Quello che ricordo con maggior piacere è Furyo.
Visto a vent’anni nel 1983 faceva un grande effetto.
Oshima compie un’operazione straordinaria, usa gli attori come pezzi degli scacchi in un elegante gioco al massacro.
li fa muovere in bilico fra una sensazione di violenza sotterranea e compressa e di libido palpabile.
Erotismo e morte sullo sfondo dello scontro di due culture, due visioni solo apparentemente contrapposte del mondo.
Perché
"in realtà nessuno è nel giusto"
E per la sua rappresentazione il regista sceglie due popstar perché vuole
"un senso ben vivo della rappresentazione e della modernità"
David Bowie è il maggiore inglese prigioniero, fascino androgino e fare sprezzante.
Flessuoso come una canna al vento e algido come i suoi occhi ghiaccio.
Ryuichi Sakamoto è il comandante giapponese del campo di prigionia, grazia felina nel kimono da combattimento e armatura mistica nella divisa imperiale.
Simulacri estetici di ombre e sussulti.
Un samurai moderno, saldo in una incondizionata adesione all’antica etica bushido, eppure così incline ad andare in frantumi di fronte al provocatorio oggetto del desiderio.
Un irrequieto e trasgressivo giovane inglese high class che cerca dignità di soldato nella volontà di punirsi che diventa ricerca del gesto eroico che conduce alla morte.
Ryuichi Sakamoto, insieme a David Sylvian (altro artista di grande sensibilità e talento) cura anche la splendida colonna sonora.
In cui il leit motiv si intitola
Forbidden colours, come uno dei più bei romanzi di Yukio Mishima.
Della cui conflittuale ambiguità poetica e di vita il film è ottimo esempio.
Insomma una vera chicca.
Come altri film del periodo, in cui ormai la diversità di etnia, cultura, orientamento sessuale non veniva più trattata come macchietta o patologia ma con partecipazione emotiva e attenzione critica.
Mi vengono in mente
Maurice di un altro grande regista come James Ivory, tratto dal romanzo di Edward Morgan Forster pubblicato postumo perché l’autore in vita aveva sempre nascosto la sua omosessualità.
Scrivendo anche splendide storie d’amore etero come
Camera con vista, portato al cinema sempre da Ivory.
Oppure
Another Country, storia di un disinibito studente inglese che sogna una carriera diplomatica ma viene duramente avversato per la sua omosessualità e diventa spia per l’Unione Sovietica.
Interpretato da uno splendido Rupert Everett, che di quegli anni interpreta benissimo la figura di bello maledetto ed ambiguo.
E chissà cosa sarebbe successo se Tiziano Sclavi, oltre che come volto grafico lo avesse scelto anche come modello comportamentale del suo Dylan Dog.
Quantomeno intrigante…