LA PADANIA CONTRO SPATARO

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INES TABUSSO
00domenica 5 marzo 2006 01:55
LA PADANIA
4 marzo 2006
Il procuratore ancora sul caso Abu Omar: «L’inchiesta andrà avanti a ogni costo»
E ora Spataro detta la linea a Castelli

«Castelli sbaglia. Non abbiamo esercitato alcuna indebita pressione. Il Guardasigilli deve decidere, il prima possibile, ma è comunque tenuto a darci una risposta. Ha l’obbligo giuridico di farlo». Il diluvio di parole e accuse sul caso Abu Omar non sembra destinato a spegnersi. E’ ancora una volta il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro a girare i carboni ardenti, mantenendo viva la fiamma delle polemiche. Ma questa volta il capo dei pm milanesi va oltre, non limitandosi alle critiche sul rispetto delle procedure, ma entrando anche nel merito politico della delicata vicenda Abu Omar. A dividere lui e il titolare del dicastero della Giustizia Roberto Castelli c’è la richiesta di estradizione per i 22 agenti della Cia accusati tanto di aver rapito nel 2003 l’ex Imam di via Quaranta, quanto di averlo interrogato nella base di Aviano e successivamente portato in un carcere egiziano, dove è ancora oggi detenuto. Un’azione che, se le tesi dei magistrati milanesi si dimostrassero fondate, sarebbe in evidente violazione del diritto internazionale. Il giorno dopo il secco botta e risposta a colpi di dichiarazioni tra Procura e ministero, Spataro decide di dire la sua, quasi a suggerire al Governo la strada da seguire: «Nessuna ragione di Stato può consentire di eludere la legge e il principio della leale collaborazione tra istituzioni» spiega, puntando subito dopo dritto al cuore dello Spataro-pensiero: «Credo che la vera ragion di Stato sia quella di non consentire che venga violata la sovranità territoriale del nostro paese, come invece è successo». In parole povere, per il procuratore aggiunto l’inchiesta deve andare avanti, possibilmente passando proprio per la richiesta di estradizione dei 22 agenti, già oggetto di altrettanti mandati d’arresto. Un suggerimento per il Governo, fatto di dichiarazioni, carte bollate (come la lettera di sollecito indirizzata nei giorni scorsi al ministero della Giustizia dai pm titolari dell’inchiesta, il procuratore capo Manlio Minale e il procuratore generale Mario Blandini). Suggerimenti, spinte, solleciti: il ministro Roberto Castelli aveva tagliato corto, definendo le parole dei magistrati, quelle scritte come quelle pronunciate in tv, come «indebite pressioni». Pressioni che oggi lo stesso Spataro ricostruisce, partendo dal principio: «Il 10 novembre 2005 abbiamo chiesto al ministro di avviare con gli Usa una procedura per l’estradizione dei rapitori di Abu Omar. Poi il 23 dicembre, abbiamo chiesto che fossero trasmessi gli atti all’Interpol per le ricerche nei paesi extraeuropei. Sono passati quattro mesi e il silenzio del Governo rischia di compromettere la ragionevole durata del processo». Su questo punto la replica del ministro è stata precisa: «La legge non fissa nessuna scadenza. Si limita a dare al ministro il diritto e il dovere di decidere circa la firma di una richiesta di estradizione. La decisione arriverà quando arriverà: i magistrati devono attendere e rispettare gli atti del ministero. Del resto questa è una vicenda delicata, che richiede cautela ed attenzione, visto che ci sono in gioco interessi del paese».
Parole che avevano anche portato il Guardasigilli, rispondendo alle pressioni della Procura, ad invitare tutti al «rispetto dei reciproci ruoli, e della propria indipendenza». Il Governo sta riflettendo sul da farsi, insomma: un’indicazione su quale linea voglia seguire Palazzo Chigi è arrivata ieri, proprio per bocca di Roberto Castelli: «Si tratta di decidere chi dobbiamo inquisire, se i terroristi oppure i loro cacciatori». E proprio su questo punto Spataro aggiunge la sua, proprio come in un forzato dialogo a distanza tra rappresentanti delle istituzioni: «Il ministro può accettare o rifiutare di chiedere agli Stati Uniti l’estradizione degli agenti Cia che hanno sequestrato Abu Omar. Castelli può decidere come vuole, assumendosi ovviamente la relativa responsabilità politica. Alla procura di Milano resta poi la possibilità di prendere iniziative presso le sedi internazionali, dove i ritardi del ministro sono stati già aspramente criticati».
A questo proposito il capo della Procura si è detto già pronto a proseguire la sua inchiesta, chiedendo il rinvio a giudizio dei 22 agenti che hanno rapito Abu Omar». Uno Spataro a tutto campo, dunque, a cui non sfugge l’occasione di dire la sua anche sul monito lanciato nelle settimane scorse per il rischio di attentati in Italia, paese esposto all’attenzione dei terroristi anche per la vetrina mondiale delle Olimpiadi di Torino. «Notizie allarmistiche, frutto di informazioni errate fuoruscite anche da qualificate sedi istituzionali», spiega Spataro, che poi aggiunge: «Così si pregiudicano le indagini e si alimenta quella diffusa paura collettiva che è proprio l’obiettivo dei terroristi. Basterebbe un lavoro lontano dai riflettori per scartare le notizie inconsistenti a vantaggio di quelle serie». Lontano dai riflettori, appunto.
Lu. Pes.




cfr.

LA REPUBBLICA
3 marzo 2006
Int. a ARMANDO SPATARO
"MA NON SI PUO' ELUDERE LA LEGGE" (F.SA.) - a pag.4

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Armando Spataro all'Europarlamento

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