INCOMPATIBILITA' AMBIENTALE E FUNZIONALE PER IL GIUDICE CHE PRESCRISSE BERLUSCONI

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INES TABUSSO
00giovedì 1 giugno 2006 00:29
CORRIERE DELLA SERA
31 maggio 2006
Giovanni Bianconi

ROMA - Il giudice Francesco Castellano non può più lavorare a Milano. La toga divenuta famosa per aver pronunciato la sentenza di prescrizione e assoluzione nei confronti di Silvio Berlusconi, un anno e mezzo fa, e più di recente per essere stato intercettato mentre parlava al telefono con l’ex-presidente di Unipol Giovanni Consorte, è passato dal tribunale alla guida dell’ufficio di sorveglianza, ma non può restare nemmeno lì. «E’ di tutta evidenza come la vicenda in esame, espressiva di una nuova partecipazione "consultiva" da parte del dottor Castellano alle vicende giudiziarie penali dell’ingegner Consorte, renda il magistrato incompatibile con la sede milanese, ossia con la sede nella quale sono nati e sono tuttora in corso delicati procedimenti coinvolgenti esponenti di punta del mondo economico e finanziario». Così si legge nella relazione che accompagna la richiesta di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale di Castellano, che andrà in votazione al plenum del Consiglio superiore della magistratura la prossima settimana. In commissione la proposta del relatore Francesco Menditto è passata all’unanimità e le 45 pagine che l’accompagnano hanno il tenore di una vera e propria sentenza di condanna para-disciplinare. Con censure di questo tipo: «Viste nel loro insieme, le vicende esaminate delineano il profilo del dottor Castellano come quello di un magistrato sistematicamente disponibile a dare "consigli" in merito ai procedimenti penali coinvolgenti l’ingegner Consorte; e per dare questi "consigli" egli non ha esitato a caldeggiare - "molto fortemente" - le tesi della difesa dell’imputato presso il procuratore di Milano e presso il sostituto titolare delle indagini» nonché «a riferire al diretto interessato, a distanza di poche ore dalla casuale conoscenza, dell’esistenza (quantomeno) di un esposto contro l’Unipol presentato nell’ambito di una delle vicende economico-finanziarie più rilevanti degli ultimi anni».
Tutto nasce dalle intercettazioni estive ai «furbetti del quartierino» che riguardarono anche Consorte e a sua volta Castellano, il quale parlava e s’incontrava con l’ex capo di Unipol. Le trascrizioni finirono da Milano a Roma e da qui a Perugia, dove Castellano è tuttora indagato per millantato credito e per rivelazione di segreto insieme al collega procuratore aggiunto di Roma Achille Toro (che però si ritiene parte lesa del millantato credito) e lo stesso Consorte. L’indagine penale è alle battute finali, ma quella para-disciplinare del Csm è arrivata prima.
Oltre alle telefonate, a carico di Castellano pesano le informazioni chieste e le valutazioni espresse sull’inchiesta milanese a carico di Consorte per insider trading. Risalgono al marzo 2004 e le ha svelate il procuratore Minale: «Molto fortemente disse che, a suo giudizio, a giudizio della difesa, l’imputazione era inconsistente, era senza presupposto e, quindi, la Procura si avviava a una decisione non fondata».
Sulla vicenda Unipol-Bnl, invece, i fatti sono al luglio scorso; Castellano parlava e s’incontrava con Consorte e, negli stessi giorni, parlava e s’incontrava con Toro, titolare dell’indagine scaturita da un esposto dei concorrenti di Unipol nella scalata alla Bnl. Venutone casualmente a conoscenza da Toro, il giudice ne parlò subito dopo con l’amico mostrando, secondo la relazione del Csm, «straordinaria disinvoltura e insensibilità verso i doveri di riserbo e di prudenza che gravano su tutti i magistrati, rivestendo particolare pregnanza per i dirigenti degli uffici». I quali, dovendo vigilare sui colleghi, «devono essere accompagnati da un’immagine caratterizzata appunto da rigore, prudenza e discrezione». Di qui la «netta incompatibilità funzionale del dottor Castellano con le funzioni direttive».



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