INVITO all'indignazione. E alla RIVOLTA

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00domenica 6 dicembre 2009 15:11
 FONTE->Invito all'indignazione. E alla rivolta



«Esiste un contagio del male: chi è non-uomo disumanizza gli altri, ogni delitto si irradia, si trapianta intorno a sé, corrompe le coscienze e si circonda di complici sottratti con la paura o la seduzione al campo avverso».
Primo Levi

Dino Greco
« F acciamo schifo». Con un'amarezza e uno sdegno senza fine, Erri De Luca, ospite domenica sera di una delle rare trasmissioni televisive sopravvissute al dilagante ciarpame, ha così commentato quella che nel nostro Paese è ormai divenuta una vera e propria persecuzione razziale contro i migranti. Contro tutti i migranti, clandestini e non, nordafricani e slavi, rom prima di tutto - perché di tutti sono i più deboli - non importa se nomadi o stanziali, apolidi o ad ogni effetto cittadini italiani.

Le immagini della polizia meneghina in tenuta antisommossa, schierata davanti ad un'inerme bambina che guarda sbigottita le ruspe travolgere e ridurre in macerie le casupole costruite con materiali di risulta e le povere cose in esse contenute, sono le terrificanti istantanee di una barbarie che monta, inarrestabile, tronfiamente rivendicata, ierilaltro, dal vicesindaco milanese, il fascista Riccardo De Corato («c'è un solo modo per riassumere la politica del comune di Milano nei confronti dei rom: sgomberare»). Ora, costoro, diceva De Luca, abbiano almeno il pudore di «rimuovere anche il presepe che hanno allestito dentro le proprie case per il Natale».

Non lo faranno, caro Erri: la doppia morale, l'ipocrisia filistea di costoro, dei cultori del "White Christmas", il bozzolo marcio dentro l'ottuso, conformistico perbenismo, consentiranno loro di far convivere l'una e l'altra cosa: la croce con la spada, le "radici cristiane" con l'apartheid. Doppiamente blasfemi. Del resto, è già successo.

Ed è proprio questo il punto: è già successo. Oggi, davanti a noi, razzismo istituzionale e consenso sociale si rincorrono e retroagiscono l'uno sull'altro: le retate da pulizia etnica, le taglie sul clandestino da snidare e cacciare, gli inviti alla delazione, le case, le classi, gli autobus, i "bonus bebè" negati o differenziali, la proposta (per ora) accantonata di una cassa integrazione ridotta per gli stranieri, le deiezioni dei maiali sparse sui luoghi dove si vuole impedire possano sorgere le moschee, il reato di immigrazione clandestina, i lager e i respingimenti, il diniego del diritto di voto.

Fino ai cori razzisti negli stadi, spudoratamente spacciati per innocue manifestazioni di tifo sportivo.

L ' altra faccia di questa putrida medaglia è l'arroganza di un potere corrotto, culla del privilegio e dell'impunità di casta, che premia i mediocri corrivi, che distrugge tutto ciò che sa di cultura, che educa alla passività e al servilismo.

A questo punto ed anche oltre siamo giunti, passo dopo passo. Scivolone dopo scivolone, la corsa sul piano inclinato è diventata una ruzzola indecente, invisibile soltanto a chi non rammenta nulla, avendo tutto rimosso, o a chi non ha nulla da ricordare perché nessuno glielo ha mai insegnato.

Quante volte ci si è chiesti, riflettendo sui drammi della storia patria e di quella continentale, «come sia stato possibile» che l'Europa, "culla della civiltà" sia potuta divenire l'incubatoio della barbarie.

Dove come quando è cominciato, con quale sequenza si sia giunti a tollerare, a tacere l'abisso.

Difficile rintracciare un solo momento, un solo episodio, di per sé decisivi.
Credo che il precipizio abbia inizio ogni qualvolta, di fronte ad un sopruso, prevale la coazione vigliacca a girare la testa dall'altra parte, a rinunciare alla propria personale responsabilità, ad "occuparsi dei fatti propri", perché quanto accade "non ci riguarda".

E non si dica che gli anticorpi sono stati ormai metabolizzati e dunque la soglia del pericolo non sarà oltrepassata.

Prima o poi ci si convince che dall'altrui persecuzione si può persino trarre qualche vantaggio. Salvo scoprire - sempre troppo tardi - che da quel buco nero non si esce.

Il direttore della Luiss (Libera Università degli studi sociali), ha ieri reso pubblica una lettera indirizzata al figlio - e a tutti i figli - invitandolo, a studi universitari ormai conclusi, a lasciare questo paese divenuto irriconoscibile e invivibile.

Ma quella lettera, a voler capire, non è un invito alla resa, alla rassegnazione, all'abbandono, ma all'indignazione. E alla rivolta.



(Liberazione)

 
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