LA QUESTIONE MORALE

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INES TABUSSO
00sabato 13 agosto 2005 01:00

LA LETTERA APERTA A ROMANO PRODI DI ENZO BIAGI, GIOVANNI SARTORI, ANTONIO
TABUCCHI, PAOLO SYLOS LABINI ED ELIO VELTRI NON E' STATA ACCOLTA OVUNQUE
CON FAVORE. PARE CHE QUALCUNO, APPENA SENTITE LE PAROLE "QUESTIONE MORALE",
ABBIA PENSATO AD UNA SGRADITA INCOMBENZA ORMAI DEL TUTTO FUORI MODA:





12/08/2005
LIBERO QUOTIDIANO
INTELLETTUALI DEI MIEI STIVALI
FELTRI VITTORIO
www.senato.it/notizie/RassUffStampa/050812/87jl4.tif
oppure
www.difesa.it/files/rassegnastampa/050812/87JL4.pdf



12/08/2005
LIBERO QUOTIDIANO
DI PIETRO AVVISA: "CANDIDIAMO SOLO CHI E' PULITO"
MANIACI CATERINA intervista DI PIETRO ANTONIO
www.senato.it/notizie/RassUffStampa/050812/87job.tif
oppure
www.difesa.it/files/rassegnastampa/050812/87JOB.pdf



12/08/2005
L'UNITA'
PARTE DA LONTANO LA QUESTIONE MORALE
VELTRI ELIO
www.senato.it/notizie/RassUffStampa/050812/87kg9.tif



12/08/2005
IL SOLE 24 ORE
L'ETICA NON LA FA IL GIUDICE
MAFFETTONE SEBASTIANO
www.senato.it/notizie/RassUffStampa/050812/87jmd.tif



L'Opinione delle Libertà
Direttore Responsabile: Arturo Diaconale
12 agosto 2005

Turci (Ds) rompe gli indugi: ?Il patto etico? Una bufala?
Unione, ancora polemiche sulla finanza rossa
di Aldo Torchiaro

Nel centrosinistra, dove la competition tra Quercia e Margherita sta asfissiando
un clima ingeneroso di idee, la polemica sulla questione morale rimane, a
fari spenti, sullo sfondo. Romano Prodi, che resta sulla punta delle lance
di molti riformisti, i quali iniziano visibilmente a guardarsi intorno, ha
buttato lì la sua. "Facciamo un Patto etico", ha detto. Una dichiarazione
solenne che parla ai girotondi col linguaggio dei girotondini. Di cosa si
tratti non si sa, e difficilmente si evince dalle scarne illustrazioni che
il Professore ha concesso a quella che rischia di passare per una boutade
estiva. Due giorni fa l'appello al Professore di Enzo Biagi, Giovanni Sartori,
Paolo Sylos Labini, Antonio Tabucchi e Elio Veltri perché l'Unione si doti
di un codice etico e di comportamento per stabilire il confine tra i comportamenti
eticamente riprovevoli, cui deve porre rimedio la politica, e i reati, che
compete alla magistratura accertare e reprimere?. Sulla linea della contiguità
con la proposta Bertinotti-Mastella che ha raccolto sin qui, sotto la Quercia,
soprattutto repliche ironiche. Tra coloro che non si arrendono all?ennesima
banalità di un centrosinistra a corto di argomenti, il senatore Ds Lanfranco
Turci, dell'area liberal.

Può spiegarci cosa sarebbe questo "Patto etico"?
Francamente non so bene cosa sia, questo ipotetico codice deontologico. Per
chi fa politica seriamente, queste cose sono nella pratica quotidiana: non
va mischiata la politica con gli affari. Bisogna distinguere tra interessi
politici e interesse finanziario, e stare sempre attenti all?uso del denaro
pubblico. Lo sappiamo, è l'abc. Perché farne un documento solenne?

E' una invenzione di tipo elettoralistico, quindi.
Io ho l'impressione che questa idea sia un po' vuota, ecco. Inutile. Anche
se il segretario del mio partito, Fassino, ha detto che va benissimo, si
scriva pure questo codice.. . Però io non saprei cosa scrivere. Una serie
di ovvietà, di cose banali che io ritengo piuttosto scontate. Vedrò il documento
con attenzione, ma non credo che leggerò qualcosa di nuovo.

Ma allora da dove nasce la polemica cui ha dato vita Parisi?
Quella polemica è decisamente sterile. Come è pretestuosa la polemica su
Petruccioli e la Rai; hanno detto "quella nomina ha un'origine consociativa".
Rispondo: certo, è consociativa per legge. Ed è del tutto campata in aria
la storia di Avvenire, lo scambio con Berlusconi intorno ai diritti sul calcio
per Mediaset. Una panzana vera.

