La metamorfosi del Corsera

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Pertinax
00martedì 14 novembre 2006 09:28
La metamorfosi del “Corriere della sera” da giornale moderato a carrarmato

Verrebbe quasi voglia di lanciare un allarme, se la pratica non fosse abusata o usata per lo più a sproposito. Il tema, anzi il “caso”, è quello del “Corriere della Sera”, il più importante e il più autorevole dei quotidiani italiani: che cosa gli sta succedendo? Un tempo, storicamente, il “Corriere” era il più istituzionale e moderato dei giornali nazionali - lo leggevamo come il vero, grande “organo della borghesia”, sicuri comunque di non imbattersi quasi mai in furori ideologici, storture, sgrammaticature. Più tardi, esso fu capace anche di innovazioni rilevanti (a cominciare dai “profetici” articoli di Pier Paolo Pasolini), fino a diventare, nella sapiente direzione di Paolo Mieli, uno strumento quasi insostituibile per orientarsi nella politica italiana - e non solo. Tale rimane, anzi, tale rimarrebbe a tutt’oggi, se non fosse in corso, quotidianamente palpabile, un pericoloso processo di stravolgimento. Non si tratta soltanto dell’orientamento politico (dal quale eravamo, e siamo, naturalmente distanti), ma del carattere profondo del “Corriere” - forse del suo stile, del suo modo d’essere. Da paludato e perfino, talora, un po’ “anodino” e freddo, è diventato militante - caldo, quasi bollente. Da moderato si va facendo fazioso. E da osservatorio qualificato dei grandi fatti del mondo è precipitato quasi per intero nelle piccinerie della provincia italiana, specie in quelle dei palazzi e palazzotti. In breve: un grande giornale liberale e d’opinione si sta trasformando in un bollettino di partito. Anzi, di Superpartito. Quale? Il Superpartito che non c’è e che come tale forse non ci sarà mai. Il “Terzo Polo” tra gli sgangherati poli dati. Il Bipartisan allo stato puro. La nuova stagione di una nuova unità nazionale, capace di realizzare la famosa “modernizzazione” neoliberista che nè il centrodestra berlusconiano nè tanto meno l’Unione oggi al governo sono in grado di portare a compimento.

