Collo o polso?

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=Phoenix=
00domenica 28 maggio 2006 23:05
E' una bella prigione, il mondo.
(Shakespeare , Amleto)

Stanza n.13, Columbus, Ohio. 02/06/06


Senza amici, senza legami. Così, pochi giorni fa, ero riuscito a trionfare su vari avversari. Ironico… varie volte, in cui ero dipendente da altre persone, avevo fallito. Eppure ora, solitario, solo, senza amici, senza pensieri, senza legami. Nessun pensiero, oltre quello per me stesso. Ma ancora avevo un alleata, nonostante era involontaria. Io la odiavo, mi malediceva. Eppure continuava a seguirmi, ad ossessionarmi, ad aiutarmi. Ma io non volevo l’aiuto di nessuno. Volevo essere solo, senza intralci.
Ora fissavo il mio titolo di Campione WBFF… poca importanza aveva per me, era una semplice cintura. Metallo, pelle e qualche altro materiale… eppure così desiderata che in molti erano disposti a fare di tutto per averla. Ma nessuno l’avrebbe conquistata. Non perché non lo volevo io, no. Lei… lei non mi avrebbe permesso di perderla. Voleva la mia gloria, la mia vittoria. Nonostante io non volessi nulla. Nulla… poiché ogni cosa che si possiede prima o poi porta alla sofferenza. Eppure…

Eppure la vita stessa era sofferenza. Sin da quando si nasce, urlando, scalciando, soffrendo. Ciononostante si considera quel momento gioioso, felice. Un nuovo essere è giunto! Un nuovo essere che avrebbe sofferto… Ogni cosa portava alla sofferenza. Si nasce nel dolore e si muore nel dolore. Perché? La vita è sofferenza, quindi perché vivere? Insensata… insensata umanità. Ognuno viveva da solo. Ogni persona si riempiva di illusioni sapendo che si sarebbero infrante. Eppure si illudeva… Ogni persona, volente o nolente, soffriva. Invece ero sul mio letto, ed ero ancora vivo. Ma solo all’esterno. Garet Jax era morto dentro al castello. Per colpa di un’altra persona…

Ma ora, sdraiato sul letto di una camera d’albergo, ero solo. Nessuno disturbava il mio isolamento… chissà che aspetto dovevo avere all’esterno. La mia pittura facciale, di solito nera o rossa, ora era grigia, sbiadita. Ma non era l’aspetto fisico, quelle erano le mie lacrime. Lacrime, per la mia condizione. Oramai non ne avevo più, quella pittura facciale era l’unico modo per sfogare il mio dolore. Anche se ormai avevo assuefatto la sofferenza… come ogni altro sentimento. Ero un guscio vuoto, senza più motivi per vivere. Solo Lei, che voleva la mia vita. Voleva la mia sofferenza…

In quel momento venne ai miei occhi una lametta del bagno. Di quelle comuni, che usavo per farmi la barba. Nonostante in questi giorni trascurassi il mio aspetto fisico, non desideravo una bella presenza, non m’importava, la tenevo lì, magari avessi recuperato la voglia di vivere. Anche se sapevo che non sarebbe successo, un’altra illusione dettata dalla mia mente. Come una speranza, l’ultima… Ma in quel momento era solamente un arma… la più vicina.

Non volevo procurare dolore ad altre persone, no, non ne avrei avuto motivo. Non era un’arma con cui avrei ucciso… almeno con cui non avrei ucciso nessun’altro essere umano. Quella era la via più breve, mi avrebbe portato la morte. Quasi senza dolore avrei lasciato questo mondo, senza che Lei avesse potuto impedirlo in qualche modo. Non avrebbe potuto, niente mi avrebbe fermato. Nessuno mi avrebbe pianto. Ero solo, e nessuno si sarebbe rammaricato per la mia scomparsa. Né la mia famiglia, no, non l’avevo più. Né i miei fans, che oramai mi avevano abbandonato. Oppure mi avrebbero presto dimenticato… così comica è l’umanità… ricordiamo ciò che ci fa soffrire mentre invece dimentichiamo ciò che ci fa gioire… avrei potuto lasciare tutto questo… con un solo gesto. Mi alzai, per andare a prendere la lametta.

L’avrei fatto.

Avrei compiuto quel gesto… così estremo, così pazzo. Probabilmente la mia eredità se la sarebbero spartiti fra falsi amici e parenti. Per l’occasione avrebbero detto che ero una delle migliori persone al mondo… ipocriti. Passai davanti lo specchio… mi colpì la mia espressione. Desolata, triste. L’aspetto era quello di un drogato, reduce da una notte brava. E sicuramente in parte era esatta. Ma la mia non era droga comune, io mi infliggevo dolore, per vedere se potevo ancora sentire. Quella era la mia droga. Allungai il braccio, oramai avevo la lametta in mano. La osservai, con i suoi denti in metallo. Sarebbe stata la mia salvezza, la mia via d’uscita. Avrei messo la parola fine alla mia storia. Avrei chiuso il sipario, avrei lasciato questo mondo. Come compiere questo gesto? Avrei preso le lame di metallo, le avrei affondate nella pelle.

Polso o collo? Polso, più comodo. Guardai l’orologio… le ventitrè e trenta… qualche minuto… fra qualche minuto tutto sarebbe finito. Niente più sofferenza… né mentale né fisica. Cominciai a spingere le lame nella pelle… chissà… magari tutti dicevano la verità, quando stai per morire hai come un enorme flashback in cui rivivi tutta la tua vita. Bè… l’avrei scoperto a poco…

Le prime gocce cominciavano a colare per il polso… la sofferenza era immane, o almeno così doveva essere. Per me era una gioia… fra poco non ci sarebbe stato più nulla. Ma appena la prima goccia toccò il pavimento cominciò tutto. Vidi mio padre, mia madre. Con i loro sorrisi, con le loro facce. Così ipocriti… eppure ora sembravano sinceri… felici per la mia morte. Sussurravano frasi come “vai avanti, non fermarti!”… schifosi… ad un certo punto un’altra coppia sostituì i miei genitori… ne riconobbi solo una. Era Elaine… vedendola non feci fatica a capire chi era l’altro. La sua nuova fiamma, ci avrei potuto scommettere. Elaine… era lei che voleva la mia morte. E come per la morte del mio amore, non avrebbe ricevuto tristezza da questo gesto, anzi. Avrebbe pianto, è vero. Ma lacrime false, si sarebbe ripresa dopo poco. Un’ultima immagine mi passò davanti. Era Lei… mi derideva, mi raccontava la mia vita, mi raccontava i miei insuccessi. Mi diceva che ero un fallito… che se lo aspettava da uno come me. Stavo per uccidermi… e nessuno ne avrebbe sofferto. Eppure… no… potevo fare la cosa peggiore. Sorprendere tutti… continuare a lottare. Per annientare la probabilità… avrei continuato a vivere. Lascia cadere la lametta per terra… no… non sarei morto.

Mi gettai a terra, non avevo più forza. Il sangue aveva portato con se ogni mia energia… eppure ero ancora cosciente… stavo però per cadere in un sonno… le immagini si sfocavano… no… non sarei morto… volevo solo dormire… gli occhi mi si chiusero… iniziai a dormire… avevo un grande match all’indomani…
=Phoenix=
00domenica 28 maggio 2006 23:07
Scusate per la lunghezza dello spot, per la qualita e anche per i minuti di ritardo(dannata connessione). Certo so che non ci vincerò, però almeno l'ho postato. Comunque vorrei precisare che GJ non è morto.
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