Seguita da un affondo sul legame banche-Ds, che però è incontestabile?
La vicinanza della sinistra col mondo cooperativo è cosa nota. Ma ripeto:
la politica non si fa per arricchirsi, né per interessi amicali. Si fa per
dare corpo alle idee. E nella vicenda Bnl - Unipol non ho visto interessi
dei Ds finalizzati a un business in particolare. Unipol è una banca quotata
in borsa, come tutte le altre. Ha tutto il diritto di investire e di crescere.

Anche lei con D'Alema, quindi, che ha parlato di un certo razzismo?
Bhé, io credo che un pregiudizio ci sia, perché non capisco perché Unipol
deve stare ferma mentre il mondo delle banche è tutto in movimento. E trovo
quelle di Montezemolo parole imbarazzanti: quando dice che Unipol deve occuparsi
di ipermercati, davvero non lo capisco. Sono sciocchezze da scolpire nel
marmo, anzi no, scusi: nel gesso. Perché il marmo è sin troppo nobile.

Torno a chiederle: da dove nasce questo tormentone della questione morale?
Io credo che potrebbe esserci un desiderio di smarcarsi della Margherita
con i Ds, la famosa competition.

Mentre su Fazio Ds e Margherita sono entrambi timidi?
Io lo dico sin dall?inizio. Ero critico su Fazio da tempo, la sua pretesa
di governare il sistema bancario è sbagliata, da sempre. A questo punto lo
considero indifendibile, non può che dimettersi.

Anche a suon di intercettazioni?
L'idea di Berlusconi di ridurre l?uso delle intercettazioni alla mafia e
al terrorismo non mi convince. Bisogna però riuscire a mettere qualche vincolo
alla tutela della riservatezza. Certo, non possono essere utili a pilotare
il dibattito politico.