Chiariamo subito una questione. In sè e per sè, questo progetto, questa propensione, questa - chiamiamola pure col suo nome - linea politica nè ci sconvolgono nè ci scandalizzano. Esse hanno precisi riferimenti nel potere economico (la Confindustria di Montezemolo e\o la Bankitalia di Draghi), nella società italiana (i famosi “ceti medi produttivi” in cerca permanente di riscossa), nel ceto accademico degli economisti (Giavazzi, Ichino, Nicola Rossi, tutti pronti ad accettare, nel senso dell’accetta, i corpi sociali così detti “improduttivi”), nella politica (il lato destro dell’Unione e quello “moderato” dell’ex-Cdl, non esclusi i più alti livelli istituzionali). Vuol dire che, al minimo, non si tratta certo di idee improvvisate, o campate in aria. E che siamo sul terreno, pienamente legittimo, della battaglia politica (ed editoriale, visto che il “Corriere” deve comunque muoversi tra varii fuochi, e vincere non solo l’eterna guerra con la “Repubblica” ma l’agguerrita concorrenza, a destra, di fogliacci come “Libero” e “Giornale”). Ma perchè mai un tale programma assume le sembianze di un’ossessione quotidiana, che informa di sè l’intero “Corriere”, la gerarchia delle notizie, commenti ed editoriali, interviste e inchieste? Ecco dove sta il pericolo della regressione faziosa: quando tutto, ma proprio tutto, fin quasi alle notizie a una colonna, diventa funzionale ad una tesi precostituita, a dimostrarla e anzi ad irrobustirla. Quando, insomma, l’ideologia inghiotte e divora la voglia di informare. Volete un esempio, tratto, giust’appunto, dal “Corriere” di ieri, sabato 11 novembre 2006? Non è un quotidiano d’opinione, ma un bollettino di guerra su e contro Rifondazione comunista. Si comincia con l’editoriale sulla “rimozione di Nassirya”, nel quale Panebianco accusa il presidente della Camera di esser stato contro la missione militare in Iraq, di averla considerata una missione di guerra e non di pace, e soprattutto di non aver cambiato idea. Si prosegue con il titolo di apertura, dedicato allo “strappo” del Prc sul Tfr. E con il taglio centrale, nel quale si dà notizia di un libro scritto da Giorgio Napolitano: “Riforme con le intese più larghe”, ecco la casuale titolazione. Altri articoli di prima pagina dal sapore innocente: un ritrattone, nientemeno, che del senatore argentino Pallaro, che “sogna il Grande Centro”, e il manifesto in sette punti di Francesco Rutelli, che propone la privatizzazione di tutto, aria (per ora) esclusa. Non crediate che la costruzione finisca lì, in prima pagina: una news analysis, alle pp.2-3, ci narra della paura dei Ds sull’”asse che sta crescendo tra Prodi e sinistra radicale”; una pagina intera, la 6, è tutta a favore del Mose; la pagina 7 è appaltata al presidente della Margherita; alla 11, troviamo la cronaca delle dichiarazioni di Bertinotti (ancora definite “sorprendenti”), incorniciate, in alto, da una frase di Franco Giordano (la proposta di ritirare le nostre truppe dall’Afghanistan e dirottarle sul Medio Oriente), e chiosate da un’intervista di Monsignor Fisichella nonchè dalla nota di Massimo Franco (“La politica estera oppone Rifondazione al Quirinale”). Fermiamoci qui. Il ruolo politico del Prc, certo, da questa articolata cronaca della giornata politica, esce esaltato fino allo spasimo, fino al punto da sovrastare ogni altra soggettività - e non è certo la prima volta, da quando Prodi si è insediato a palazzo Chigi. Ora, di primo acchito (e da un’ottica puramente mediatico-propagandistica) operazioni come questa possono apparire, perfino, lusinghiere. Ma non ce ne sfugge, in realtà, il “venenum” profondo e la pericolosità. Per destabilizzare una maggioranza (che ha notoriamente già molti problemi per conto suo), per minarne la credibilità, per seminare nel senso comune (non solo borghese) l’idea che prima ci si libera di questo governo e meglio è, che cosa c’è di meglio che non rappresentarlo come uno strumento debole, diviso, confuso ma soprattutto“nelle mani” dei comunisti e della sinistra radicale? Qui c’è la forzatura ideologica. Qui scatta la “disinformatsja” sistematica. Qui il “Corriere” autoviolenta la sua lunga tradizione di equilibrio. E’ vero che il Prc pesa nelle scelte dell’Unione e cerca, come può, di condizionarle - potrebbe essere diversamente, trattandosi della seconda forza della coalizione, sia per voti e parlamentari conquistati, sia per lucidità politico-programmatica? Ma non è certo vero che siamo ad un passo dal governo dei soviet, come risulta dalla Legge Finanziaria, e da molte altre e non inessenziali scelte di politica sociale, di politica economica, di politica estera.

Il direttore del “Corriere” tutto questo lo sa molto bene - ma oggi appare più amico della sua linea politica che non della verità. In effetti,. all’obiettivo dell’abbattimento di Prodi, il “Corriere” ha dedicato i suoi ultimi cinquanta editoriali - l’uno dietro l’altro, implacabili come la neve in alta montagna d’inverno, inesorabili come la sveglia mattutina. E non. risparmia mezzi, come il sostegno attivo al referendum Guzzetta - quello che, secondo l’arguta definizione di Cesare Salvi, trasformerebbe il “porcellum” in un “superporcellum”, attraverso la brutale semplificazione biparittica che ne sarebbe la logica conseguenza. Un’Italia con due soli partiti di centro, uno guidato da Casini e l’altro da Rutelli, e tutti e due eterodiretti dal professor Monti. Una “coalition of willings” in permanenza a palazzo Chigi. Un Fini, magari, al Quirinale, e un paio di volenterosi “democrats” alle altre istituzioni. Chissà se in questo scenario da incubo il “Corriere” tornerebbe ad essere quel giornale rassicurante che tanto ci era caro..
Rina Gagliardi (lunedì 13 novembre)

