***
Chi si basta ai primi tagli di luce
accoglie la consonanza dei moti
dirama il tatto, l’udito, l’olfatto…
ogni cosa a suo modo si confida
dona una presenza.
Così ogni mio gesto si dispensa
il fiato si fa vento, il canto senza vendetta.
Non dimentico, né ricordo, sono
il mio significato.
Niente diverge, ciò che si tramanda
prosegue, qui sono da sempre
definito e amplificato dai sensi.
***
Non una voce a suggerire ponti
verso la tua immagine aleatoria
solo un brusio di circostanza allenta
gli ultimi crucci prima della notte
sembrano allora le irresolutezze
le nostre esitanze figli incompresi
serbati nell’ombra ancora stampata
ai lembi di qualche manchevolezza.
Ora v’osservo affezioni del mondo
da questa mia voragine privata
senza più termine, demarcazione
sono un frammento di carne educata
sia il mio corpo una scorza tra le cose
il mio cervello una tabula rasa.
***
Da qui, ciò che si tollera accompagna
il travalicare della coscienza.
Uno stormo d’immagini allontana
confuso le mie circoscrizioni
ciò che potrei essere e non sono, quello
che potrebbe accadere e non accade
succede privo d’ogni consistenza
ammutolito, senza pesantezza.
Così nell’impazienza dei responsi
delle repliche, la vita diventa
un unico tumulto di respiri
battiti, erezioni; puro dissenso.
Allora nella stipa delle voci
dai moltiplicati ronzii di fondo
sia anche questo brusio una melodia
un altro vento nell’eredità dei giorni.
***
Mi sondo all’indietro, sospeso tra
due solchi sono il mittente
e il destinatario, il topo e la tagliola.
Ma in questa cooperativa di volti
dentro me stesso a volte guardando
temo, allora tento, spero di venirmi incontro
voltandomi di scatto.
Invoco il mio nome, tendo una mano
a qualche stremata riconciliazione.
Così a volte rinvengono tracce
rimescolati tratti. E di colpo non so più
dove termino, dove comincia il coro.
***
Se dal fianco che ci accoglie di colpo
balena un perduto motivo d’esserci
non lasciarci in questa vita interrotti
troncato lo sguardo, serrati i sensi.
La nostra mancanza è un’irrequietezza
di forze che sbuca là dove un fremito
si slancia verso una diffusa voce.
Qui il dolore è adunarsi, nominarsi
dalla solita distanza, l’identico
peso d’ogni parola avventurosa.
Ma come sai resistono i contorni
la durezza dei corpi, delle dighe.
Così mentre rilascio questo seme
d’incompiutezza tendo verso te
finché ci sarai tu, ci sarò anch’io.
***
Ombra un gioco di fronde l’addolcita
ansietà d’amore d’averti stretta
lieta al largo del pensiero nella
calce immemore che mi sopravvive
soltanto sono un approdo ove soffia
una brezza acuta a volte attenuata
in un vivere tattile m’acquatto
e come le cose imparo a soffrire.
***
Nel puntuale scorrere dei volti
anch’io mi cerco laddove
non giunge mai nessuno
se non il pensiero delle gatte
e forse m’illudo, passando
da un marciapiede all’altro
di trovare la mia spiaggia
e il riposo dell’esilio.
Ma ora m’allontano
sorseggiando i miei percorsi
lungo i calici delle distanze
e allineando cipressi
non mi duole l’ampiezza
solitaria dello sguardo.
***
Annegano le bolle nei pantani
il cuore s’addormenta al suono teso
dalle cose, la mente nelle mani.
Lento si respira ciò che è atteso
s’aspetta ai bordi, al confine cosciente
della parola, nella vista estesa
a ciò che fuori è pieno di presente.
Povero cuore, la notte s’è accesa
ti riconosco, il tuo canto scandisce
lo stemperare di freschi misteri
l’amarezza del giorno che sbiadisce
e il cielo a te sodale mi prepara
all’ascesa di quel senso di tristezza
che la mia sola speranza rischiara.
***
Forse s'addensa una nube sul tuo
sguardo mezzo truccato di ciniglia
e lo dimentichi mentre ricordi
sbuffi di piacere, cieche chimere
forse la fronda che scosti dal viso
mai ripone quell'autoerotismo
che ti bagna gli occhi d'un salino
dolcissimo mitigare d'asprezze
un tuo gesto in mareggiata somiglia
al rilucere che non s'addomestica
della fresca adolescenza; Antonella
il tuo sorriso s'arrampica sulla
malinconia che ti rosa le guance,
erompe nella nostra incompiutezza.
***
Il sole pizzica appena le tende
l’aria battuta da voci sottili
sfila per le ringhiere altalenante
tra le svelte movenze delle gatte
dietro l’angolo poca giovinezza
giunge a schiarire l’ancorata ombra
dei perché, delle ore magre impresse
sui sampietrini, dei figli perduti.
Nel torpore chinato sul cortile
nessuno al ragazzetto accanto dice
che va bene anche così, che soltanto
un timido passo manca alla sera
ed è il giorno a marcare le frequenze
di questo nostro cuore analfabeta.
***
Fa eco l’effluvio che mesto trascina
ponti, pareti e manciate di vento
mentre affiora la scorta dei pensieri.
Vedi, al tuo fiero cospetto
riverse sillabe e figure
ma altro non faccio
che specchiarmi di parole.
Sull’orlo della mente
ti parlo
mio nulla
ed è come lasciare la bocca
aperta all’interno
e non dire.
Nel cosmo scompaio
lambito dalla quiete che m’inebria
in quello che sono
e non comprendo.
***
Ogni volta mi sembra d’averlo
già veduto l’impaccio del cuore
al fianco d’un gesto qualunque
all’abitudine della risposta
è l’anima che punge, si contorce
non muta l’amarezza per chi siamo
neppure in me lo zelo di seguirla
nei suoi incerti rimasugli.
Cresce ovunque lo squassare
di quest’erba carnivora
il morso che allarma e ammonisce
la nostra alienante condotta
per farci imberbi, acerbi
dinanzi al maturare delle ore.
***
I grilli balbettano al tardo sonno
gli spari lontani crescono, fine
e pulito punge il brusio la semplice
vicenda del respiro adolescente
l’inferriata non trattiene i nebbiosi
ritratti della mezzanotte, spero
nella tua ombra febbrile anche quando
passi snelli indugiano sulla soglia
e forse abbracciare l’esteso invito
del sogno che ogni gesto innamora
fa dello strazio una stoffa ingiallita
ma tu resti dove non sei, tremante
in una coltre mite di riguardi
che è la tua dolcezza, la tua paura.
[Modificato da Bestia da stile 02/12/2005 19.31]