E, SEDUTO SULLA RIVA DEL FIUME, IL GARANTISTA ASPETTA...

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INES TABUSSO
00giovedì 15 dicembre 2005 19:06
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15/12/2005
LIBERO QUOTIDIANO
QUANDO TOCCA A LORO?
di VITTORIO FELTRI

Il ciclone Fiorani si sta per abbattere sul centrodestra. Eppure gli affari erano bipartisan Stai a vedere che i faccendieri di sinistra amici di D'Alema la faranno ancora franca
Gianpiero Fiorani, "dittatore", anzi ex, della Popolare di Lodi, fino all'inizio dell'estate scorsa era un giovane brillante banchiere. Piaceva a tutti. Anche a quelli con la puzza sotto il naso che si sono intrufolati, chissà come e con quali meriti, nei salotti buoni. Lo guardavano con ammirazione. Però, che testa. Avercene di gente così dinamica, svelta. Effettivamente Fiorani, con la sua faccia da curato buono, infondeva fiducia; facile dargli retta. L'ho conosciuto in un ristorante di Milano, eravamo allo stesso tavolo. Conversatore piacevole, non si dava arie. Un po' troppo inquieto, però, direi ansioso di vivere. Davanti a noi c'erano due belle ragazze, volti e corpi da rivista patinata. Mica male, dissi. Gianpiero strizzò un occhio, si alzò e si avvicinò alle bellone. Che gli sorrisero. Parlottarono con lui per una decina di minuti. Pensai fossero amici. Poi il banchiere tornò al tavolo e mi porse un biglietto con due numeri di cellulare. Quelli delle bellone. Rideva come un ragazzo, felice della spacconata. La faccia di tolla non gli mancava. Uno così può andare lontano, riflettei. È andato in galera. La prima notte ha pianto fino all'alba. Le guardie carcerarie l'hanno sorvegliato. Chi va dentro manifesta una spiccata propensione al suicidio. Umanamente mi dispiace. Davvero. Mi torna in mente quel giorno al ristorante. Mi raccontò, il rampantissimo banchiere, di aver cominciato come giornalista, scriveva per un quotidiano cattolico. Già, cattolico pure lui, vocazione per le belle lettere, ammiratore del nostro Renato Farina. Farina è amato da tutti, perfino da me che convivo con lui da undici tribolatissimi anni. Fiorani mi invitò in Sardegna. Dài vieni da me un paio di giorni. O tre o quattro. Ci divertiamo. Imbarazzato gli risposi che il mare non mi va, non mi è mai andato. Precisai: non ci ho mai messo piede e non vorrei cominciare a sessanta suonati. Come non ci hai mai messo piede? Non ci credo. Giuro. Mai "pucciato" piede in mare. Mi assicurano che l'acqua sia salata e questa particolarità mi ripugna. Attimo di silenzio. E giù una risata. Il mio modo di scherzare gli andava a genio. Gli promisi vagamente: per te farò un'eccezione. Vedremo. Più sentito. Ovvio. Una settimana dopo cominciarono le grane. Cominciarono proprio quando la scalata all'Antonveneta sembrava perfezionata. continua...

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