[SM=x751532] [SM=x751532] [SM=x751532]
Pertinax
00domenica 19 novembre 2006 20:04
niente da dire? [SM=x751574]

nemmeno sulla ridicola campagna pro mussolini in atto da qualche mese??? articoli che tacciarli di revisionismo è poco, sabato scorso il più bello: Mussolini come Augusto, sua (di augusto ndP) la prima marcia su Roma.

ridicolo.
-Giona-
00lunedì 20 novembre 2006 10:16
Forse Mieli si è reso conto che piazzando il Corriere a sostegno dell'Unione lo scorso inverno ha scontentato un gran numero di lettori ed ora cerca di correggere la rotta per compiacerli.
Pertinax
00lunedì 20 novembre 2006 12:35
toccando punte di ridicolezza mai raggiunte prima? è deprimente leggere certi articoli
Riccardo.cuordileone
00lunedì 20 novembre 2006 13:02
Non lo leggo spesso, comunque rispetto al periodo della campagna elettorale dove praticamente era un giornale di sinistra, ora è tornato democratico (centrosinistra/centro), però antigovernativo, questo per quanto riguarda la cronaca poi negli approfondimenti culturali citati da Pertinax non mi sono mai imbattuto.
Comunque credo che abbia ragione Giona.
-Kaname-chan
00lunedì 20 novembre 2006 22:26
Re:

Scritto da: Pertinax 19/11/2006 20.04
niente da dire? [SM=x751574]

nemmeno sulla ridicola campagna pro mussolini in atto da qualche mese??? articoli che tacciarli di revisionismo è poco, sabato scorso il più bello: Mussolini come Augusto, sua (di augusto ndP) la prima marcia su Roma.

ridicolo.



Ma non è opinione del Corriere, è opinione di Luciano Canfora, famoso antichista marxista... [SM=x751545] Per il resto io sono piuttosto d'accordo con la linea del quotidiano, ma che spinga è vero. Il Corriere della Sera o chi per lui, vorrebbe il partito liberale di massa [SM=x751532] Però non direi che è così fazioso, la faziosità è inevitabile per chiunque, persino Tucidide ha calunniato Cleone [SM=x751545] E rispetto al panorama dei quotidiani nazionali resta in ogni caso quello più equilibrato
Pertinax
00martedì 21 novembre 2006 16:03
luciano canfora è un idiota se non sa che il primo a marciare su roma fu lucio cornelio silla. [SM=x751596]
Breznev
00martedì 21 novembre 2006 18:07
Sì, avevo notato anche io questa cosa.
Avevo letto il paragone della marcia su roma, e più leggevo più mi lasciava (eufemismo [SM=x751525] ) perplesso.


Pertinax
00domenica 17 dicembre 2006 15:35
Paolo Mieli: uno storico borghese da strapazzo