IL GIORNALE
12 agosto 2005

Non diamo credito ai moralisti
Geronimo

Ci sono momenti nella storia del Paese in cui bisogna essere testimoni di
verità, costi quel che costi. E quasi sempre capita che in quei momenti si
è chiamati a difendere con forza il diritto di chi amico non è o è addirittura
un avversario politico. È il caso della vicenda Bnl-Unipol sulla quale si
è scatenato in questi giorni un uragano di moralismo immorale che nasconde
solo piccoli interessi di bottega. Noi non siamo adusi ad offendere chicchessia,
né lo faremo oggi, ma è nostra abitudine, come sanno i lettori, di dire i
fatti per come stanno, ben sapendo che spesso è la verità a diventare la
maggiore offesa per alcuni. Ma veniamo al dunque. Un imprenditore marchigiano
di grande successo, Diego Della Valle, inventore del marchio di scarpe Tod's
che molti di noi usano, ha comperato alcuni anni fa il 5 per cento della
Banca nazionale del lavoro e da anni sostiene alla presidenza di quella banca
Luigi Abete, di cui è grande amico. Abete è una brava persona, con un carattere
estroverso e simpatico che nella sua vita di imprenditore tipografico non
è stato molto fortunato.
Non è Donato Menichella né Enrico Cuccia, ma neanche Alessandro Profumo,
Matteo Arpe o Corrado Passera. È una brava persona che, avendo fatto il presidente
della Confindustria quando Cesare Romiti molti anni fa fu costretto da Gianni
Agnelli a rifiutare quella nomina, orecchia di economia e di banche. Nell'insieme,
dunque, un uomo di buone relazioni che può fare il presidente di una banca
se affiancato da un vero banchiere. Il sostegno di Diego Della Valle alla
sua presidenza è più che legittimo, perché testimonia il valore dell'amicizia.
Detto questo, però, ogni cosa ha il suo limite e la sua misura. È mai possibile
che per consentire ad Abete di mantenere la presidenza della banca da molti
mesi a questa parte si sta operando perché la Bnl venga ceduta al Banco di
Bilbao il cui presidente è nominato dal governo spagnolo? Come tutti sanno,
gli spagnoli sono stati spinti a fare un'Opa, puntualmente fallita, perché
Franco Caltagirone e un gruppo di immobiliaristi romani erano contrari alla
presidenza Abete.
Dinanzi a questo stato di cose, gli immobiliaristi, sapendo che la Banca
d'Italia mai avrebbe concesso loro l'autorizzazione del controllo di un istituto
di credito con la storia e del valore della Bnl, hanno ceduto, facendo una
buona plusvalenza, le proprie azioni all'Unipol, già azionista della stessa
banca. L'Unipol è il braccio assicurativo e finanziario del mondo delle cooperative
rosse che, come tutti sanno, sono lontane mille miglia da questo giornale
e da chi scrive, così come lo è Franco Caltagirone e gli altri immobiliaristi
romani,
molti dei quali del tutto sconosciuti. L'Unipol ha un piano industriale di
«bancassurance» e, nel riassetto del capitalismo assicurativo e finanziario
italiano, ritiene giustamente che il controllo della Bnl le possa consentire
di essere competitiva in un mercato come il nostro che vede nell'intreccio
di Mediobanca un polo finanziario assicurativo che mette insieme Fonsai,
Generali, BancaIntesa e Capitalia. Un interesse legittimo, dunque, e certamente
più funzionale al mercato italiano del progetto spagnolo che ha come obiettivi
la colonizzazione e far fare un altro giro da presidente a Luigi Abete. Questi,
dunque, sono i fatti. È possibile che su questi fatti uomini come Fausto
Bertinotti e Achille Occhetto, o quotidiani del peso di Repubblica o del
Corriere della Sera impiantino una polemica nientepopopodimeno che sul terreno
della moralità pubblica, tessendo le lodi di chi intercetta telefonate tra
persone che fanno solo il proprio mestiere? A loro giudizio, da quel che
ci è dato di capire, sarebbe morale la vendita di una banca italiana agli
spagnoli solo per far contenti Abete e Della Valle (il secondo è anche azionista
del gruppo del Corriere della Sera) e sarebbe, invece, immorale il controllo
della stessa banca da parte di un capitalismo di tipo cooperativo che ha
alle sue spalle una storia di decenni. Qualcuno può trovare strano che un
democristiano a centottanta gradi come chi scrive e un giornale vicino al
centrodestra possano difendere il diritto delle cooperative rosse e del loro
braccio finanziario Unipol di lanciare un'Opa sulla Bnl. Se, però, quel qualcuno
ci riflette non lo troverà poi tanto strano, dal momento che questo giornale
e chi scrive sono fermi a quel vincolo dell'antico credo liberale «non condivido
nulla di quel che dici, ma sono pronto a dare la vita perché tu possa continuare
a dirlo». Il diritto non ha un colore politico e va difeso in particolare
quando tutela chi amico non è, perché esso è la base per uno stato moderno
e liberale che contempli una democrazia fatta di limiti ai singoli poteri
e guidata da una politica degna di questo nome. Saremmo tentati anche noi
di giudicare profondamente immorale la posizione di chi vuole vendere una
banca italiana per far fare ancora per tre anni il presidente a Luigi Abete.
Ma non cadiamo in questa tentazione, anche perché può darsi che Abete sia
un Cuccia in erba e noi non ce ne siamo accorti. Quel che è immorale, invece,
è che uomini pubblici e grandi quotidiani parlino di moralità per difendere
interessi che non hanno neanche il coraggio di dichiarare. Se questo dovesse
essere il clima dei prossimi mesi, avrebbe ragione, allora, Standard & Poor's
nel declassare il rating dell'Italia. Le ragioni di quel declassamento, però,
non sarebbero in una economia che perde competitività e che non cresce, ma
in qualcosa di enormemente più grave, qual è una politica impazzita in un
Paese dilaniato da lotte fra gruppi di potere.




Il ds Salvi: «Siamo al centro di attacchi concentrici da parte di alleati
e poteri forti in vista del voto, perché si dà per scontato che vinceremo»
Laura Cesaretti
da Roma

