LA DIPLOMAZIA DEGLI SCAMBI

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INES TABUSSO
00domenica 28 ottobre 2007 17:40


CORRIERE DELLA SERA
26 ottobre 2007
IL RETROSCENA
La diplomazia degli scambi
Fiorenza Sarzanini


ROMA - È una trattativa che tutti hanno sempre negato e continueranno a
negare. Un segreto destinato a rimanere custodito gelosamente. Riporta al
sequestro di Daniele Mastrogiacomo, il giornalista catturato in Afghanistan il
5 marzo scorso. Per il suo rilascio, avvenuto due settimane dopo, i talebani
pretesero uno scambio di prigionieri. Le loro condizioni furono poste all'
Italia affinché se ne facesse tramite con il governo di Hamid Karzai. Ma fu
subito chiaro che né Roma, né Kabul avrebbero potuto prendere decisioni senza
ottenere il via libera degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. La strada
diplomatica in quei giorni fu percorsa in maniera frenetica. Perché la lista
dei detenuti da liberare consegnata dai talebani doveva essere esaminata anche
dagli alleati. Alcuni di loro erano addirittura sotto la custodia di Washington
e dunque nulla poteva essere stabilito senza che ci fosse un assenso degli
altri componenti della coalizione. Durante i colloqui riservati con gli
americani, il governo italiano decise così di far pesare la lealtà sempre
dimostrata nei confronti dell' amministrazione di George W. Bush. Però si trovò
a fare i conti con chi appariva determinato ad alzare il prezzo mettendo sul
tavolo la questione Calipari, ma anche il processo contro gli agenti della Cia
accusati di aver prelevato nel febbraio del 2003 in una strada di Milano l'
imam Abu Omar con la complicità di alcuni 007 del Sismi. Del resto Gli Stati
Uniti non hanno mai nascosto la volontà di chiudere entrambe le partite senza
conseguenze per i propri cittadini, convinti sull' opportunità di affrontarle
seguendo una «linea morbida». Ieri, a chi gli chiedeva quanto i rapporti
politici avessero influito sul verdetto dei giudici della corte d' Assise, il
professor Franco Coppi, legale della famiglia Calipari, ha risposto: «Io resto
convinto che la politica rimanga fuori dalle aule di giustizia. Forse sono un
ingenuo». Che la politica abbia riflessi anche nelle aule di giustizia lo
dimostra proprio la richiesta di annullamento del rinvio a giudizio dei vertici
del Sismi per la rendition dell' imam presentata dall' Avvocatura generale
dello Stato alla Corte Costituzionale, in quel processo dove Coppi siede sul
banco dei difensori e non della parte civile. Nel conflitto sollevato alla
Consulta, l' Avvocatura ha tra l' altro sostenuto: «Sotto il profilo della
politica internazionale, va rilevato il sensibile danno recato all' immagine
del governo italiano, soprattutto nella delicatissima e vitale materia della
collaborazione fra Stati nel campo dell' antiterrorismo». Collaborazione, è
questo il nodo cruciale. I buoni rapporti tra i due governi sembravano
incrinati proprio dopo il rilascio di Mastrogiacomo quando un alto funzionario
americano affermò: «Liberare i talebani è stato un errore. Gli Stati Uniti sono
rimasti sorpresi di quanto avvenuto». L' atteggiamento di ieri è stato diverso.
Il Pentagono ha espresso «viva soddisfazione» e l' avvocato del soldato Mario
Lozano ha voluto ringraziare pubblicamente l' Italia.




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27/10/2007 - "IL MANIFESTO", Pag. 1
LOZANO, TRA MISTERI, SILENZI E PROPAGANDA
di: GABRIELE POLO

Cosa c'è dietro il nulla di fatto con cui la Corte d'Assise di Roma ha chiuso
il processo contro Mario Lozano, l'uccisore di Nicola Calipari? Forse solo un
errore giudiziario, come dice il professore Franco Coppi. Forse un potere
supremo, per cui i più forti hanno sempre ragione. Ma forse qualcosa di più. È
quanto sostiene il «Corriere della sera», secondo cui ci sarebbe stato uno
scambio di favori Italia-Usa. Un accordo segreto sottoscritto ai tempi del
sequestro Mastrogiacomo, l'inviato di «Repubblica» sequestrato in Afghanistan
lo scorso marzo. In sintesi, gli americani avrebbero permesso il rilascio di
alcuni prigionieri talebani - il prezzo da pagare per la libertà del
giornalista - in cambio della promessa che il caso-Lozano si sarebbe chiuso
positivamente (per l'imputato) e che il processo contro gli agenti della Cia
accusati del sequestro Abu Omar avrebbe seguito la stessa sorte. Ipotesi
inquietante. Ancor più inquietante è il silenzio - nessuna reazione, nessuna
smentita - seguito all'articolo del Corsera.
Vorremmo capire meglio, vorremmo che qualcuno - magari dal governo - aprisse
bocca. Anche per fugare ogni dubbio sull'inaspettato avvicendamento del giudice
Mario Almerighi (che avrebbe dovuto presiedere la Corte d'Assise, mentre è
stato spedito anticipatamente a Civitavecchia) con Angelo Gargani, fratello del
responsabile giustizia di Forza Italia. Forse sono solo stranezze, come quella
che ha visto spuntare ieri un mazzo di fiori anonimo sul monumento che ricorda
Nicola a Forte Braschi, sede del Sismi. Chissà perché un omaggio senza nome.
Ps. Sempre a proposito d'informazione sul caso Calipari, vorremmo capire quale
deontologia professionale pensa di avere il Tg1, quando dà la parola a Mario
Lozano, non con un'intervista - che prevede contraddittorio e domande - ma con
un microfono aperto in cui il soldato deforma la realtà e getta fango su
Giuliana Sgrena. Che poi sarebbe una sua vittima.





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