L'odio anticomunista che Paolo Mieli nutre verso il PMLI è pari all'amore che nutre per il capitale, il "libero mercato'', la seconda repubblica e il revisionismo storico con la conseguente riabilitazione del fascismo e di Mussolini. Eppure ci fu un tempo che Mieli gridava "morte al capitale'' nientemeno che dalle file di un'organizzazione trotzkista e operaista come "Potere operaio'' di Franco Piperno e Oreste Scalzone.
Il "pentimento'' è comunque arrivato presto. Sarà perché Mieli è uno che "calcola molto'', come ha confessato in un'intervista fresca fresca a "Libero'' del 26 ottobre e facendo due conti gli deve esser assai meritato passare da nemico giurato a servo fedele della borghesia, che ora se lo coccola come un figliol prodigo.
Nato a Milano il 25 febbraio del 1949. Il padre, Renato, ebreo italiano, è un ex direttore dell'edizione milanese dell'"Unità'' ed ex dirigente del PCI espulso dal partito per aver appoggiato la controrivoluzione ungherese del '56. Paolo Mieli inizia comunque la sua carriera politica nella Fgci dove rimane fino al 1967 (uscendone da destra) per poi passare a militare nell'organizzazione romana di "Potere operaio''.
Nel frattempo, non ancora diciottenne, collabora come giornalista a "l'Espresso'' dove rimarrà fino al 1985, allorché Scalfari preferisce nominare direttore del settimanale di via Po, in sostituzione di Livio Zanetti, il più politicamente affine Giovanni Valentini piuttosto che un Mieli considerato un "filosocialista''. Su "l'Espresso'' Mieli tiene la rubrica "Diario extraparlamentare'' continuando a tessere i rapporti con le organizzazioni trotzkiste e operaiste del tempo nonostante fosse cessata la sua militanza.
Decisivo il suo incontro con il capostipite del revisionismo storico italiano Renzo De Felice, del quale sarà allievo e collaboratore per ben 8 anni. Con lui infatti si laurea in storia moderna con una tesi su Bottai e il "fascismo di sinistra'' degli anni '30, per divenire poi suo assistente universitario alla cattedra di Storia dei partiti politici per 5 anni. A De Felice deve certamente il suo ricorrente elogio del "dubbio'', a giustificare lo sforzo di riabilitare la dittatura fascista di Mussolini, e persino il Medioevo, il regno delle due Sicilie e i Borboni in chiave antirisorgimentale. Il che lo qualifica come uno storico borghese da strapazzo che mira a mistificare e ribaltare la verità storica.
Nel '75 è costretto a scegliere fra carriera universitaria e carriera giornalistica e sceglie la seconda. Inizia la sua scalata che lo porterà nel marzo 2003 a sfiorare la poltrona della presidenza Rai. E inizia anche la sua sostanziale conversione al liberalismo borghese sia pure nella sua variante riformista, di cui il vate è il suo eterno amico Ernesto Galli della Loggia col quale più tardi (siamo nel 1983) darà vita al fallimentare mensile liberalsocialista "Pagina''.
Uscito dall'"Espresso'', Mieli approda a "La Stampa'' finché, nel maggio 1990, ne viene nominato direttore. L'esperienza alla direzione del giornale di Agnelli dura però solo due anni, perché Cesare Romiti, all'epoca amministratore delegato della Fiat, lo chiama alla direzione del principale quotidiano della borghesia italiana, il "Corriere della Sera''. è il 1992 e siamo in piena tangentopoli, ma Mieli arriva al Corsera persino con gli apprezzamenti di Craxi la cui frequentazione risale a molti anni prima, quando nel 1978 volò in Tunisia per raccogliere il saggio su Proudhon che il segretario del PSI scrisse strumentalmente per attaccare Marx ed Engels e l'intera storia dei partiti che da loro prendono le mosse.
Ci fu un momento che Craxi l'avrebbe voluto anche direttore del suo Tg2, ma Mieli in quel caso "calcolò'' che non gli conveniva. Egli infatti si vanta di stare "al di sopra'' delle parti.
In realtà la sua è tutt'altro che una politica neutrale. E', come dichiara, al 99 per cento col "centro-sinistra'', ma per sospingerlo a identificarsi nella politica della destra. Alla direzione del "Corriere della sera'' si schiera apertamente per il maggioritario, l'uninominale e per la seconda repubblica della quale tesse gli elogi. "La mia sinistra ideale è quella inglese'', dichiara a "Libero''. Ossia una "sinistra'' che sappia "fare i conti con se stessa''. Egli insomma vuole che i DS si schierino fino in fondo, semmai ce ne fosse bisogno, col capitalismo e il regime neofascista.
Analogo atteggiamento "cerchiobottista'' tiene con la religione. Si dichiara "laico'' eppure non perde occasione per tessere gli elogi di Wojtyla: "Io mi fido di questo papa, col quale ho un rapporto personale. Mi ha toccato le corde intime e come uomo di comunicazione ho detto, da laico: seguitelo (nel digiuno, ndr), forse sarà inutile, ma lo merita'' ("Libero'', idem). E nel 2001, in un'intervista all'"Avvenire'' ha preso persino le difese della beatificazione di Pio IX.
Nobiltà e clero, insomma, sono la sua passione. Nel '96 sposa Barbara Parodi Delfino, giornalista di "Studio aperto'' nonché rampolla dei nobili visconti di Modrone. Il ricevimento si tiene alla villa dei Parodi a Porto Ercole.
Lasciata la direzione del Corriere nel '97, prosegue però il suo sodalizio con Romiti, Mieli diviene direttore editoriale della RCS Rizzoli e continua a tenere sul quotidiano milanese la rubrica "Opinioni'' dalla quale ha sferrato l'attacco contro il PMLI e si è ridicolizzato come storico deformando il nome del Partito. Eppure è da tempo che Mieli ci conosce. Almeno dal lontano 1972 quando, sulla rivista del PSI "Mondo operaio'' del dicembre 1972, nel suo lungo servizio dal titolo "Un 'censimento' della contestazione'', cita proprio "Il Bolscevico''. E che dire del comunicato stampa del 10 marzo 2003 in cui il PMLI condannava "duramente le provocatorie e intollerabili scritte antisemite'' contro Mieli, del quale sembra non abbia alcun ricordo?
"Guardi, - dichiara ancora a 'Libero' - il mio maestro Renzo De Felice mi ha insegnato che il senso dell'onore, il fair play è l'essenza della polemica: l'idea di non riconoscere all'avversario le sue ragioni è la cosa più arrogante'. Peccato che questa regola Mieli la riservi solo ai fascisti e ai borghesi. Verso il PMLI ovviamente usa lo stesso trattamento che la borghesia ha sempre riservato ai suoi nemici più accaniti e indomiti.
-Kaname-chan
00giovedì 21 dicembre 2006 23:42

