
Non imparerò mai. E' troppo il fascino dei “venti centimetri dal palco”, ipotesi accecante che mi impedisce sempre di riflettere su quisquilie come l'acustica di un concerto, o la visuale. Quando in prevendita mi propongono la prima fila io accetto, senza pensarci, e ignorando che una posizione laterale (estremamente laterale) avrebbe alterato la percezione sonora. La sezione ritmica martellerà sul mio stomaco per due ore, e la sua eco conterà le pecore al mio posto dopo le tre.
Sar@cchia e Thecats mi raggiungono per salutarmi, e mi rimprovero di non aver spinto per frequentarci, da quando li ho conosciuti, considerato anche che viviamo nella stessa città. Iononstobene, Marlen e Vuboss prolungano un po' troppo la cena, ed arrivano a teatro mentre sta già suonando il gruppo spalla, i Primo chef del cosmo (niente male, per farvi un'idea cliccate
qui e
qui).
Il concerto comincia con un pezzo che dal vivo non ascoltavo da un secolo. Quello che da queste parti abbiamo conosciuto con un'altra timbrica ('n vedi che so' gggiornalista de musica davero?), quello che il gruppo non è molto famoso (ne hai fatto di strada bimbo, per scoprire com è fatto il mondo, con le tue scarpine chicco corri nel sole, giochi alla vita ecc.) e che presenta per me qualche difficoltà. Una splendida Lieve, col vestito buono e le parole ben scandite. Come scrivevo qualche post fa il concerto non è assolutamente acustico, il noise ti aggredisce senza preavviso e anche i pezzi lenti trasudano elletricità (emotiva e non). Ma si tratta di un'elettricità dosata e rarefatta, che esalta in alcuni casi la struttura nuda del pezzo, e in altri lo riveste di nuove sonorità (da leggersi anche come “mi fa fare pace con alcune canzoni di Bianco sporco”). Si passa a Bianco sporco, con l'acre A chi succhia e La lira di Narciso, riveduta e corretta, rispetto all'album, e dove il suo incedere e l'ottimo cantato (e recitato) ti fanno dimenticare che quel pezzo contiene parole come finitudine... La relativa calma è spezzata dalla prima sferzata “sonica” della serata, con due ripescaggi dal passato più celebrato del gruppo. Ti giro intorno e Fuoco su di te (“il furore adolescenziale”, riassume Godano). E pare davvero di riascoltare per qualche istante i concerti più rumorosi, con le chitarre a briglia sciolta, nonché le prime cassettine ora quasi inascoltabili, dato l'abuso, del Vile e di Catartica. Si rallenta di nuovo con La canzone che scrivo per te, che anche senza Skin, sostituita da una strofa aggiuntiva, si regge perfettamente in piedi. A questo punto a me pare ricordare Notte e Danza, da Senza peso, ma dato l'ascolto intensivo di bootleg vari, in questi giorni, può anche darsi che mi confonda. Un'altra canzone d'amore, Serrande alzate, e dopo Infinità il ritmo cresce di nuovo. Amen, davvero splendida, e L'inganno, che non finisce mai, nemmeno quando Godano abbandona la sua chitarra, ancora rumoreggiante, e lascia a Tesio, ma soprattutto a Bergia e Gianni il compito di guidare le danze quasi psichedeliche (ma il basso come sopravvive, in ogni tappa, ad Amen e L'inganno?) che porteranno il pezzo a sfumare nell'intro di Come stavamo ieri. E' forse il momento più intenso, e il pubblico locale, notoriamente affamato e in crisi di astinenza cronica, invoca Sonica e Festa mesta. Ma i Marlene lasciano il palco, anche se le luci rigorosamente spente preannunciano i bis. Dopo qualche minuto la “volata” finale, con una lunghissima Il lamento dello sbronzo, e due pezzi che mancavano all'appello. Bellezza in una versione abbastanza minimale, e una Nuotando nell'aria monumentale (si, son d'accordo, sarebbe monumentale pure cantata da me... no?), cantata con pathos e suonata come gli dei (anche quelli dei suoni rarefatti) comandano.
EPILOGO
Nuotando nell'aria spegne ogni possibile richiesta di un ulteriore bis. Giovanni e Sara accompagnano la mia amica Silvia alla macchina, e al loro ritorno ci accingiamo a praticare l'antico rito dell'appostamento all'artista. Sport reso particolarmente arduo dalla collocazione del teatro, che offre ad eventuali fuggiaschi due uscite tra loro lontane, oltre che poste su due strade diverse. Se questo non bastasse le organizzatrici, confondendo forse i MK con gli U2, attuano una strategia di depistaggio che nemmeno la Cia, nonostante i suddetti irriducibili siano poco più di una ventina. Si sparge la voce che il gruppo sia già andato via, e mentre riflettiamo sul destino delle bottiglie destinate a Gianni, appare l'esile figura della compagna di Godano che attende, sola, di fronte alla porta principale. Gracias querida, e nessuno si muova, presidio hasta la victoria, mantenete le posizioni.