Il partito della Quercia sta subendo «un attacco concentrico da parte di
alcuni alleati e dei poteri forti, quelli del cosiddetto "salotto buono"».
Ne è convinto il vice presidente del Senato Cesare Salvi, battagliero esponente
della sinistra diessina.
Non le piace il salotto buono, senatore Salvi?
«Ma andiamo... Sono tutti indebitati fino al collo, dalla Fiat di Montezemolo
a Tronchetti Provera, e pretendono pure di dare le pagelle ai partiti! Sarebbe
meglio che ognuno guardasse le proprie,di pagelle».
Lei non vuol darle, agli imprenditori e ai poteri forti?
«Io credo che comunque la politica, per poter rivendicare la propria autonomia
e indirizzare gli altri poteri, deve fare ordine al proprio interno. Tutto
il sistema politico-istituzionale è in crisi, arranca, non funziona. Il maggioritario
all'italiana fa acqua da tutte le parti, basta vedere che abbiamo una quarantina
di partiti. E c'è un clima di continuo scontro, tanto più voluttuoso quanto
più è tra partiti alleati, dentro le stesse coalizioni, a destra come a sinistra...».
Già, anche nell'Unione si è litigato mica male ultimamente, tra scalate e
questioni morali. E oggi un editoriale di «Europa», il quotidiano della Margherita,
dice che il centrosinistra ha un «confronto da governare» sulle «quote di
potere».
«Strana notazione... anche perché le quote vengono normalmente dal consenso
che gli elettori esprimono verso l'uno o l'altro partito. Invece in questo
sistema politico-elettorale si creano tensioni fortissime per regolare i
conti prima delle elezioni».
Sta dicendo che è in corso un regolamento di conti nel centrosinistra?
«Be', molte cose di queste settimane non si spiegano altrimenti. Noi Ds siamo
il maggior partito della coalizione, sperando che sia vero perché per scaramanzia
sarebbe meglio non dirlo mai prima del voto. Ma certo si dà ormai abbastanza
per scontato che l'Unione vincerà le elezioni e che la Quercia sarà il primo
partito. E c'è un'offensiva contro di noi dall'interno del centrosinistra
e da fuori, con argomenti per lo più pretestuosi».
Parla del caso «questione morale»?
«Che Clemente Mastella si metta a dare a noi lezioni in materia è il caso
più bizzarro di questa surreale estate. Ma non è il solo: evidentemente si
ha paura che la Quercia si affermi e prenda la guida di una politica forte,
che faccia da spina dorsale al futuro governo del Paese. Per questo si è
scatenato un attacco concentrico da parte di alleati e di poteri forti».
E Prodi partecipa all'attacco?
«Non tiro in ballo Prodi, anche se c'è il problema irrisolto di un'alleanza
che non si sta strutturando in modo adeguato alle sfide che ci aspettano.
Ma l'affondo clamoroso di Arturo Parisi ha colpito assai, ed è stato quello
a dare la stura alle polemiche. Ma come si fa a mettere in relazione una
persona come Claudio Petruccioli con la questione morale? Conosco Petruccioli
da sempre, sono spesso su posizioni politiche lontanissime dalle sue ma è
veramente insostenibile un attacco di quel genere nei suoi confronti. Oltretutto,
la nuova legge impone l'intesa tra i poli per i vertici Rai. E poi ricorderei
a Parisi che poco prima, a proposito di lottizzazione,ci si erano divise
le presidenze delle Authority: due a Berlusconi e una a Prodi, col professor
Pizzetti alla Privacy. Lo sanno tutti, e non c'è niente di male se avviene
alla luce del sole. Ma non si può sostenere che se nominano tuo cugino non
è lottizzazione, e se il cugino è mio allora lo è».
Lei è stato il primo a sinistra a porre una questione «morale», quella delle
spese pazze delle Regioni da voi governate. Perché lo ha fatto?
«Perché ora che guidiamo la maggior parte delle Regioni dobbiamo dimostrare
di avere credibilità di governo, nei comportamenti e nei conti pubblici.
Non possiamo annunciare che risaneremo il Paese se non riusciamo a bloccare
le spese pazze a casa nostra. E su questo ho fatto il grillo parlante, ma
il mio invito è stato subito raccolto da tutto il partito».
Però poi i Ds sono finiti sotto accusa per l'appoggio dato alle operazioni
dell'Unipol.
«Bisogna distinguere tra le operazioni in corso. Trovo incomprensibile che
si attacchino le coop perché fanno impresa, e non mi risulta che ci sia alcuna
iniziativa della magistratura su questo: è stata colta l'occasione per un
attacco pretestuoso ai Ds. Non capisco dove sia il problema: se gli spagnoli
offrono una lira in più, Bnl è loro. E Unipol è una società per azioni, perché
non dovrebbe fare un'offerta? Altra storia è quella di Fiorani, dove c'è
un sospetto di collusione tra scalatori e anche l'impressione di un appoggio
particolare da Bankitalia. Quanto a Rcs, fa parte dell'anomalia italiana
che ci sia una commistione tra impresa e giornali. Tutti i grandi quotidiani,
anche il suo, fanno riferimento diretto o indiretto a grandi imprese, e questo
crea un conflitto di interessi latente».
A proposito di grandi giornali e grandi imprenditori, che impressione le
ha fatto la lettera d'addio di De Benedetti a Berlusconi?
«Ah... mi ero quasi commosso, leggendola. Poi però ho appreso che l'Ingegnere
aveva comunque portato a casa un lauto guadagno, e la commozione mi è passata
del tutto».



10/08/2005
IL RIFORMISTA
NON CI SI INDIGNA IN ETERNO
www.senato.it/notizie/RassUffStampa/050810/86yqt.tif












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