Verso il PMLI ovviamente usa lo stesso trattamento che la borghesia ha sempre riservato ai suoi nemici più accaniti e indomiti.



Cioè lasciarli campare tranquillamente [SM=x751545] Cmq per me Mieli non è uno storico, è un giornalista che si è laureato in storia. Sarà più affidabile di Montanelli, ma lo preferisco come giornalista - opinionista. L'articolo è un attacco personale, come se fosse una colpa sposare una nobildonna o rifiutare la direzione del TG2 (l'avesse accettata gli avrebbero dato del servo di Craxi, ci gioco quel che vuoi [SM=x751545] ). Schierarsi con il maggioritario anche sembra dall'articolo un crimine aberrante, quando in realtà il sistema è stato voluto dagli elettori nel 1993 e riceve l'appoggio di quasi tutti i politologi. Come fa un italiano sano di mente e senza interessi particolari a schierarsi col proporzionale? [SM=x751545] Paolo Mieli ha una sua visione della politica italiana come ce l'hanno tanti giornalisti, non vedo dove sia il problema. Non è che se uno è stato comunista poi non possa cambiare idea...
cointreau il possente
00venerdì 22 dicembre 2006 13:32
Re:

Scritto da: Pertinax 14/11/2006 9.28
In breve: un grande giornale liberale e d’opinione si sta trasformando in un bollettino di partito. Anzi, di Superpartito. Quale? Il Superpartito che non c’è e che come tale forse non ci sarà mai. Il “Terzo Polo” tra gli sgangherati poli dati. Il Bipartisan allo stato puro. La nuova stagione di una nuova unità nazionale, capace di realizzare la famosa “modernizzazione” neoliberista che nè il centrodestra berlusconiano nè tanto meno l’Unione oggi al governo sono in grado di portare a compimento.

Chiariamo subito una questione. In sè e per sè, questo progetto, questa propensione, questa - chiamiamola pure col suo nome - linea politica nè ci sconvolgono nè ci scandalizzano. Esse hanno precisi riferimenti nel potere economico (la Confindustria di Montezemolo e\o la Bankitalia di Draghi), nella società italiana (i famosi “ceti medi produttivi” in cerca permanente di riscossa), nel ceto accademico degli economisti (Giavazzi, Ichino, Nicola Rossi, tutti pronti ad accettare, nel senso dell’accetta, i corpi sociali così detti “improduttivi”), nella politica (il lato destro dell’Unione e quello “moderato” dell’ex-Cdl, non esclusi i più alti livelli istituzionali).



