LA GIUSTIZIA TRA CASTELLI E MASTELLA

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INES TABUSSO
00mercoledì 17 maggio 2006 00:57


Calcio, ministri intercettati. Castelli ordina ispezioni
martedì, 16 maggio 2006 9.07

ROMA (Reuters) - I nomi di due ex ministri del governo di centrodestra compaiono oggi nelle trascrizioni pubblicate da alcuni giornali di intercettazioni telefoniche effettuate nell'ambito dell'inchiesta sulle presunte "combine" nel campionato di calcio.

I verbali pubblicati riguardano il ministro dell'Interno uscente Giuseppe Pisanu e l'ex responsabile dell'Economia Domenico Siniscalco, al telefono con l'ex direttore generale della Juventus Luciano Moggi, indagato per associazione a delinquere e altri reati dalla procura di Napoli, e ascoltato ieri a Roma dai magistrati partenopei.

In una nota, il ministro Pisanu si è detto dispiaciuto che "intercettazioni di nessuna rilevanza penale siano state divulgate arbitrariamente, gettando ombre sulla mia condotta".

Il presidente del Senato Franco Marini ha fatto sapere attraverso una nota diffusa in serata che investirà la Giunta delle Elezioni e delle immunità parlamentari di Palazzo Madama della questione "riguardante l'uso illegittimo delle intercettazioni telefoniche indirette in danno di parlamentari".

Intanto il ministro della Giustizia Roberto Castelli ha disposto ispezioni nelle procure di Pinerolo, Massa Carrara e Torino nell'ambito delle indagini sul mondo del calcio, come ha confermato in serata una sua portavoce.

Castelli ha incaricato il capo degli ispettori Arcibaldo Miller di occuparsi di vicende riconducibili al procuratore della Repubblica di Pinerolo, Giuseppe Marabotto, anche lui finito in una intercettazione telefonica di Moggi, e al giudice di Massa Carrara Cosimo Ferri, che è anche componente della Commissione vertenze della Federazione Italiana Giuoco Calcio (Figc).

Sarà inoltre compito degli ispettori valutare un presunto condizionamento ambientale della procura torinese, per la presenza del procuratore Maurizio Laudi che è giudice sportivo della Federazione.





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IL MANIFESTO
16 maggio 2006
Alla fine per Mastella spunta la Giustizia
L'udeur alza la posta e minaccia ancora l'appoggio esterno
A. Co.
Roma

Non sarà la Difesa, però non può essere neppure l'Agricoltura. Ancora ieri mattina, con un'intervista sulla Stampa, Clemente Mastella aveva ribadito il suo ultimatum: «O la Difesa o me ne sto fuori dal governo». Un appoggio esterno esiziale per un esecutivo che già non può contare, al senato, su una maggioranza granitica. Nella stessa intervista, il leader dell'Udeur ribadiva anche la sua indisponibilità ad accettare in cambio il ministero del Lavoro, incarico già ricoperto, sia pur per pochi mesi, nel '94, col primo governo Berlusconi. Di Agricoltura, poi, don Clemente non vuol neppure sentirne parlare. «Anche perché - spiega - devo pur scrollarmi di dosso l'immagine di ministro 'clientelare'».
Alla fine, dopo una giornata segnata dalla rivolta dei partiti minori, che, capitanati dallo stesso Mastella, accusano i due partiti ulivisti di eccessiva ingordigia, il sovrano di Ceppaloni apre uno spiraglio. Per la prima volta accetta di mettere in forse il ministero della Difesa. Ma su un «ministero istituzionale» tiene duro. E allora?
E allora una soluzione ci sarebbe: a Mastella il ministero della Giustizia, a Parisi quello della Difesa. E' vero che il capofila dei prodiani nella Margherita era indicato da tempo come ministro degli Interni in pectore ma è anche vero che negli ultimi tempi il candidato al Viminale aveva fatto sapere a volontà di non ambire affatto a quella poltrona.
L'ipotesi Giustizia viene così fuori nel colloquio Mastella-Prodi, aperto con la protesta ufficiale dell'Udeur contro l'invadenza dei Ds e della Margherita. Certo, dal punto di vista tecnico il capo assoluto del Campanile con la Giustizia ha poca dimestichezza e lo ammette francamente. Ma aggiunge che il compito di chi guida un ministero così delicato è assai più politico che non tecnico. E dal punto di vista politico Mastella se la sente di prendere in mano la patata più bollente che ci sia in gioco. Ritiene di poter mediare tra i due schieramenti in campo, le toghe e quella robsuta area bi-partisan che sopporta sempre peggio l'invadenza dei togati. E' un punto a suo favore, perché tra i problemi in campo le resistenze generalizzate a infilarsi nella tana del lupo, nel ginepraio di via Arenula, hanno parecchio peso.
Infine, l'ardita manovra in questione libererebbe la casella giusta per Giuliano Amato, che si ritroverebbe spianata la strada per un ministero di primissimo piano, quello degli Interni. A conti fatti, dunque, qualche forte briscola da calare per conquistarsi la Giustizia don Clemente ce le ha davvero. Ma non mancano neppure gli scogli, uno dei quali è forse rappresentato dall'altra pretendente alla Difesa, Emma Bonino. La conclusione prospettata ieri soddisferebbe in pieno l'Udeur, lasciando però a bocca asciutta proprio la Rosa. Anche gli altri partiti minori, infatti, dovrebbero avere già garantito un ministero di peso. La Bonino, invece, resta in cerca di alloggio. La Rosa, del resto, non sembra affatto disposta a barattare la Difesa con un altro ministero, fosse pure di serie a, e la candidatura della ex commissaria europea incassa una raffica di sostegni anche da parte di esponenti della sinistra diessina come Cesare Salvi e Fulvia Bandoli. E qualora la Bonino dovesse spuntarla, tutto l'edificio costruito sull'assegnazione a sorpresa della Gisutizia a Mastella crollerebbe di colpo.
Al fattore Emma si aggiungono le perplessità diffuse tra i Ds e nella Margherita per l'attribuzione di un ministero così delicato a un leader che di giustizia non si è mai occupato. Gli ulivisti temono di accreditare ulteriormente l'immagine di una coalizione occupata principalmente a spartirsi le poltrone senza scontentare nessuno. Così, in serata, il braccio di ferro ricomincia più duro che mai. I capigruppo dell'Udeur Fabris e Cusumano, in una nota cngiunta, si dichiarano «del tutto insoddisfatti di come sta evolvendo la trattativa». Accusano Prodi e l'Ulivo di non aver accettato la proposta di adottare il lodo Spadolini. Concludono ripetendo la minaccia di limitarsi all'appoggio esterno e convocano per oggi in seduta permanente la direzione e l'ufficio politico col compito di decidere appunto l'appoggio esterno se la soluzione finale non sarà soddisfacente.




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