C'ERA CHI CONTROLLAVA LE INTERCETTAZIONI LEGALI

CORRIERE DELLA SERA
28/12/2006
"C'ERA CHI CONTROLLAVA LE INTERCETTAZIONI LEGALI"
LUIGI FERRARELLA

«Il possibile coinvolgimento di una società privata nella raccolta illecita di dati rilevanti su utenze sotto controllo da parte dell'autorità giudiziaria»: dalle domande poste a Giuliano Tavaroli e dall'esame di uno dei dossier nell'archivio zeta del suo investigatore di fiducia Emanuele Cipriani, l'operazione Tuscany, si ricava che c'è anche questa ipotesi al vaglio dei pm che indagano sulla «Security» di Telecom-Pirelli nell'era Tavaroli.
È lui, interrogato nel carcere di Voghera, a spiegare che il fascicolo battezzato Tuscany riguarda «una piccola società di Firenze, di cui non mi ricordo il nome, che vendeva software per Tim. Venimmo a conoscenza che questa società poteva scaricare, con il pretesto della manutenzione, dati rilevanti; e in particolare che potesse conoscere quali utenze radiomobili fossero sotto controllo da parte dell'autorità giudiziaria e potesse scaricare dati di traffico. Questo servizio era addirittura offerto sul mercato. Emerse che effettivamente c'era la possibilità tecnica da parte della società fiorentina di acquisire tali informazioni. Si scoprì altresì che il suo reale amministratore era un dirigente Tim, di cui non ricordo il nome».
Il controverso tema degli ascolti abusivi si riaffaccia (sotto forma di contromossa difensiva) quando Tavaroli, trattando dell'operazione Mobile Network Ch, la giustifica dicendo di avere «personalmente incaricato Cipriani di acquistare telefoni mobili in Svizzera» e di averli «consegnati poi a Buora, Tronchetti e altri per costituire una minirete nel periodo del "take over"» (cioè della loro scalata a Telecom).
E infine su questo tema scivoloso si ritorna, con riferimento alla precedente gestione di Telecom, quando i pm chiedono conto a Tavaroli di un appunto datato 19 agosto 2001 e sequestratogli in una perquisizione nel 2005. «E' un rapporto — risponde Tavaroli — preparato dalla struttura di Bernardini ( uno dei detectives privati utilizzati dalla struttura di Tavaroli, ndr) su mio incarico in occasione dell'ingresso di Pirelli in Telecom», per analizzare l'«affidabilità del personale interno». Tavaroli, che qui potrebbe però anche avere interesse a squalificare i suoi precedessori in azienda, nei rapporti preparatigli da Bernardini sostiene che «si evinceva un'attività abusiva di ascolto» (da parte della precedente «Security») «delle conversazioni effettuate all'interno della rete aziendale Telecom»; nonché la «frequentazione all'interno della struttura di un ex appartenente al Sismi», funzionario di una ditta delle intercettazioni telefoniche, al quale «asseritamente veniva consentito l'accesso ai dati del traffico telefonico».

E se da un lato — frena Tavaroli — «i sospetti sulla illegale attività di ascolto non hanno avuto conferme» al di là del ritrovamento nei locali della vecchia "Security" «di diversi scanner di cui non sono mai stati accertati utilizzo e provenienza», per altro verso — sempre secondo Tavaroli — «appresi altresì che Marco De Benedetti si era lamentato con Colaninno della divulgazione, secondo lui, di informazioni che potevano essere state acquisite solo ascoltando le sue telefonate».

Ma allora perché questi sospetti non furono denunciati? «Prendo atto di quanto mi si contesta, e cioè che in qualità di ex appartenente all'Arma dei Carabinieri non ho mai inoltrato a organi di polizia eventuali notizie di reato contenute in tali rapporti». Ma l'ex capo della "Security" di Telecom rimanda la palla nel campo del suo (ex) datore di lavoro: «Faccio presente che, anche su consiglio dei legali, l'azienda, a fronte di segnalazioni su asserite attività illegali quali ascolti telefonici abusivi, ha piuttosto preferito rimuovere le persone asseritamente responsabili e altresì i fattori di rischio provenienti da eventuali falle del sistema tecnologico».