la balena bianca sta bussando dal coperchio della bara...la gagliardi non mi piace come giornalista, è evidente la sua difesa a spada tratta del PRC (e ne ha ben donde), ma direi che c'ha proprio preso. Stanchi di eterne transizioni? di seconde repubbliche? di un bipolarismo da guerra civile che non funziona? accorrete numerosi, siori e siore, al miracolo della resurrezione del Grande Centro. la campagna per il consenso è già pronta, aspettiamo solo la dipartita del buon silvio e l'implosione dell'attuale maggioranza e poi sappiamo, cari pecori italiani, che verrete da noi in ginocchio a chiederci ordine, posti di lavoro, clientelismo e tranquillità...15 anni di ribellione son tanti, sarete stanchi, venite a riposarvi, a dormire... [SM=x751542] [SM=x751542] [SM=x751542] [SM=x751542]

[SM=x751530]
-Kaname-chan
00venerdì 22 dicembre 2006 14:51
Re: Re:

Scritto da: cointreau il possente 22/12/2006 13.32


la balena bianca sta bussando dal coperchio della bara...la gagliardi non mi piace come giornalista, è evidente la sua difesa a spada tratta del PRC (e ne ha ben donde), ma direi che c'ha proprio preso. Stanchi di eterne transizioni? di seconde repubbliche? di un bipolarismo da guerra civile che non funziona? accorrete numerosi, siori e siore, al miracolo della resurrezione del Grande Centro. la campagna per il consenso è già pronta, aspettiamo solo la dipartita del buon silvio e l'implosione dell'attuale maggioranza e poi sappiamo, cari pecori italiani, che verrete da noi in ginocchio a chiederci ordine, posti di lavoro, clientelismo e tranquillità...15 anni di ribellione son tanti, sarete stanchi, venite a riposarvi, a dormire... [SM=x751542] [SM=x751542] [SM=x751542] [SM=x751542]

[SM=x751530]



Giammai, Silvio salvaci tu! [SM=x751545] [SM=x751545] Cmq non la vedo così irreversibile la resurrezione. Certo i politici "nuovi" hanno già mostrato di essere dei fessi patentati varando un nuovo proporzionale, è possibile che a causa dei loro litigi e della loro stupidità riescano addirittura a fare di peggio, spianando la strada ai neocentristi

PS: a onor del vero la destra era abbastanza tremebonda prima delle elezioni (tranne LUI [SM=x751545] ) e quindi per Casini non deve essere stato di soverchia difficoltà convincere gli altri alla nuova legge elettorale
cointreau il possente
00venerdì 22 dicembre 2006 15:08
Re: Re: Re:

Scritto da: -Kaname-chan 22/12/2006 14.51


Giammai, Silvio salvaci tu! [SM=x751545] [SM=x751545] Cmq non la vedo così irreversibile la resurrezione.



quello che ho descritto infatti è solo uno scenario possibile, una probabilità. ma alcune "forze" sono già al lavoro per farlo "accadere", così come ce ne sono altre che spingono in altre direzioni. Cmq, il fatto che il corsera sia la punta della lancia dei neocentristi la dice lunga sulla portata dei consensi che il progetto riscuote nei salotti della (vecchia) borghesia-classe dirigente italiana. Staremo a vedere. [SM=x751530]
-Kaname-chan
00venerdì 22 dicembre 2006 18:33
Re: Re: Re: Re:

Scritto da: cointreau il possente 22/12/2006 15.08


quello che ho descritto infatti è solo uno scenario possibile, una probabilità. ma alcune "forze" sono già al lavoro per farlo "accadere", così come ce ne sono altre che spingono in altre direzioni. Cmq, il fatto che il corsera sia la punta della lancia dei neocentristi la dice lunga sulla portata dei consensi che il progetto riscuote nei salotti della (vecchia) borghesia-classe dirigente italiana. Staremo a vedere. [SM=x751530]



A me il Corriere della Sera non appare così neocentrista... Sì non è che straveda per le ali estreme degli schieramenti ma non mi pare nemmeno pro dc, mi sembra più vicino al Partito Democratico. Si è persino schierato a favore del referendum elettorale. Mi son persa qualcosa nel frattempo? [SM=x751545]
cointreau il possente
00mercoledì 27 dicembre 2006 16:41
Re: Re: Re: Re: Re:

