Il grande nulla
Secondo volume della quadrilogia di Los Angeles, l'ho letto dopo Dalia nera e L.A. Confidential.
Una scrittura potente, un incastro di universi imponente, il mio giudizio è positivo sebbene mi sia
piaciuto (parola da intendersi come sintesi e banalizzazione di tutta la soggettività possibile nella fruizione, determinata da fattori razionali e irrazionali di molteplice natura
) meno rispetto a Dalia nera e L.A. Confidential.
Oltre allo stile, i punti forti sono per me i personaggi, ed in particolare i tre protagonisti, che però crescono con una certa lentezza (ci ho messo un po' ad entrare in sintonia con loro) fino a diventare grandi nell'ultima parte; il loro rapporto; il respiro noir della storia; la ricostruzione Usa anni Cinquanta, tra Hollywood e caccia alle streghe (I love Howard Hughes
); la scelta coraggiosa dell'inaspettato epilogo in particolare per uno dei protagonisti - ma in generale il finale è molto buono.
Il primo punto debole, secondo me, è il giallo. Intricato (che sia confuso glielo perdono), improbabile, farraginoso, nella soluzione non soddisfacente.
Il secondo punto debole è l'indulgere troppo nel morboso - che è la cifra di Ellroy, anche nel suo profilo personale, ma in questa misura diventa quasi scorrettezza, clichè, dunque debolezza.
Certe descrizioni, o semplicemente il riassunto completo della trama gialla, lo scioglimento del mistero nei suoi dettagli, sono secondo me francamente ridicoli, superano largamente follia e malattia per sconfinare in un eccesso che toglie forza, credibilità e capacità di coinvolgimento/soddisfazione alla trama.