Ci dev'essere una legge scientifica secondo la quale gli artisti abbandonano il luogo in cui si sono esibiti esattamente un'ora dopo la fine dello spettacolo. Quando questo accade noi abbiamo indovinato strada e porta, e come voi della terraferma sapete benissimo, nel caso dei Marlene è facile salutare Marok con calma, mentre gli altri assaltano il cantante. Gianni non sembra troppo stanco, ci si concede con la disponibilità (e rassegnazione... :)) che conosciamo e lo sommergiamo subito con i regali di compleanno, con suo sommo (sbogottimento e) imbarazzo. Stiamo assieme non più di una decina di minuti, ma riusciamo comunque a scambiare due chiacchiere con tranquillità. C'è il tempo di prendere in giro la sottoscritta per la fuga pomeridiana (“Dovevi andare al cesso?”), vederlo illuminarsi mentre ci parla del “progetto-murena”, il seguito, sempre in progress, di Resta. Accenniamo timidamente al nuovo disco dei Pgr (tutti i salmi finiscono in gloria...), ma non riusciamo ad ottenere dettagli precisi. Traspare la soddisfazione per il tour e in generale per il lavoro con i Marlene.
Beppe Godano ci ronza attorno per portarlo via, gli altri sono già in macchina. Il tempo non è mai abbastanza. L'arrivederci e il buon viaggio di rito. E' finito anche stavolta il breve momento di quell'intesa di cui tante volte si è parlato in questo forum, in ogni racconto. Quel rapporto a metà fra la stima artistica ed una complicità che va oltre, ed è difficile da definire.
Quando lo Zio scompare nell'auto mi rendo conto che Vuboss, per quasi tutto il tempo della chiacchierata, è rimasto un po' defilato. Penso alla timidezza, ma basta vedere quello che la sua digitale è riuscita a immortalare per capire che lo spirito del reporter si è impossessato di lui, e ci ha regalato splendide testimonianze!
La soddisfazione e le emozioni della serata renderebbero difficile l'immediato abbraccio di Orfeo, e sarebbe un peccato lasciar andare Marlen e Vuboss (che ripartiranno prestissimo, l'indomani, e stoicamente dedicheranno il day after a lavoro e studio) senza aver chiacchierato un po'. Quindi pensiamo bene di sommare all'ora di strenuanti appostamenti un'altra per decidere dove concludere degnamente il nostro incontro. La passeggiata funge da camera di decompressione, prima di approdare ad un locale fu glorioso (ha visto i concerti di tipini come Benvegnù, Canali, Basile... pur essendo poco più grande della mia stanza) oggi in odor di fascismo. Fortunatamente siamo gli unici avventori, la lotta per la liberazione è rimandata.
Occhi negli occhi. La stessa piacevole sensazione, ormai vissuta diverse volte, che il comune interesse musicale vada in realtà oltre le sette note. Uno dei tanti effetti collaterali di queste pagine. Il buon viaggio agli amici del capo di sotto, l'a domani a Iononstobene, Thecats e Sar@cchia.
(fine.)
Special thanks to (esiste un mondo al di fuori del forum):
mio padre che mi ha scarrozzato per tre giorni,
Silvia, per la compagnia al concerto ecc. ecc.
Sara, dolce metà di Iononstobene, per compagnia, chiacchiere, disponibilità e sorrisi,
Giuseppe, per le risate, i racconti e l'esser sopravvissuto al Fuori orario,
Michele, perché ha la mia stessa età ma ha visto i Litfiba con tanto di Maroccolo (e quindi più che ringraziarlo ci sarebbe da mandarlo aff...)
Disclaimer
Questo è un piccolo reportage che a rileggerlo, senza neanche bisogno di storicizzare la mia stessa scrittura, suona terribilmente autoreferenziale e naif, in alcune parti inesorabilmente banale. Ma sentivo il bisogno di fermare alcuni momenti, alcuni volti e molti suoni. Obiettivo senza pretese che forse avrebbe richiesto più cura e una tastiera più ispirata. Ma tant'è.
Disclaimer 2
Ciò che avete letto è stato scritto nell'arco di troppi giorni e a colpi di troppo poche righe alla volta. Vogliate apprezzarne volontà e inevitabili incoerenze.