Scritto da: -Kaname-chan 22/12/2006 18.33


A me il Corriere della Sera non appare così neocentrista... Sì non è che straveda per le ali estreme degli schieramenti ma non mi pare nemmeno pro dc, mi sembra più vicino al Partito Democratico. Si è persino schierato a favore del referendum elettorale. Mi son persa qualcosa nel frattempo? [SM=x751545]



non ti sei persa nulla, è che definiamo in maniera differente lo stesso progetto. Quando parlo di una Nuova Dc, è chiaro che nessuna ha in mente di riproporre la versione Millenium di quella vecchia. E' impraticabile, sia perchè il mondo è completamente diverso, sia perchè - volenti o nolenti - il marchio DC è ormai qualcosa di negativo per gli italiani. Ma il progetto è proprio quello di tagliare le ali estreme e di compattare un nuovo partito che possa occupare militarmente il centro. Il PD è utile allo scopo, ed è quello che ha più probabilità di vedere la luce e di resistere al declino dei suoi fondatori perchè in ogni caso si appoggia su partiti con una lunga storia - riesci ad immaginarti il partito unico della CDL senza Silvio?!? Che poi si ponga ad occupare il centro da sinistra - come vogliono i DS e Prodi - o che occupi il centro e basta - come preferirebbero i rutelliani, Mastella e immagino i cugini dell'altra sponda - penso che ai "padroni del vapore" che controllano le scelte editoriali del Corriere interessi poco. Anche perchè la differenza sarebbe di poco, più d'immagine che di sostanza. L'importante è che ci sia un partito grosso modo ideologicamente omogeneo (anzi, diciamo ideologicamente non così multi-personalità [SM=x751525] come sono l'attuale maggioranza e l'attuale opposizione) che assicuri stabilità e con il quale sia d'obbligo confrontarsi per prendere il potere. Un referente politico di ferro, per questi signori, come era appunto la DC, senza la quale non si governava. [SM=x751530]
-Kaname-chan
00giovedì 28 dicembre 2006 11:15

Scritto da: cointreau il possente 27/12/2006 16.41


non ti sei persa nulla, è che definiamo in maniera differente lo stesso progetto. Quando parlo di una Nuova Dc, è chiaro che nessuna ha in mente di riproporre la versione Millenium di quella vecchia. E' impraticabile, sia perchè il mondo è completamente diverso, sia perchè - volenti o nolenti - il marchio DC è ormai qualcosa di negativo per gli italiani. Ma il progetto è proprio quello di tagliare le ali estreme e di compattare un nuovo partito che possa occupare militarmente il centro. Il PD è utile allo scopo, ed è quello che ha più probabilità di vedere la luce e di resistere al declino dei suoi fondatori perchè in ogni caso si appoggia su partiti con una lunga storia - riesci ad immaginarti il partito unico della CDL senza Silvio?!? Che poi si ponga ad occupare il centro da sinistra - come vogliono i DS e Prodi - o che occupi il centro e basta - come preferirebbero i rutelliani, Mastella e immagino i cugini dell'altra sponda - penso che ai "padroni del vapore" che controllano le scelte editoriali del Corriere interessi poco. Anche perchè la differenza sarebbe di poco, più d'immagine che di sostanza. L'importante è che ci sia un partito grosso modo ideologicamente omogeneo (anzi, diciamo ideologicamente non così multi-personalità [SM=x751525] come sono l'attuale maggioranza e l'attuale opposizione) che assicuri stabilità e con il quale sia d'obbligo confrontarsi per prendere il potere. Un referente politico di ferro, per questi signori, come era appunto la DC, senza la quale non si governava. [SM=x751530]



Dipende: il partito forte è un conto, il partito senza il quale non si governa è un altro. La dc era il partito senza il quale non si governava, ora non necessariamente il pd sarà così. Dipenderà tutto dagli assetti istituzionali-elettorali che saranno creati alla fine della legislatura. Se ad esempio passasse il referendum si creerebbe tendenzialmente un bipartitismo, se passasse il maggioritario francese torneremo al bipolarismo degli anni '90, solo (probabilmente) più stabile. Solo con il proporzionale tedesco, che poi sarebbe italiano figurarsi se passerebbe lo sbarramento al 5%, ci sarebbe il rischio-dc
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