I LEGHISTI DEL "COMITATO AMICI DELLA CREDIEURONORD" RIVOGLIONO I SOLDI

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INES TABUSSO
00lunedì 16 gennaio 2006 23:00

LA STAMPA
16 gennaio 2006
IL CARROCCIO E BANCOPOLI.
C’E’ ANCHE CHI CONTINUA A CREDERE IN CALUNNIE E COMPLOTTI
I leghisti rivogliono i soldi della banca padana furbetta
«Eravamo con loro ma non importa: li portiamo in tribunale»
di Mattia Feltri

MILANO. «Basta. Li portiamo in tribunale», dice Corinna Zanon. Lei è fra
i promotori del «Comitato amici della Credieuronord», e il termine «amici»
è ingannevole. Il comitato, infatti, raduna i 3 mila e 500 soci che in Credieuronord
(conosciuta anche come Banca della Lega) hanno perso venti milioni di euro,
in media 5 mila e 700 euro a testa. Lanciata nel 1999 dal testimonial Umberto
Bossi, la banca andò presto a gambe all’aria, poi fu salvata dalla Popolare
di Lodi di Giampiero Fiorani che si prese a 4 euro le azioni pagate dai soci
il sestuplo. «Nei prossimi giorni partiranno le prime cause civili», dice
Corinna Zanon e spiega che non si guarderà in faccia a nessuno, né a sindaci
né a revisori dei conti, e nemmeno ai membri del comitato di amministrazione,
«neanche se si chiamano Stefano Stefani e Maurizio Balocchi e sono dirigenti
della Lega».

In internet, nei gruppi di discussione, si leggono frasi così: «E’ la prova
che chi va a Roma diventa romano». Oppure: «Sono tutti uguali». O ancora:
«Se hanno fatto robe del genere, massima condanna». Credieuronord non c’entra.
Qui i leghisti commentano i rapporti fra il partito e la Popolare di Lodi.
Anche se la maggioranza non si rassegna, e crede siano calunnie e complotti,
e che se porcheria c’è stata è porcheria per legittima difesa, tutti gli
altri (non pochi) soffiano di rabbia. «Sono furenti. Furenti», spiega Rosanna
Sapori. E’ stata una voce storica di Radio Padania. L’hanno allontanata nel
2004 dopo quattro anni da Co.co.co: «Davo spazio ai truffati di Credieuronord.
E alla Lega dava fastidio». TelePadova Adesso Rosanna lavora a TelePadova,
e continua a consegnare i microfoni a scontenti e indignati: «Aumentano,
e la Lega sbaglia a trascurarli». Lo pensa anche Roberto Poletti, conduttore
di una trasmissione quotidiana sulla milanese Antenna 3.

I telespettatori telefonano in diretta destreggiandosi fra lo scoramento
e la collera: «C’è la banca, ci sono i maneggi con Fiorani, e poi le pensioni
d’oro per i senatori votate dai leghisti insieme a tutti gli altri. Non tira
un’aria meravigliosa», dice Poletti. «Non è questione di reati», osserva
l’ex sindaco socialista Paolo Pillitteri, uno che dovette misurarsi col tambureggiante
leghismo delle origini, «ma ora sappiamo che i bossiani hanno relazioni non
sempre limpide, si muovono nel sottobosco, nella zona grigia compresa fra
politica e affari. Magari fanno quadrare i conti con qualche artificio. E
insomma, si dedicano a quello che, scendendo in politica, volevano combattere».
La percezione degli osservatori combacia straordinariamente. Soltanto Massimo
Fini (scrittore e giornalista nemico della modernità e della globalizzazione,
molto affascinato quindici anni fa dagli esordi leghisti) ha convinzioni
un po’ dissimili: «La base è molto spaccata, metà innocentista e metà colpevolista.
Ma continua a credere fideisticamente nella diversità della Lega, pensa che
i cattivi comportamenti, se ci sono stati, servivano al perseguimento di
obiettivi nobili e superiori. E anche gli intransigenti, e non mancano, hanno
l’aria di aspettare il pretesto per perdonare e passare oltre».

Nella provincia di Bergamo Altrettanto straordinariamente convergono le analisi
nel partito - e sono ben più rassicuranti - che provengano da uno sgobbone
di provincia, da un semplice parlamentare o da un ministro. Lo sgobbone è
Daniele Belotti, ex coordinatore della Lega a Bergamo, oggi consigliere regionale
lombardo: «Io i nostri li incontro, e c’è assolutamente fiducia. Hanno capito
che i giornali scrivono certe cose per coprire qualcun altro». Il deputato
è Giancarlo Pagliarini: «Da quello che ho letto, le accuse non stanno in
piedi. Sono diffamazioni così confuse da non poterci danneggiare». Il ministro
è Roberto Maroni: «Se qualcuno scrive che Bossi ha intascato cento milioni
di lire, e Bossi smentisce, secondo voi l’elettore leghista a chi crede?».
Il vigoroso ottimismo non accetta obiezioni. Nemmeno quando si parla di «Etere
padano», iniziativa di qualche anno fa. Venne aperto un conto (alla solita
Popolare di Lodi) per raccogliere i fondi necessari a potenziare l’informazione
leghista: il giornale, la radio, la tv. Negli anni sul conto sono transitati
denari a profusione. In cambio dell’anonimato, un leghista confida le preoccupazioni
di alcuni militanti: «Fanno due più due, si ricordano che era un conto della
Bpl, si chiedono come sono stati spesi quei soldi». Per Pagliarini non c’è
stranezza: «Immagino siano serviti per tenere in piedi i nostri media.

Le radio e le tv non rendono...», dice, e sorride pensando a quanto abbiano
reso a Berlusconi. E continua a sorridere malgrado lui stesso abbia perso
20 mila euro in un’avventura immobiliare promossa da colleghi di partito
in Croazia: «Un vero bidone, sono ancora incazzatissimo. Ma che c’entra la
Lega? Era un investimento sballato, e io, asino, non me ne sono accorto».
I poverini, conclude, sono quelli di Credieuronord, e il sorriso svanisce.
«Certo che sono poverini» «Certo che sono poverini. Fanno bene a promuovere
azioni civili, e chi ha sbagliato paghi. E so che noi della Lega dovremmo
trovare il modo di aiutarli», prosegue Maroni. Ma la questione, dice, elettoralmente
è già stata metabolizzata: «Alle Europee abbiamo preso il 5 per cento contro
il 3,9 del 2001. E ad aprile andremo oltre, vedrete».

E succederà, secondo Maroni, specie se continueranno a girare panzane come
quella di un asse Fiorani-Maroni per salvare il Varese calcio: «Bene, una
calunnia buona per regalarci i voti degli ultrà. Come si può vedere, è tutto
inutile: la Lega è sana, e intrattiene certe relazioni perché non sta chiusa
sotto una campana di vetro». Intanto, però, il giudizio di Massimo Fini è
bruciante: «Se intrattiene certe relazioni è perché, in democrazia, le oligarchie
politiche sono strutturalmente legate alle oligarchie finanziarie. Per competere
hai bisogno di quattrini, e ne ha anche la Lega. Non solo in questo, purtroppo,
il partito di Bossi è diventato come gli altri». «Anzi, parte della base
ormai reputa la Lega una sottomarca di Forza Italia», è la lapide di Gigi
Moncalvo, ex direttore della Padania.



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