Da "Centuria" - Giorgio Manganelli

dueanime
00mercoledì 25 ottobre 2006 08:18



OTTANTA

Quando venne nominato guardiano dei gabinetti pubblici, egli provò dapprima una certa umiliazione; e certamente il suo compito era ed è umile. Doveva pulire le maioliche, asciugare l’acqua, porgere la carta a che ne faceva richiesta, aprire ai clienti esigenti il gabinetto col bidet. Nella scala sociale in cui vie, egli era ed è ad un gradino assai basso, assai più dello spazzino che lavora all’aperto; egli infatti sta nei gabinetti molte ore al giorno, e non vede mail il sole, giacché i gabinetti sono sotterranei, e sono aperti dal mattino alla sera. Il suo gabinetto è solamente maschile, e se ne rallegra, giacché è un carattere timido e sarebbe assai imbarazzato ad aprire un gabinetto a una signora. L’ambiente in cui lavora è umido, sempre tiepido, d’una temperatura che non varia molto da stagione a stagione; il servizio non è perfetto, perché spesso manca l’acqua, o uno dei due lavabi non funziona, e la gente che ha orinato fa la coda per lavarsi, o esce con le mani sporche, e questo non gli sembra giusto. Egli ha uno stipendio, e chi scende nell’orinatoio in genere gli dà una piccola mancia; tuttavia per molto tempo egli ha sofferto. Gradatamente egli ha cominciato a non soffrire, non già perché non senta più la povertà del suo lavoro, ma perché ora lo sente semplicemente come un lavoro. E’ giunto, anzi, a provare un certo orgoglio, il fatto di occupare un posto così basso nella scala sociale gli dà una dignità, giacché i guardiani di gabinetti in tutta la città sono forse una decina, e sono il punto più basso, dunque un punto estremo, e non tutti sono capaci di giungere al punto estremo di qualsiasi cosa. Ora poi, sta avvenendo in lui un altro mutamento: infatti egli si accorge che l’uomo che orina, l’uomo che si rintana per defecare è qualcosa di radicalmente diverso dall’uomo che cammina per le strade della città, è un uomo che non mente, che si riconosce creatura, transito di cibo, perituro, e insieme in colui che, appoggiato alle piastrelle, sta orinando, egli vede l’uomo disperato dalle proprie feci, dalla sinistra efficienza del suo corpo, dalla incertezza su quel che significhi che l’essere umano usa i genitali per orinare. Il luogo infimo è anche una catacomba, e il guardiano dei gabinetti si accorge che il gesto dell’orinare contiene una supplica, è la bruttura e la realtà, l’infimo e il supremo; e il suo orinatoio egli ora lo considera una chiesa, e se stesso officiante.



barbara



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