Anna Achmatova

VERSOLIBERO
00giovedì 27 aprile 2006 11:34
Anna Achmatova
(pseudonimo di Anna Andreevna Gorenko).

E' una delle voci più importanti della poesia russa del Novecento. Nata a Odessa nel 1889, è morta a Mosca nel 1966. Nel 1934 Gumilev, suo primo marito, viene fucilato per attività controrivoluzionaria e molti dei suoi amici poeti finiscono nei gulag staliniani. Nel 1938 il suo unico figlio, Lev, viene imprigionato in attesa di condanna a morte. Ogni mattina, per diciassette mesi, la Achmatova si reca davanti al carcere per avere sue notizie. Il poemetto Requiem nasce da questa tragica esperienza, condivisa con altre centinaia di madri. La sua poesia, dapprima intima e sentimentale, si fa espressione di un intero popolo sofferente. Il regime ostacolò la pubblicazione dei suoi testi, che vennero bollato di pessimismo nevrotico e di erotismo malato. Unica, tra i poeti della sua generazione, ad aver vissuto così a lungo, la Achmatova rappresenta la memoria e la sopravvivenza dello spirito della grande terra-madre russa.



Strinsi le mani sotto ilvelo oscuro...
"Perché oggi sei pallida?"
Perché d'agra tristezza
l'ho abbeverato fino ad ubriacarlo.

Come dimenticare? Uscì vacillando,
sulla bocca una smarfia di dolore...
Corsi senza sfiorare la ringhiera,
corsi dietro di lui fino al portone.

Soffocando gridai: "E' stato tutto
uno scherzo. Muoio se te ne vai"
Lui sorrise calmo, crudele
e mi disse: "Non startene al vento".

1911



Ho appreso a vivere semplice e saggia,
a guardare il Cielo, a pregare Iddio,
e a vagare a lungo innanzi sera,
per fiaccare una semplice angoscia.

Quando nel fosso freme la lappola
e il sorbo giallo-rosso piega i grappoli,
compongo versi colmi d'allegria
sulla vita caduca, caduca e bellissima.

Ritorno. Un gatto piumoso mi lecca
il palmo, fa le fusa più amoroso,
e un fuoco vivido divampa al lago
sulla torretta della segheria.

Solo di rado un grido di cicogna,
volata fino al tetto, squarcia il silenzio.
E se tu busserai alla mia porta,
mi sembra, non sentirò nemmeno.

1912



Non è il tuo amore che domando.
Si trova adesso in luogo conveniente.
Stanne pur certo, lettere gelose
non scriverò alla tua fidanzata.
Però accetta dei saggi consigli:
dalle da leggere i miei versi,
dalle da custodire i miei ritratti,
sono così cortesi i fidanzati!
e conta più per queste scioccherelle
assaporare a fondo una vittoria
che luminose parole di amicizia,
e il ricordo dei primi, dolci giorni...
Ma allorchè con la diletta amica
avrai vissuto spiccioli di gioia
e all'anima già sazia d'improvviso
tutto parrà un peso,
non accostarti alla mia notte trionfale.
Non ti conosco.
E in cosa potrei esserti d'aiuto?
Dalla felicità io non guarisco.

1914


A Nikolaj V. Nedobrovo

C'è nel contatto umano un limite fatale,
non lo varca né amore né passione
pur se in muto spavento si fondono le labbra
e il cuore si dilacera d'amore.

Perfino l'amicizia vi è impotente,
e anni d'alta, fiammeggiante gioia
quando libera è l'anima ed estranea
allo struggersi lento del piacere.

Chi cerca di raggiungerlo è folle,
se lo tocca soffre una sorda pena...
ora hai compreso perché il mio cuore
non batte sotto la tua mano.

1915



Ah, tu pensavi

Ah, tu pensavi che anch'io fossi una
che si possa dimenticare
e che si butti, pregando e piangendo,
sotto gli zoccoli di un baio.
O prenda a chiedere alle maghe
radichette nell'acqua incantata,
e ti invii il regalo terribile
di un fazzoletto odoroso e fatale.

Sii maledetto. Non sfiorerò con gemiti
o sguardi l'anima dannata,
ma ti giuro sul paradiso,
sull'icona miracolosa
e sull'ebbrezza delle nostre notti ardenti:
mai più tornerò da te.


1921


Ultimo brindisi

Bevo a una casa distrutta,
alla mia vita sciagurata,
a solitudini vissute in due
e bevo anche a te:
all'inganno di labbra che tradirono,
al morto gelo dei tuoi occhi,

ad un mondo crudele e rozzo,
ad un Dio che non ci ha salvato.


1934




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R.Daneel Olivaw
00martedì 2 maggio 2006 01:07
Nè mistero nè dolore


Né mistero né dolore
né volontà sapiente del destino:
sempre quell'incontrarci ci lasciava
l'impressione di una lotta.

Ed io, indovinato dal mattino
l'attimo del tuo arrivo,
percepivo nei palmi socchiusi
il morso leggero di un tremito.

Con dita arse sgualcivo
la variopinta tovaglia del tavolo...
Capivo fin da allora
quanto è angusta questa terra.

Anna Achmatova
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